PAVIA - Giovedì 16 Aprile 2020
In centinaia (tanti gli italiani) si rivolgono agli sportelli di Pavia per avere generi alimentari di prima necessità
Più poveri per il virus in fila alla Caritas.
Borsa per mangiare a precari e badanti
Un piccolo esercito silenzioso, che ogni giorno si mette in fila davanti alle saracinesche della Caritas centrale di Pavia in via Pedotti e delle Caritas parrocchiali. Alla Sacra Famiglia, Santa Maria di Caravaggio, San Luigi Orione, San Francesco, Sant'Alessandro, Crocifisso, San Lanfranco. Operatori e volontari incontrano questa popolazione che, rispetto agli standards abituali, si è decisamente incrementata. Tanti, tantissimi gli italiani rimasti senza lavoro e poi le badanti e poi che, d'improvviso, anche quella professione da strada non l'ha più.Boom che allarma
Gli effetti del Covid-19 si leggono anche negli occhi preoccupati di chi si trova con il frigorifero vuoto e i figli da sfamare. C'è chi apre la saracinesca una volta la settimana e chi -come alla Sacra Famiglia- ha scelto di aprire tutti i giorni perché la zona popolare di via Tasso e via Colesino vive sprofondata nel baratro della paura che ha il volto della povertà. Settanta famiglie seguite normalmente, nelle ultime settimane sono state duecento le borse della spesa consegnate in parrocchia. Generi di prima necessità, come pasta, riso, latte, biscotti, pelati, legumi e tonno che provengono dal Banco Alimentare. Ma anche tanto altro, frutto di una solidarietà che è il volto buono di queste settimane oscure. Ci sono marmellata, cioccolato, salumi, ravioli, mozzarelle, caffè. Persino colombe e uova di Pasqua: le prime donate dalla catena Carrefour e le seconde dalla Croce Rossa di Pavia. Il resto con donazioni di negozi e semplici cittadini che hanno voluto dare un contributo. C'è chi ha portato un cartone pieno di farina, chi ha fornito le bottiglie di olio d'oliva, chi i succhi di frutta per i bambini. «L'altro giorno ad esempio -spiega il parroco don Vincenzo Migliavacca- è venuta da noi una signora. Ci ha detto che il marito non prende lo stipendio da due mesi, ma che per il momento loro riescono a farcela e ci ha consegnato cento euro». In fila ad attendere che si alzi la saracinesca, dietro alla quale si trova un'operatrice dipendente e un richiedente asilo politico che vuole ringraziare quella Pavia che lo ha accolto, ci sono le tipologie più varie di persone in difficoltà.
Gente che ormai è conosciuta e altri che arrivano per la prima volta, con la vergogna di chi fatica ad alzare lo sguardo. Nessuno ora chiede l'Isee perchè i volti raccontano più dei numeri. Ci sono le famiglie finite in cassa integrazione in cui da un mese non entra più un euro. Uomini e donne che hanno bruciato tutte le ferie ed ora sono costretti a stare a casa. E per molti di loro, che lavorano in piccole aziende, il futuro è veramente incerto, perché i titolari sono in ginocchio e la ripartenza è poco più di un sogno. Ci sono tutte quelle persone che riuscivano a sopravvivere con piccoli lavoretti in nero ora non più richiesti, come le pulizie o il lavaggio dei piatti nei ristoranti. Ci sono tante badanti, colpite dalla morte degli anziani che accudivano e che insieme al lavoro hanno perso anche la casa in cui vivevano finendo nel buio più totale. E ci sono anche le cosiddette "sex workers" a cui il "#iorestoacasa" ha sottratto la clientela. Italiani e stranieri in proporzione uguale, perché le conseguenze del Covid-19 non guardano al colore della pelle. Persone sole tra cui qualcuno uscito da poco dal carcere, con la paura di essere costretto a tornare a delinquere per sopravvivere e famiglie di dieci persone. Tutti in fila, con guanti e mascherina oppure con una sciarpa alzata a coprire naso e bocca. Lasciano sulla porta d'ingresso le borse della spesa vuote agli operatori in maniera da limitare al minimo i contatti. E le riprendono piene. «Che Dio vi benedoca»"Che Dio vi benedica" è la frase più ricorrente. Viviana, nel salutare, sorride: «Per me queste borse valgono più dell'oro». In tasca ha l'ultima busta paga ricevuta proprio ieri: 145 euro. Fa la lavapiatti, questo mese non ha praticamente lavorato. E con quei soldi deve mantenere anche il figlio disoccupato, il nipotino di due anni e la nuora che tra un mese partorirà nuovamente.
«Ditemi come posso farcela, sono disperata», sospira. E sul tavolo della distribuzione anche qualche farmaco da banco: Tachipirina e Moment sono i più ricercati. «Non si sa mai che cosa può accadere con questo virus, dicono che febbre e mal di testa sono i sintomi più comuni» commentano tutti. E quando la saracinesca si abbassa per gli operatori è tempo di conteggiare quanto distribuito e di compilare le nuove liste per il giorno seguente. Il bisogno non conosce pause.
Daniela Scherrer
La Provincia Pavese
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