una storia di resistenza civile in Patagonia

«Le proteste dei poveri sono state di vitale importanza per far capire ai potenti del mondo, negli ultimi anni, che non si può continuare con la distruzione del pianeta e ignorando le loro necessità. La Chiesa cattolica vuole sentire questo grido e farne parte»: è il chiaro monito del cardinale Peter A. Turkson all’apertura del II Incontro mondiale dei Movimenti sociali che si sta svolgendo a Santa Cruz, in Bolivia e che attende papa Francesco nella giornata conclusiva di giovedì 9 luglio.

 «L’accaparramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i pesticidi inadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale. Una dolorosa separazione non è solo fisica ma anche esistenziale e spirituale» aveva detto il 28 ottobre 2014 in occasione del I Incontro dei Movimenti popolari tenutosi in Vaticano. E ora Elvira Corona, che n’è stata una delle promotrici (come di questo ora a Santa Cruz), esce in libreria per raccontare una storia di «liberazione» popolare.

Cagliaritana, master in Economia no profit e cooperazione allo sviluppo, Corona, una giornalista freelance, non è nuova a reportage sudamericani per Unimondo, ma in questo libro va oltre la cronaca di quanto accaduto con i progetti in Patagonia che avrebbero privato dell’acqua intere popolazioni.

Sebbene rappresenti «il sogno infranto del socialismo cileno», come scrive Enzo Cappucci nella prefazione, è una storia a lieto fine quella scritta con la passione di chi ha condiviso il dramma di tante famiglie la cui prospettiva sembrava essere solo l’abbandono della terra.

Ma c’è di più: è una storia che mostra ancora una volta quanto i nostri interessi economici, non siano sempre cristallini. La resistenza contro la multinazionale dell’energia Endesa era in fin dei conti contro un’azienda italiana, l’Enel che la controlla.

Un’autentica sollevazione di popolo – giovani studenti, amministratori locali, famiglie – ma nulla sarebbe accaduto senza il coinvolgimento della Chiesa cattolica locale guidata da monsignor Luis Infanti de la Mora, autore nel 2005 della lettera «Acqua e vita» e nel 2008 della lettera pastorale «Dacci oggi la nostra acqua quotidiana», la prima lettera di un vescovo interamente dedicata al tema.
Italo-cileno (provincia di Udine), religioso dei Servi di Maria, mons. Luis è vescovo dell’Aysén, la Patagonia cilena, un vicariato apostolico affidato ai Servi di Maria che giunsero là nel 1937, un territorio di montagna di 110mila chilometri quadrati per 100mila abitanti (dopo lo sterminio dei coloni inglesi). Lì dovevano sorgere cinque megadighe del «Progetto HidroAysén»; c’è molta acqua a due passi dal Polo Sud nei fiumi Pascua e Baker.

Il racconto si snoda tra ricordi personali all’interno di un territorio di rara bellezza e molti incontri (come quello con Jesús Herrero Estefanía, eco-teologo di origine basca): «Mi rendo conto di quanto interesse ci sia per le storie che arrivano dall’altra parte del mondo, dove forse ci possono essere spunti per un cambiamento della nostra società, ma prima ancora del nostro modo di ragionare e di rapportarci agli altri», scrive Corona, e oggi, con l’enciclica di Papa Bergoglio tra le mani, carica di riferimenti a vicende come questa, e con le parole già pronunciate in Ecuador i giorni scorsi, forse abbiamo un motivo in più.

Elvira Corona, L’acqua liberata. Bloccate le megadighe in Patagonia: una storia di successo. Viaggio nel Cile del cambiamento, prefazione di Enzo Cappucci, Collana Cittadini sul Pianeta diretta da Francesco Gesualdi, Editrice Missionaria Italiana, pp. 160, euro 13,00.

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