Guatemala. Dialogo tra Alvaro Aguilar e Ruggero Rizzini

Alvaro Aguilar Aldana sostiene che “sognare non costa nulla e permette di avvicinarsi alla realtà”. Il nòcciolo di verità contenuto in questo proposito lo possiamo riscontrare attraverso l’ultima sua idea in ordine di tempo. Costruire un centro nutrizionale a El Rancho dove ospitare bambini denutriti e malnutriti delle aldee situate nelle vicinanze e garantire loro un piatto di fagioli e riso almeno tre volte al giorno. Così come agli anziani che vivono soli, non hanno una famiglia e una pensione che li possa sostenere, dopo una vita passata a lavorare.

Come nasce l’idea di questo progetto?
"È un sogno, uno dei tanti che mi capita di fare e che cerco di realizzare. Tra il sogno e la realtà c’è un lungo spazio, ma perché non sognare? Vivo a El Rancho da sempre; anche se ci sono arrivato a otto anni, conosco tante persone, alcune solamente di vista, altri li ho conosciuti grazie all'impegno sociale presso l’organizzazione C.F.C.A. (Fondazione Cristina di sostegno ai bambini e agli anziani) per cui lavoro da dieci anni".
Non conosci solo le persone, sei a conoscenza anche della situazione globale del territorio in cui operi...
"Si, conosco bene anche le diverse zone del villaggio. El rancho ha poco più di undici mila abitanti. Non solo di origine guatemalteca; anche qui c'è di tutto. Honduregni, Salvadoregni, Messicani, Italiani. Si, c’è anche un italiano che vive qui da parecchi anni".
Una realtà mista, per così dire?
"Si, un misto di razze, di culture e di modi di pensare differenti con cui è difficile lavorare perché vivono alla giornata e tanti preferiscono non impegnarsi in un progetto continuativo. Le donne, ad esempio, preferiscono andare alla Champa a vendere cibo sulla strada. La Champa è un villaggio in un villaggio. Dista tre chilometri da El Rancho ed è nato intorno ad un distributore di benzina. Ora c’è tutto. La banca, una scuola, ristoranti, un supermercato. Prima c’era solo un distributore di benzina. Alla Champa si commercia di tutto; spesso si muore banalmente; non è raro incontrare bande giovanili che si sparano (le maras). Si commercia tutto, anche la droga, naturalmente. E poi ci si prostituisce. Da noi i luoghi dove ci sono le prostitute si chiamano bar (ride). Mi dicevi che d a voi in Italia i bar sono altra cosa".
Si Alvaro, normalmente nei bar in Italia si beve il caffè...
"Si, altra cosa".
Mi stavi dicendo del progetto
"Conoscere El Rancho mi ha aiutato a comprendere dove le situazioni di povertà sono presenti. La povertà c’è ma ci sono luoghi a El Rancho dove è estrema, con persone anziane che non hanno la famiglia che li può sostenere e vivono male non avendo più le forze per piccoli lavori. Alcuni vivono con quel poco di denaro risparmiato negli anni che gli è rimasto, altri hanno solo la casa e sopravvivono. Qui a El Rancho, ma in quasi tutto il Guatemala, non esiste la cultura del risparmio. Ai ragazzi che lavorano con me dico sempre. “risparmiate, pensate al futuro, quando invecchierete”. Ma loro non mi ascoltano. Più hanno e più spendono. Noi, lavoratori per il C.F.C.A., percepiamo una mensilità all’anno che è chiamata “catorcina” ( in Italia corrispondente alla nostra quattordicesima mensilità) e ogni anno, alla fine dell’anno, ci danno la liquidazione. Io chiedo ai ragazzi e alle ragazze che cosa ne fanno di questi soldi. Uno mi dice “ho comprato un letto nuovo”, l’altro una televisione, l’altro la motocicletta.
Io questi soldi non li tocco, li deposito in banca perché so che mi possono servire quando sarò anziano.
Non si è abituati a risparmiare. A mia sorella, per fare un esempio concreto, maestra elementare, piace fare debiti. Se le piace una cosa la compra senza chiedersi se le serve e se potrà pagarla. È così. Io le dico sempre “hai una figlia, che insegnamento le stai dando?” Ma lei niente. Mi ricordo che quando ero piccolo, eravamo 11 tra fratelli e sorelle e se non avevamo niente da mangiare mia mamma ci diceva “mangiate fagioli ed eruttate pollo”. Era un modo di dire, naturalmente. E quando uno dei miei fratelli diceva “
andiamo a comprare nel negozio, poi passa papà a pagare”, mia mamma rispondeva “no! Si mangia quello che c’è ma non si fanno i debiti”.
Per cui ci sono tanti anziani che necessitano di appoggio sociale?
"Si, hanno bisogno di mangiare: garantire loro almeno tre pasti al giorno sarebbe un grande aiuto. Poi c’è un latro aspetto che riguarda il recuperare la memoria di queste persone, le loro esperienze, il loro sapere. Queste persone hanno sicuramente tanto da raccontare. Ma questa è un’altra cosa, prima si deve dare loro da mangiare".
E i bambini come pensi di aiutarli?
"Ora il Guatemala vive una situazione di crisi alimentare causata dalla siccità. Non piove da parecchi tempo e in alcune zone del paese, anche la zona di El Rancho è stata colpita dalla siccità, il sole ha bruciato i raccolti di mais e fagioli che rappresentano l’alimentazione base del guatemalteco. Girando per le aldee tra le montagne ho incontrato situazioni tragiche. Famiglie senza più scorte di mais e fagioli. Si prevede che il 2010 sia ancora peggio.
Bambini malnutriti e denutriti, con la faccia gonfia, le mani e le gambe gonfie, le pance grandi probabilmente piene di vermi. Pensa che manca anche l’acqua. In un’aldea ho incontrato un giovane sdraiato in un piccolo letto di legno, senza forze, senza cibo e sanza acqua da giorni. Il fiume si è seccato e puoi immaginare la situazione in cui vivono queste persone.
Noi come C.F.C.A. siamo intervenuti immediatamente con borse di alimenti che contengono mais, fagioli,acqua, zucchero, caffè e incaparina, un latte energetico. Distribuiamo queste borse per risolvere l’emergenza ma il problema poi rimane se non si interviene con microprogetti agricoli. Se piove, però, perché senza acqua non cresce nulla. I bambini sono i più colpiti dalla siccità, hanno meno resistenza per cui vanno seguiti e salvati.
Un centro nutrizionale potrebbe essere un primo importante aiuto. Cosa prevedo? Che, se la famiglia è d’accordo, i bambini vengano portati al centro nutrizionale e qui vi rimangano insieme alla mamma il tempo necessario per riprendersi".
E perché non portarli in ospedale?
"In ospedale non li prendono. Prendono solo i casi più gravi e poi l’ospedale costa e le famiglie non hanno denaro sufficiente per le eventuali spese sanitarie".

Però per realizzare un progetto come questo ci vogliono tanti soldi, un terreno dove costruire e persone che ci lavorino.
"Si, ci vuole tutto questo, però il terreno c’è già. Una signora di El Rancho, un giorno mi ha telefonato dicendomi che le avevano regalato un terreno per destinarlo ad un progetto di solidarietà….."
Allora anche in Guatemala ci sono persone che hanno voglia di fare del bene?
"La signora lo voleva regalare a me. Le ho detto che andava bene, che accettavo se lo regalava all’associazione Moises Lira Serafin di cui sono presidente e che collaboriamo in Italia con voi di Ains. Per la signora non c’erano problemi per cui siamo andati da un avvocato e abbiamo intestato il terreno al’associazione".
Una grande generosità da parte di entrambi.
"Lavoro con la povertà da parecchi anni e inizio a capire cosa significa non avere nulla. Il CFCA mi garantisce uno stipendio mensile che mi permette di vivere bene. Non ho esigenze particolari e non mi manca nulla. Comunque il terreno non era destinato a me. Alla signora lo cedettero per regalarlo a chi ne aveva bisogno. A me la signora aveva detto “ te lo regalo perché tu lo utilizzi a favore di chi ne ha bisogno”.
Non pensi che i figli della signora possano reclamare questo terreno?
"Per questo motivo, in accordo con la signora, siamo andati da un avvocato per farlo intestare all’associazione Moises Lira Serafin".
Quanto pensi possa costare la costruzione di un centro nutrizionale come quello che hai in mente?
"Non lo so. Occorre conoscere il parere di un architetto che realizza il disegno della struttura. Non so quanto possa costare. Questo dipende dalle dimensioi. Io penso che serva una cucina, una grande sala dove mangiare, un piccolo ambulatorio, due bagni, almeno due stanze da letto, una stanza dove alloggiare i bambini e almeno due stanze da usare come uffici. Una volta che si ha chiaro cosa si vuole si può conoscere il costo dell’architetto e i costi per i permessi burocratici, il costo della manodopera dei muratori e del materiale".
Hai previsto anche quanto personale serve?
"Una nutrizionista, una donna che cucina, una che fa le pulizie, un’infermiera o due e un guardiano".
E la presenza di un medico?
"Si, da prevedere, ma lavorerebbe solamente quando è necessario. Non serve averlo fisso nello struttura. Ci appoggeremmo alla clinica San Josè con la quale abbiamo un buon rapporto di collaborazione da anni".
Una struttura come questa non si autofinanzierebbe. Non c’è il rischio che sia improponibile?
"Certo, non si può chiedere a chi non ha nulla per vivere, di pagare per mangiare. Nasce come un luogo di aiuto a chi non ha nulla. Sarebbe un centro di solidarietà finanziato dalla solidarietà. Penso che in Italia, AINS, la vostra associazione, possa trovare chi è disposto a credere in un progetto con queste finalità. Molte persone di El Rancho che conoscono il lavoro che facciamo con i poveri e per i poveri, ci aiutano. Non ci danno soldi ma mais, fagioli e altro. E poi si possono trovare altre forme di autofinanziamento. Se la famiglia del bambino che viene ospitato ha 2 quetzales (circa 20 centesimi di euro), ne da due. Se ne ha solo uno, darà quello. È un progetto che va pensato e strutturato bene. Intanto partiamo con un terreno che c’è qui a El Rancho ed è di proprietà dell’associazione di cui faccio parte. Certo, oggi è un sogno ma potrebbe diventare realtà se si lavora duro, tutti insieme. Noi qui in Guatemala e, se lo vorrete, voi in Italia. Speriamo".
Come nasce un progetto?
"Mai per caso. Ascoltando le persone che si incontrano nelle aldee. Noi viaggiamo molto, è il nostro lavoro. Andiamo dove le altre organizzazioni non arrivano. C.F.C.A. è un’organizazione nata per servire la povertà attraverso progetti. Non regaliamo nulla. Interveniamo nell’urgenza fornendo il cibo e poi coinvolgiamo le persone nel lavoro progettuale. Chi ha voglia di lavorare con noi deve sapere che è fondamentale l’istruzione per cui chiediamo che i loro figli vadano a scuola. Arriviamo in un’aldea dove seguiamo un progetto e molto spesso la gente ci segnala un problema in un’altra vicino. Ci andiamo, parliamo, ascoltiamo e valutiamo insieme a loro cosa si può fare. “Caminados juntos" (camminando insieme) è il motto di C.F.C.A.. Camminiamo con i poveri per i poveri".
Come è composta l’associazione moises Lira serafin? Tu sei il presidente, se non sbaglio.
"Si, sono il presidente, madre Antonietta la vice presidente e altri amici, tra cui la titolare del ristorante “El Ranchon” della Champa. La signora è molto generosa. Quando è stata costruita la clinica di El Rancho diede un grande aiuto a madre Antonietta e alle suore che iniziarono a lavorare alla clinica".
Come siete organizzati?
"Vorremmo continuare la collaborazione con Ains. Non penso che voi direte di no (ride)".
Dipende Alvaro (rido anch’io)
"... poi ho parlato agli amici del progetto del centro nutrizionale e del terreno donato. C’è molto entusiasmo. Solo madre Antonietta all’inizio non era molto d’accordo ma poi si è convinta. E poi…"
Perché non era d’accordo?
"Perché ha detto che già un’altra volta si era pensato di costruire un centro per i bambini di El Rancho e poi non si è riusciti a fare nulla. Ma era una cosa diversa. Si voleva costruire un asilo dove le mamme che andavano a vendere alla Champa potevano lasciare i bambini. Era una cosa diversa dal centro nutrizionale. Ne abbiamo parlato e madre Antonietta si è convinta. Le ho spiegato le differenze. Io penso che si possa realizzare se si uniscono le forze come si è sempre fatto in questi anni dove, ad esempio, Ains continuava e si faceva carico di un lavoro iniziato dal CFCA o ne integrava un altro.
In questo caso si tratterebbe di unire le forze e lavorare insieme in Italia e in Guatemala.
Trabajando juntos (lavorando insieme).....".

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