volontariato a Pavia

E’ difficile quantificare il numero di volontari che operano, spesso silenziosamente, nel nostro Paese. Le cifre per la verità spaziano notevolmente: c’è chi dice che sia una “popolazione” di cinquecentomila persone, altri invece arrivano a contarne addirittura un milione. Al di là degli zeri scomodati per inquadrare l’ampiezza del mondo del volontariato, ciò che davvero preme sottolineare è che se per un giorno soltanto tutte queste persone si astenessero dalle proprie incombenze, portate quasi sempre avanti col sorriso di chi nasconde il sacrificio, probabilmente la società intera subirebbe uno scossone non indifferente. Soprattutto le fasce più deboli, quelle che beneficiano dell’opera dei volontari impegnati con spirito di gratuità a tamponare le falle delle istituzioni ai vari livelli.
Gli stessi rappresentanti delle amministrazioni locali più volte hanno avuto l’onestà intellettuale di ammetterlo. Viene in mente il presidente della Provincia, Vittorio Poma, quando alla festa annuale dell’Agal fece presente che i volontari di quell’associazione arrivano dove l’amministrazione non riesce ad arrivare. Oppure l’allora commissario straordinario del San Matteo Giovanni Azzaretti che, nel giorno della presentazione del progetto della Residenza Barbara Fanny Facchera, si rivolse al presidente dell’Aep Tullio Facchera riconoscendo che loro tempistiche di intervento erano qualcosa di inavvicinabile dal settore pubblico.
Eppure, nonostante questi e tanti altri attestati di stima, forbici e lente di ingrandimento sono sempre pronti a colpire il mondo del volontariato: forbici che tagliano i finanziamenti pubblici e lente dell’Agenzia delle Entrate che va a frugare in conti e bilanci dell’universo del no profit per scovare chissà quali profitti illeciti. Intendiamoci, il mondo del volontariato ha il dovere di agire nella massima trasparenza -e su questo non ci piove- ma a volte pare di assistere a una sorta di accanimento -non terapeutico- che forse sarebbe più proficuo dirottare su altri mondi dove l’evasione fiscale è presumibilmente più evidente.
Ecco che il Terzo Settore, poco abituato per sua natura ad alzare la voce, adesso non ci sta più e ha indetto per giovedì 1° ottobre una manifestazione nazionale di protesta a Roma, in piazza Montecitorio.
Martedì abbiamo incontrato i rappresentanti del Centro Servizi Volontariato di Pavia: il presidente Giampietro Viazzoli, il direttore Nicoletta Marni, i consiglieri del direttivo Pinuccia Balzamo e Ruggero Rizzini.
Il clima che si respira è di forte preoccupazione e non potrebbe essere diversamente. Il 5 per mille relativo all’anno 2006-2007 non è ancora arrivato nelle casse, le Fondazioni hanno tagliato del 25% i finanziamenti già in questo anno 2009 e quasi sicuramente un altro 25% sarà sfrondato nel 2010. C’è una forte incertezza per quanto riguarda il futuro e questa ha pesanti riflessi sulla programmazione delle attività.
“Come ci muoveremo? Innanzitutto da qui alla fine dell’anno cercheremo di ridurre il più possibile le spese generali di gestione -spiega il direttore del Csv Nicoletta Marni- chiaramente non ci sentiamo di assumere nuovi impegni di spesa e sono sospesi tutti gli avvisi di selezione. Inoltre abbiamo tagliato alcuni progetti su attività di consulenza collaterale alle attività istituzionali del Centro”. Al Csv lavorano quattro dipendenti a tempo pieno e due part-time. La salvaguardia del posto di lavoro passerà inevitabilmente per una rimodulazione dell’attività del Centro, che comincerà a proporre servizi che vadano oltre quelli strettamente rivolto al volontariato. Per esempio alcuni tipi di consulenza. La sopravvivenza del Csv è fondamentale per il cammino del mondo del volontariato e, come detto, per la società intera su cui si riflette l’operosità dei volontari.
“Ciò che è davvero importante sottolineare -ribadisce infatti Viazzoli- è che sarà proprio la gente, e i più deboli in particolare, a rimetterci da questi tagli. Oggi gran parte dello stato sociale viene gestito dalle associazioni di volontariato. Tradisco la mia provenienza (sindacale) dicendo che se domani mattina decidessimo di fermare con uno sciopero il mondo del volontariato la società pagherebbe un prezzo pesantissimo e la gente forse si accorgerebbe di quello che i volontari fanno realmente ogni giorno”.
In una provincia come Pavia, dove si conta percentualmente il maggior numero di associazioni in tutta la Regione (che a sua volta è leader a livello nazionale), il problema spesso è la comunicazione: tra un’associazione e l’altra e anche all’interno dei soci di quella stessa associazione.
“E’ vero, le associazioni della nostra provincia sono molte e quasi sempre piccole -rileva Viazzoli- spesso per il Centro l’unico momento per comunicare con loro è costituito dalle assemblee dei soci. Generalmente a presenziare ad esse è il presidente e capita che successivamente il passaggio delle informazioni agli altri soci dell’associazione non sia perfetto. Per questo l’intenzione, nonostante la scarsità di disponibilità economiche, è quella di portare avanti un progetto sulla comunicazione, che verrà sottoposto al giudizio del direttivo il prossimo 5 ottobre”.
Facciamo rilevare al presidente che qualche associazione ha evidenziato come, in tempo di ristrettezze, forse sarebbe più conveniente preferire altri investimenti più concreti rispetto al Festival dei Diritti, che ha un ritorno solo in termini di immagine. Rispondono insieme Viazzoli e Marni: “Il Festival dei Diritti è nato nel 2008 per celebrare il decennale del Csv. Poi abbiamo deciso di mantenerlo, seppur adeguatamente ridimensionato, perchè non lo consideriamo una mera forma di immagine ma di vera e propria educazione al rispetto dei diritti e di promozione per intercettare un target di gente differente rispetto a chi già frequenta il mondo del volontariato”.
Ci sarà insomma da stringere i cordoni della borsa, ma il mondo del volontariato tiene duro in forza della missione a cui deve adempiere. Con orecchie e occhi ben aperti sul mondo e, probabilmente, con la consapevolezza che bisogna anche cominciare ad alzare la voce. Anche perchè, come ha ricordato Pinuccia Balzamo, fioccano le notizie di convenzioni con cooperative sociali non rinnovate e di cooperative di tipo B costrette a chiedere la cassa integrazione per i propri lavoratori. Anche se magari svolgevano servizi utilissimi come la pulizia dei parchi giochi e il recupero di materiali ingombranti.

daniela scherrer, il ticino

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