In ospedale, dove sui libri si insegna la speranza

Viaggio nelle “aule” della Pediatria del San Matteo:
il cuore grande degli insegnanti, la voglia di imparare degli studenti

di Daniela Scherrer (addetto stampa Ains)

Tafi ha quattordici anni, è albanese, ha due occhi intelligenti, un sorriso furbo e una proprietà di linguaggio che conquista subito. Frequenta la seconda media a Faenza. “Ma sono in attesa di trasferirmi a Pavia con la mamma per il trapianto”. Attualmente Tafi è ricoverato al quarto piano della Clinica Pediatrica del San Matteo. Il nome è più eloquente di tante parole, si tratta infatti dell’Oncoematologia Pediatrica. Insieme a Tafi tanti altri ragazzi, e anche molti bambini, rincorrono la speranza di riacquistare la salute. In corsia, quasi a interrompere il susseguirsi delle camere di degenza, si trova una grande sala nella quale ha sede la scuola media inferiore della Pediatria. “Essere in ospedale non può mai essere bello –commenta con un sorriso velato di malinconia Tafi- ma la scuola in ospedale è fondamentale, perchè altrimenti quando si esce e si fa ritorno alla propria scuola si rimane troppo indietro con il programma”. E’ una grande verità. Ma la scuola in ospedale, anche umanamente, riveste una forte importanza perchè per i ragazzi rappresenta forse l’unica normalità in un percorso di ospedalizzazione e di malattia straordinario. Difficile a dirsi, ma quando si entra in Pediatria e si parla con questi ragazzi la sensazione è nettissima. L’ora di lezione è attesa anche quando si sta male, l’insegnante non è temuta ma desiderata, quasi rappresentasse un prezioso contatto con il mondo esterno, con la vita fuori dall’ospedale. Quando Tafi entra in “aula”, i suoi occhi si illuminano: l’insegnante di lettere Cristina gli spalanca l’anta di un armadio, pieno di giornalini “Topolino”. Tafi impazzisce, in Albania non li poteva avere, è innamorato di Paperino, Paperon de’ Paperoni e Paperinik. “Così ha imparato l’italiano”, sorride Cristina. Ecco, in ospedale la scuola è anche questa. Mentre Tafi si immerge nella lettura del primo Topolino, al tavolo salutiamo Federica, tredici anni, di Modena. Sta studiando la prima guerra mondiale. “Rispetto alla scuola fuori qua si avanza più velocemente con il programma –spiega- perchè sei seguito individualmente. E poi il rapporto con gli insegnanti è più umano”. Accanto a lei c’è Chiara, undici anni, di Piacenza, la mascotte del gruppo perchè è la più piccola. Ha appena terminato di leggere una fiaba moderna, una versione riveduta e corretta della Piccola Fiammiferaia. Dice che le è piaciuta abbastanza e che si trova bene, “però mi mancano tanto i miei compagni”. Colpisce anche la dolcezza dell’insegnante, Cristina, che rivela di avere scelto espressamente la scuola in ospedale, presso cui si trova da tre anni: “Da mamma mi sono trovata coinvolta in situazioni ospedaliere e questo mi ha fatto capire quale fosse la mia strada professionale. Diciamo che qua la parola d’ordine è dare il massimo con poco, le lezioni sono personalizzate anche perchè i nostri studenti alternano grande voglia di fare a momenti di ripiegamento su se stessi molto comprensibili”. Cristina regala un bellissimo commento: “Io credo di avere trovato qua la vera essenza dell’insegnamento, mi sento utile al fianco dei miei ragazzi, so che devo motivarli e che devo sempre cercare di far trovare loro il positivo di quanto stanno studiando e imparando. Le ferie estive? Servono perchè emotivamente a volte c’è bisogno di staccare la spina, ma io confesso che conto i giorni per ritornare e ricominciare il mio lavoro”.
Lucia è la veterana della scuola in ospedale, insegna alla scuola dell’infanzia del quarto piano da vent’anni. I suoi alunni sono i “cuccioli” del reparto, spesso sono proprio loro a diventare il “motore” prezioso per animare un piano dove la tensione si taglia col coltello. Al tavolino troviamo Elisa, cinque anni; seduta a fianco della mamma è intenta a completare con le tempere un bellissimo disegno dove ci sono fiori, sole, colori vivaci e il sorriso materno. Gli occhi della madre la contemplano con amore infinito. All’asilo Lucia programma in particolare attività di laboratorio che vanno dalla pittura alla manipolazione con pasta di sale. Settimanalmente, poi, il laboratorio di cucina propone la preparazione di pizze e torte a cui si aggiunge la tombolata che coinvolge piccoli e grandi. Da segnalare anche la presenza degli animatori di musica e drammatizzazione, grazie ad Agal e Acli, che spesso attraverso le attività aiutano i ragazzi ad affrontare i loro momenti di crisi aprendosi e comunicando i problemi.
Scendiamo un piano e arriviamo al terzo, ossia a Chirurgia Pediatrica, dove ci attende l’insegnante Anita, della scuola d’infanzia e primaria. Anche lei è una veterana, da sedici anni è una presenza costante, assolutamente per scelta. “Quando sono arrivata non esisteva neppure la professione dell’insegnante in ospedale, oggi invece il suo valore è riconosciuto anche psicologicamente e pedagogicamente. Non siamo insomma volontari nè missionari, siamo professionisti specializzati e spesso le aule d’ospedale diventano un laboratorio utile anche per sperimentazioni scolastiche importanti”.
Anche chi è in day-hospital alla Pediatria del San Matteo può beneficiare della scuola e dell’estrema disponibilità dell’insegnante Simona, che dalle 9.00 alle 14.00 deve essere pronta ad accogliere alunni di qualsiasi età. Simona insegnava alla scuola materna, ora è al suo secondo anno in ospedale per assecondare un suo preciso desiderio. E’ molto impegnativo avere a che fare con ogni fascia di età e riuscire ad approntare un programma scolastico. Il segreto è il “gioco di alfa e beta”, un progetto didattico che viaggia nel passato e arriva al presente passando per i vari alfabeti. “Tutti i giorni incontro bambini e ragazzi diversi –spiega Simona- quasi sempre ritornano periodicamente, ma non si sa quando. C’è chi ha frequenza ravvicinata, chi invece arriva sporadicamente. Qualcuno porta i compiti da casa, con altri cerco di garantire una continuità didattica rispetto a quanto stanno facendo nella loro scuola. Ma soprattutto i pazienti oncologici hanno tanto da tirare fuori, un misto di emozioni, paura e rabbia che riesco a far loro gestire attraverso storie e disegni”. Simona confessa di essere innamorata dei suoi bambini, ma anche loro si stringono a lei. Chiediamo a Luca, sei anni, e Gaia, dieci, di dare un voto alla loro maestra. “Dieci”, dicono in coro. E la sincerità è bambina, come dicono.
L’ultima tappa del nostro lungo viaggio nelle aule scolastiche della Pediatria ci porta alla scuola superiore. Chi può raggiunge i banchi di scuola, chi ha difficoltà viene invece visitato a domicilio dall’insegnante. Come Adriana, insegnante di lettere in quiescenza, che col suo registro di classe sottobraccio varca la soglia di una camera di degenza per far lezione a uno studente allettato. “E’ un’esperienza molto gratificante, emozionante –sorride- questi ragazzi danno molte soddisfazioni, il rapporto uno a uno è decisamente intenso, intimo e spesso al termine della lezione ti raccontano la propria vita, le esperienze, le paure. E regalano sensazioni speciali”. La responsabile della scuola superiore in ospedale è Angela Mariani, che racconta con entusiasmo le gite dei suoi ragazzi, attesissime perchè consentono di lasciare l’ambiente ospedaliero: recenti sono state le visite a San Genesio per la mostra su Galileo Galilei e i pomeriggi della chimica all’Itis con il confronto con i pari-età dell’Istituto Tecnico Industriale. Poi ancora i lavori per la Pasqua, la possibilità di realizzare antologie di scritti con gli scrittori Valerio Manfredi e Rino Cammilleri, il progetto di una seconda aula per aumentare gli spazi e garantire attività pomeridiane, grazie ai Lions Club Pavia Le Torri, Pavia Regisole, Certosa di Pavia e Voghera La Collegiata.
Ecco quindi il ricchissimo e variegato mondo della scuola in ospedale al San Matteo. Un patrimonio di inestimabile valore culturale, sociale, anche e forse soprattutto umano che fa piacere raccontare. Visitarlo equivale a rendersi conto di quanto importante sia per i ragazzi ricoverati andare a scuola anche in corsia. Per questo, a monte di ogni discorso, c’è un grosso grazie da rivolgere: è quello ai volontari dell’Agal (Associazione Genitori e Amici del Bambino Leucemico). Dell’associazione abbiamo già parlato attraverso le colonne del settimanale, tra i servizi garantiti avevamo accennato al trasporto a scuola di chi non è ospedalizzato ma deve comunque restare legato all’ospedale per terapie e cure. Con questo articolo speriamo davvero di aver comunicato l’importanza di questo servizio garantito dall’Agal a titolo completamente gratuito, grazie al buon cuore dei suoi lodevoli volontari.

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