Alvaro Aguilar Aldana – Centro Nutrizionale

Registrazione dell’8 ottobre 2010

Questa registrazione è stata fatta nella sede di C.F.C.A. a El Rancho chiedendo espressamente ad Alvaro di raccontarci la sua idea del progetto “Centro Nutrizionale”.Oltre ad Alvaro erano presenti Veronica, Filippo,Nicola e Ruggero

Alvaro:Si è pensato a questo progetto vista la situazione nutrizionale di molti bambini che vivono nelle aldee di Chanrayo, Sheilly e Las Sidras. Bambini che abbiamo incontrato perchè i genitori li hanno portato qui nella sede di C.F.C.A. con un problema di nutrizione severa che noi chiamiamo Kwashiorko. Erano gonfi nel viso e in tutto il corpo a causa della denutrizione e della malnutrizione. Considerate che in alcune famiglie l’alimentazione giornaliera è soli di fagioli, caffè e tortillas. Vista la situazione di questi bambini e delle loro famiglie abbiamo iniziato a pensare cosa potevamo fare per aiutarli, arrivando a concludere che è necessario un centro dove portarli per curarli. Un giorno venne qui nell’officina una signora che mi disse che aveva un terreno che voleva regalarmi perché io lo usassi attraverso un progetto per i poveri.
Con questo regalo abbiamo avuto la possibilità di pensare alla fattibilità di un progetto come quello del centro nutrizionale. Il terreno è a El Rancho ed è più o meno di 30 metri x 25. Pensando a come vogliamo il centro
lo vediamo un po’ piccolo però ci accontentiamo e con questo terreno vogliamo cominciare.
Inizialmente abbiamo pensato ad un centro di recupero nutrizionale però una volta recuperati i bambini, ritornano nell’aldea, nella comunità dove vivono e cosa succede in quella famiglia se non c’è un lavoro di formazione anche con i genitori? Se non si lavora con la madre e con il padre sull’alimentazione? Se non si da alla famiglia l’opportunità di un’attività commerciale che possa creare reddito?
Per cui si è pensato ad un centro dove si recuperi il bambino malnutrito e denutrito e poi si lavori con la madre attraverso la formazione e in alcuni casi si possa dare anche formazione agli uomini, ai padri di famiglia nella questione agricola perché abbiamo visto, per esempio, che in alcune aldee non si è potuto coltivare causa la siccità per cui dobbiamo considerare un processo di formazione dove la gente può generare una propria fonte di guadagno, con quello che sa fare, insegnandole un po’ di più sulla questione agricola.
E alle donne dare formazione sulla microimpresa, sulla piccola finanza e in alcune manualità che loro possono fare.
Questa è l’idea generale del centro. Sarebbe un centro integrale e grandissimo che coprirebbe le necessità presenti nella zona lavorando con le comunità che abbiamo visitato insieme in questi giorni come Las Sidras, Aguahiel, El Poshte, Conacaste, Chanrayo che è una comunità di 700 famiglie. El Poshte è invece una piccolissima aldea di 12 famiglie. Per realizzare questo progetto c’è bisogno di appoggio. Addizionale a questo si vorrebbe creare un progetto di microcredito per creare un fondo che a sua volta possa generare una piccola rete di imprese familiari. Questo sarebbe molto importante per lo sviluppo delle persone.
Il progetto è abbastanza grande se lo si vede nella sua globalità. Se lo si pensa solo dal punto di vista nutrizionale è limitato. Deve essere integrato con la formazione e tutto il resto.
Certo, un bambino bisognoso necessita di cibo ed alimenti ma questo sarebbe solo
assistenzialismo se non si integra con altri processi per poter arrivare allo sviluppo comunitario.
Altra idea che abbiamo avuto è quella di creare una specie di mensa per i poveri in quanto nella zona ci sono anziani che hanno bisogno di mangiare per cui apriremo una mensa dove si possono dare fagioli, riso e tortillas. L’alimentazione base della nostra gente. Oltre al caffè.
Un piatto di fagioli non si nega a nessuno. E poi chi viene a mangiare potrebbe dare una mano in piccoli lavoretti utili per mantenere il centro.
Però non solo. Un centro come questo permetterebbe all’associazione Ains di avere una propria identità. Se C.F.C.A. ha la propria identità, penso che anche Ains debba avere la propria. Non che non sia conosciuta a El Rancho o nelle aldee però sono sempre gli italiani. Sono conosciuti così.
Altra idea sarebbe quella di ospitare nel centro giovani che possono studiare nella scuola pubblica e durante la settimana lavorare nel centro come volontari.
Ci sono tanti giovani nelle aldee che vogliono studiare ma non lo possono fare per scarse risorse economiche perché le famiglie sono povere e non si possono permettere di pagare la quota d’iscrizione mensile.
Potrebbero venire al centro, venire ospitati, studiare e lavorare.
Io mi immagino questa struttura, entro 5 anni, molto grande che avrà bisogno di volontari oltre a personale dipendente.
Però…..incominciando poco a poco….
Ruggero:Intanto ci sono già 300 mila quetzales ( circa 30 mila euro) da investire come fondo di ains per il progetto. C’è un gruppo di ingegneri che verranno in Guatemala per collaborare e poi tanta buona volontà, entusiasmo e idee.
Se ci diamo 5 anni di tempo diventa un progetto importante. Cinque anni per iniziare a lavorare. Certo, per costruirlo ci vogliono 4-5 mesi…il problema è trovare i finanziamenti per farlo funzionare. Autofinanziarsi
”.
Alvaro:Io credo che il progetto è già iniziato con le collaborazioni nelle varie aldee. Si deve solamente continuare a concentrare le energie per il centro. Occorre poi creare una rete di collaborazioni coinvolgendo altre organizzazioni. In Guatemala abbiamo contatti con i Cavalieri di Malta, con un’organizzazione spagnola che è interessata e ora sta aiutando nella formazione alle donne nell’area occidentale del paese. A loro potremmo chiedere che ci aiutino, ad esempio, per la formazione alle donne dell’area rurale. Ci sono poi imprese guatemalteche che collaborano con noi di C.F.C.A. da diversi anni: abbiamo ricevuto sapone da distribuire, 2-3 quintali di avena e sono fiducioso che possiamo ottenere molto quando avremo una struttura come il centro. Sono fiducioso. Quello che abbiamo definito bene quando si è discusso del progetto è che il centro non deve dipendere da nessuna persona, deve continuare indipendentemente. Se io non ci sono, domani il centro deve andare avanti da solo. È importante anche trovare una forma di autofinanziamento come la piccola farmacia e una tienda solidaria dove si possono comprare prodotti dal contadino e venderli in bottega tenendo un piccolo margine di guadagno per continuare a sostenere il centro”.
Nicola:Noi cosa possiamo fare quando torniamo in Italia?”.
Alvaro:Già il fatto che voi siete qui è importante e potete parlare dell’idea del centro con più gente possibile, coinvolgere più persone quando tornate in Italia. In futuro se ci sono volontari che vogliono venire a fare un’esperienza di solidarietà, è importante coinvolgerli per una crescita personale passando, trascorrendo, per esempio un giorno come avete fatto voi a El Poshte, con la gente dell’aldea. Penso che questo sia una crescita personale.
Oggi Elmer, il ragazzo che vi ha accompagnato, ha raccontato dell’esperienza di 24 ore vissute con voi e diceva agli altri ragazzi di C.F.C.A. “ perché non facciamo l’esperienza di andare in gruppo a dormire una notte in una aldea? Con la gente?
Alcune delle ragazze hanno espresso qualche dubbio ma Elmer ha risposto “si, andiamo!!!
Sarebbe molto importante conoscere la realtà dove vive questa gente, vivere con loro come avete fatto voi per fare il documentario. Cosa si prova a stare un giorno condividendo tutto.
Questo può essere un’esperienza per i volontari che vengono qui dall’Italia".
Filippo:"Turismo responsabile".
Alvaro: "E questo potrebbe generare anche lavoro nell’aldea con l’arrivo dei volontari perché nell’aldea si darebbe da mangiare e da dormire. Si creerebbe una fonte di lavoro con il turismo contribuendo a creare viaggiatori che pensano, che vedono. Volontari che poi possono venire a fare un’esperienza nel centro".

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