“Un film sulla vita dei ragazzi a gaza”

Nicola Grignani sul set con cinque colleghi. “Qui si vive assediati”
C’è anche il documentarista pavese Nicola Grignani, amico e collaboratore di AINS onlus, tra gli ideatori-esecutori di “Movi(e)ng to Gaza”, il progetto filmico collettivo indipendente partito proprio in questi giorni nella Striscia di Gaza, costa Est della Palestina, Mar Mediterraneo. “L’idea nasce dal desiderio di toccare con mano e poi raccontare in presa diretta la vita quotidiana a Gaza, in particolare la vita delle generazioni più giovani, caratterizzata da piccoli ma profondi segni di resistenza – spiega Grignani, classe ’77, una laurea al Dams di Bologna con una tesi sul cinema cubano e una lunga serie di riconoscimenti ricevuti in importanti docu-festival internazionali – Vogliamo mostrare che questo non è un paese di terroristi, ma una terra piena di persone “normali” e allo stesso tempo speciali”. Il progetto è un esperimento tra due team di videomakers, uno italiano ed uno gazawi, che condividono insieme idee, storie, esperienze, visoni e competenze tecniche. Oltre a Grignani, fanno parte del gruppo italiano due documentaristi di Bergamo, uno di Roma, uno di Bologna e una ragazza attualmente residente a Barcellona. “Ci siamo auto finanziati organizzando feste e cene tra Bergamo e Bologna – continua il fimaker pavese – e con i soldi raccolti in tasca siamo partiti l’1 febbraio, per rientrare il 6 marzo”. Area non riconosciuta internazionalmente come uno Stato sovrano ma da sempre reclamata dall’Autorità Palestinese come parte dei suoi territori, dal 2007 la Striscia di Gaza è sotto il controllo politico di Hamas, considerata un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Canada ed Unione Europea che per questo hanno congelato gli aiuti umanitari allo Stato palestinese , escludendolo anche dal libero mercato. Tra le conseguenze più gravi di questa situazione ci sono una forte crisi energetica e un livello di vita degli abitanti di Gaza – uomini, donne e molti bambini – al di sotto della soglia della povertà.  Il 4 febbraio, nel blog degli italiani si legge:”niente è normale a gaza, come nulla è normale nel nostro quotidiano. Ci sono tantissime differenze, certo. La più grande è che Gaza non è in guerra come noi, che facciamo guerre “umanitarie” o “giuste” (mai in casa nostra) contro paesi che non predicano la nostra ipocrita pace. Qui si vive sotto un continuo assedio, al supermercato devi scegliere di non comprare i prodotti di chi ti bombarda, oppure puoi coltivarti i prodotti nel campo al confine che sempre più stringe attorno,sempre che qualcuno non voglia spararti mentre cerchi di raccogliere il grano o le olive. Se non muori ma vieni ferito, devi sperare che l’embargo imposto dallo stesso paese assalitore non ti precluda i farmaci che ti servono per guarire. Vorrà dire questo essere terroristi?”
Marta Pizzocaro, La Provincia Pavese-giovedì 7 febbraio 2013





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