Ospedali psichiatrici giudiziari: quando il recupero è impossibile

di Elia Belli, Il Ticino-31 luglio 2010

Nell’ambito della Commissione Sanità è stata avviata un’inchiesta da parte del Sistema Sanitario Nazionale sulla cura della malattia psichiatrica nell’applicazione della legge 180. alcuni membri della commissione parlamentare si sono recati negli istituti di detenzione e cura, un tempo noti con il nome di “manicomi criminali”, e oggi denominati “ospedali psichiatrici giudiziari” (o.p.g.). tra questi, Daniele Bosone, senatore pavese del Partito democratico, che lancia in questa intervista la sua denuncia della grave situazione oggetto dell’inchiesta fino a pochi giorni fa secretata.
Quanti sono in Italia?
In Italia sono sei e come commissione di inchiesta li abbiamo visitati tutti dal momento che abbiamo avuto diverse segnalazioni di situazioni di degrado. Da queste segnalazioni è scaturita una volontà di verifica della commissione che si è tradotta nelle visite che abbiamo effettuato e che fino a poco tempo fa erano assolutamente coperte dal segreto.
E che cosa avete scoperto?
Abbiamo scoperto un vero e proprio mondo a parte fatto di strutture che dovrebbero essere riabilitative e, quindi, medico-ospedaliere soprattutto dopo il passaggio in capo al Servizio sanitario Nazionale del 2008. e invece ci siamo trovati davanti ad istituti sostanzialmente detentivi con una maggioranza di personale penitenziario rispetto a una proporzione assolutamente esigua di personale medico-ospedaliero. Pensate addirittura che in alcune strutture non è presente neppure un medico psichiatra, ma è “a disposizione” per essere chiamato. Abbiamo scoperto vere e proprie carceri dove l’elemento sanitario è assolutamente assente come in Sicilia, a Barcellona, nell’istituto di Pozzo di Gotto dove impera una situazione in cui le persone vengono trascurate dal servizio sanitario e abbandonate dalla società. Insomma un vero e proprio “inferno” dei dimenticati.
Chi sconta una pena detentiva in queste strutture?
In queste strutture sono ricoverate, ma forse, dovremmo dire rinchiuse, persone che non sono condannate perché non imputabili in quanto non capaci di intendere e di volere. La cosa che però è decisamente strana è che la misura cautelare è reiterata negli anni perché di queste persone nessuno si fa carico, né le famiglie né i servizi sanitari territoriali. Ci sono persone che scontano pene detentive da decenni semplicemente per un oltraggio a pubblico ufficiale e che da 20-25 anni sono dimenticate li dentro.
Di quante persone stiamo parlando?
Negli ospedali psichiatrici giudiziari attualmente sono detenute circa 1500 persone in strutture per lo più fatiscenti, in condizioni di sovraffollamento e con situazioni igieniche decisamente precarie. Sono persone al di fuori della tutela anche della Costituzione.
Quali le strutture “problematiche”?
Sicuramente l’istituto di Barcellona, in Sicilia, poi quella di Aversa in Campania e, infine l’Ospedale giudiziario di Montelupo Fiorentino, in Toscana. Le situazioni sono davvero al limite con 3 pazienti in celle da 9 metri quadrati, senza servizi igienici. Penso che nessuno in queste condizioni possa essere curato o avere una speranza in termini riabilitativi. Anche perché non si sa quando e come queste persone potranno uscire.
Che fare?
Sicuramente relazioneremo in Commissione Sanità della situazione facendo una forte denuncia di ciò che abbiamo visto e di come vengano calpestati quotidianamente i diritti di queste persone più alcuni di questi detenuti/pazienti hanno una pericolosità sociale rilevante e per questi l’aspetto detentivo va tenuto presente. Ma è anche vero che, al contrario, per il 50% circa dei soggetti oggi detenuti sarebbero necessari e sufficienti percorsi di cura e affidamento sanitario alle Asl del territorio. Sembra banale, ma ad oggi nulla di ciò è successo. E credo che le responsabilità vadano equamente divise tra sistema carcerario e sistema sanitario.
Qualche fiore all’occhiello tra le strutture visitate?
Beh si…l’unica struttura davvero a posto è quella di Castiglione delle Siviere vicino a Mantova. È una struttura esemplare in cui la comunità riabilitativa è in mano a personale medico sanitario che, contrariamente rispetto a quanto accade altrove, è in maggioranza rispetto al personale penitenziario. E a Mantova sono ricoverate anche persone con una pericolosità molto alta eppure si sono visti notevoli risultati sotto il profilo terapeutico. Invece per le strutture di Barcellona, Montelupo Fiorentino e Aversa bisognerebbe prendere in considerazione la chiusura, in qunato si tratta di strutture sicuramente non più compatibili né con una detenzione rispettosa delle dignità umana, né tantomeno con una qualsiasi possibilità di cura. Comunque il sistema degli OPG così come sono va sicuramente superato obbligando le ASL a prendersi in carico di questi pazienti nell’ambito dei propri servizi territoriali. E poi probabilmente andrebbe modificato anche il codice penale.
In che senso?
Nel senso che, a volte, la non imputabilità è un grave danno perché queste persone scontano pene non commisurate al reato commesso. Carcerazione di decenni per reati minori. Comunque gran parte del nostro sistema carcerario va rivisto per evitare nuovi casi limite o emblematici. Penso, ad esempio, all’episodio grave che capitò a Cucchi; cose del genere non devono succedere più. Da ora, come commissione sanità cominceremo ad occuparci di questo mondo dimenticato perché, come sosteneva Dostoevskij, “il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”.

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