“Gli obiettivi? Promozione dell’Infermiere di famiglia e tutela di chi lavora contrattualmente ai limiti della decenza”
di Daniela Scherrer (Il Ticino-venerdì. 8 maggio 2015)
Dallo scorso mese di novembre è presidente del Collegio IPASVI di Pavia. Michele Borri, 41 anni, infermiere in un settore delicato come il Servizio di Cure Intensive Coronariche della Cardiologia del Policlinico San Matteo, coglie l’occasione dell’approssimarsi della Giornata dell’Infermiere per tracciare un bilancio dei suoi primi sei mesi alla guida del Collegio.
Presidente, questi primi sei mesi alla guida del Collegio IPASVI di Pavia sono stati in linea con quanto si aspettava? Più o meno difficili delle previsioni?
“Non credo che si possa realmente parlare di grado di difficoltà, quanto piuttosto di complessità ed eterogeneità dei vari aspetti di cui sono stato chiamato ad occuparmi: questo a partire dalle relazioni interne a quelle esterne, dall’attività programmatica istituzionale e da tutti gli aspetti ad essa correlati. Tuttavia, e di questo ne sono molto grato, il senso di responsabilità e la competenza di chi ha scelto di accompagnarmi ed appoggiarmi in questo mandato hanno reso il mio percorso meno impervio del previsto. Inoltre devo considerarmi fortunato anche per il fatto di avere a pochi metri dalla Sede del Collegio l’ufficio della dottoressa Barbara Mangiacavalli, Presidente della Federazione Nazionale Collegi IPASVI. Questo ha di certo semplificato il mio approccio alle situazioni più critiche, poiché i suoi consigli in merito sono risultati preziosi in più di una occasione. Ciò che realmente mi ha sorpreso è stato invece constatare in quanti e quali modi l’Istituzione possa diventare parte attiva del cambiamento che sta attraversando la nostra professione, sia attraverso l’azione singola che in concertazione con altri enti, istituzioni, associazioni”.
Tempo di bilanci: che cosa spera di avere portato in questi suoi mesi di presidenza e su che fronte sa di avere ancora parecchio da lavorare?
“Volendo fare un primo bilancio provvisorio rispetto a quanto fatto fino ad ora, credo di poter dire che il desiderio mio e del Consiglio Direttivo sia stato quello di valorizzare ciò che era già presente e di apportare i primi cambiamenti. La priorità è ora quella di allargare quanto più possibile la partecipazione degli iscritti all’attività dei Gruppi di Lavoro, al fine di valorizzare e canalizzare la spinta propulsiva della comunità infermieristica; proprio quest’ultima nei momenti di difficoltà e mutamento come quelli in cui viviamo ora può rappresentare la forza motrice per la realizzazione di attività progettuali in linea con i principi che muovono il nostro impegno istituzionale. All’orizzonte abbiamo molti obiettivi: tra questi citerei la tutela per gli iscritti, in particolare per coloro che operano a livello periferico o per chi si vede costretto ad accettare situazioni professionali al limite del demansionamento o della decenza contrattuale, la promozione dell’infermiere ed in particolare dell’infermiere di famiglia e di comunità anche attraverso progetti sperimentali, e la valorizzazione del patrimonio studentesco del corso di laurea in Scienze Infermieristiche, attraverso collaborazioni e progetti con l’Università di Pavia”.
Che cosa ne pensa un Presidente di un Collegio di Infermieri quando legge la notizia di una Infermiera soda che si laurea? Che cosa può dare questo alla vostra professione?
“In questo caso credo che ciò che pensi il Presidente sia ciò che tutti i colleghi sentono quando vengono a conoscenza di una notizia di questo genere, e che il sentimento sia semplicemente amplificato: orgoglio e speranza, perché una collega con una così grande determinazione può riuscire a produrre, in qualunque ambito lavorativo scelga di inserirsi, una spinta dall’interno in grado di contagiare anche chi, forse con troppo anticipo, accetta con rassegnazione le situazioni nel quale è costretto a vivere. Anche quando, magari proprio in sinergia con il Collegio, è possibile trasformare le situazioni di criticità in opportunità e miglioramento. A questa collega, così come a tutti coloro che si sono laureati la scorsa settimana e che spero di poter vedere nei prossimi giorni se sceglieranno di iscriversi all’Albo del Collegio della Provincia di Pavia, porgo l’invito a presentarsi in sede con proposte, consigli e con l’entusiasmo che è proprio del momento post-laurea”.
E che cosa pensa invece quando legge la notizia di un processo per un Infermiere che disattende la sua missione, come quelli accaduti anche recentemente?
“Partendo dal presupposto che non è corretto giudicare un professionista non conoscendo nei particolari le condizioni che hanno originato quanto contestato nello specifico, è però possibile fare alcune considerazioni di carattere generale. Quando un infermiere per una ragione o per l’altra non compie il proprio mandato – termine che ritengo più idoneo a quello di missione – deve essere consapevole che le sue azioni non verranno giudicate solo sotto l’aspetto etico e deontologico, ma che vi saranno delle conseguenze a livello giuridico. Il lungo processo di ridefinizione della figura infermieristica ha sempre messo in primo piano l’assunzione di responsabilità quale strumento per il raggiungimento dell’autonomia professionale e rimanere ancorati, anche solo concettualmente, a quel modello di operatore ausiliario sta a significare la volontà di restare adesi ad un modello anacronistico della professione. Si può solo pensare che chi svolga il proprio ruolo con tanta leggerezza lo faccia più per assenza di conoscenze e scarsa consapevolezza, piuttosto che per mancanza di affinità con gli elementi fondanti della nostra professione; vi è una tale chiarezza persino sotto il profilo etimologico – infermiere significa vicino agli infermi – che rende improprio qualunque malinteso in tal senso”.
Pensa che la nuova sede del Collegio possa diventare il fulcro di iniziative per aprirsi alla gente e per organizzare iniziative pubbliche?
“Questa è la speranza che abbiamo: una sede che possa riuscire a trascendere il proprio mandato istituzionale, ospitando corsi, convegni ed incontri a carattere professionale, e che diventi anche un punto di riferimento per la cittadinanza, magari realizzando un canale dove ottenere aiuto e sostegno per la progettazione di veri e propri piani assistenziali a 360 gradi, e non di semplici prestazioni infermieristiche delegate da un modello medico-centrico. I cittadini pavesi hanno bisogno, considerando che all’orizzonte sembra delinearsi un chiaro progetto di de-ospedalizzazione, di qualcuno che possa occuparsi dei familiari nella loro fragilità assistenziale e nella cronicità: l’unico professionista sanitario in grado di dare questo tipo di risposta è l’infermiere, e in questi anni cercheremo in ogni modo di trasmettere questo messaggio alla cittadinanza”.
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