12 ottobre 2007

Vi racconto il Guatemala in un film

Presentato il documentario del regista pavese Filippo Ticozzi
“Vi racconto il Guatemala in un film”
scritto da Daniela Scherrer

“Filmare, per me, significa cercare di creare un luogo ove una realtà disordinata e ricchissima possa rendersi visibile al mondo, superando le barriere più superficiali, tendendo il più possibile la linea che separa il davanti dal dietro la macchina da presa al fine di trovare un angolo inconsueto dal quale sentire/vedere il mondo”. A parlare così è Filippo Ticozzi, pavese, diplomato alla scuola teatrale del CRT di Milano, quindi laureato con il massimo dei voti al Dams di Bologna. Nel 2004 Ticozzi ha fondato la cooperativa “La Città Incantata produzioni audiovisive”, per la quale ha realizzato diversi documentari sociali, tra cui “La Piracanta: un posto nel mondo” e “Bambini di Chernobyl a Pavia”. Ppresso il Centro Servizi del Volontariato di Pavia il regista ha presentato l’ultima sua fatica cinematografica, il documentario “Lettere dal Guatemala” realizzato per l’Associazione Italiana Nursing Sociale (Ains) di Pavia. Filippo, nello scorso novembre era stato in terra guatemalteca con alcuni rappresentanti dell’Associazione. Un anno di lavoro per arrivare a questo prodotto finale, in cui Guatemala svelato e rivelato dall’occhio di una macchina da presa, cercando di coglierne quegli aspetti di particolare suggestione che invitano ad una riflessione più profonda. Soprattutto laddove il fascino incontaminato di paesaggi fiabeschi camminano a braccetto con l’incredibile povertà di cui è vittima la gente.“In Guatemala ho trovato tensioni tali da rimanerne esterrefatto –ha infatti sottolineato Filippo nel corso della presentazione- paesaggi incredibili, laghi lambiti da vulcani, foreste pluviali, pianure riarse e altopiani perennemente coperti da nubi, tutto in uno stato minuscolo. La lotta che avviene tra i paesaggi funziona bene come metafora di questo posto. Una situazione politica e una storia di guerriglia che paiono la summa di tutte le disgrazie e le ingiustizie dell’America Latina. Una popolazione nettamente divisa in due, Ladinos e Maya, con religione, abitudini e tratti somatici diversi; gente unita solamente, pare, dalla gran povertà”.
Il regista ha ammesso di avere filmato moltissimo. Ma una volta tornato a casa tutto è diventato più difficile, coniugare l’immensità di emozioni con la logica narrativa che rende fruibile un prodotto cinematografico non è stato davvero facile. E allora ecco che Filippo ha scelto la via epistolare di raccontare persone e avvenimenti, sfruttando stralci delle lettere mai spedite che scriveva alla moglie lontana. L’utilizzo del racconto in prima persona ha dunque personalizzato molto il film, dando forse una visione più parziale, dunque, ma anche una garanzia d’autenticità, poiché si percepisce come chi ha fatto il film si sia messo in gioco totalmente. “Non posso dire come sia il risultato finale. –ha commentato Ticozzi-posso solo sperare che passi qualcosa di quello che ho provato, che sia come una camminata in un paesaggio impervio. “The longer I walk, the farther I’m from everything”, dice il poeta Mark Strand. Spero che sia così un po’ per tutti”.

3 ottobre 2007

Progetto "Finanziamento studi per diventare Infermiera"

[In collaborazione con la Clinica San Josè de El Rancho]

Il progetto consiste in una borsa di studio per permettere ad una ragazza di studiare presso la scuola infermieri ausiliari a Sanarate, Guatemala C.A.
La scuola ha la durata di 18 mesi, di cui gli ultimi 6 di tirocinio presso la Clinica San Josè a El Rancho. L’impegno è di 8 ore una volta la settimana come da programma di studio guatemalteco. Il professionista Infermiere in Guatemala è molto ricercato e terminati gli studi si ha la possibilità di trovare subito lavoro.
L’obiettivo è di pagare la tassa scolastica mensile corrispondente a 125 quetzales (circa 13 euro) e coprire i costi di viaggio corrispondenti a 1440 quetzales (20 quetzales per 4 volte/mese per 18 mesi) pari a circa 144 euro.

Investimento economico 370 euro

Associazione Italiana Nursing Sociale
Sede legale: c/o AISLeC – via Flarer, 6 – 27100 Pavia
Sede postale: Casella postale n. 138 27028 San Martino Siccomario (PV)
email
ruggerorizzini@yahoo.it
cell. 339.2546932 (ruggero) - 333.4464723 (giulia)
conto corrente postale n. 46330429

2 ottobre 2007

Alla scoperta di una delle patologie adolescenziali (ma non solo!) più frequenti. Anoressia, scomparire per apparire

Scomparire per conquistare quella fetta di attenzione agli occhi degli altri di cui ci si sente privati. Scomparire per apparire, insomma. E’ una delle ambivalenze tipiche che connotano l’anoressia, il disturbo del comportamento alimentare più frequente nelle giovani donne: una fascia di età che peraltro si sta estendendo in maniera preoccupante in entrambe le direzioni: sotto i dodici anni e sopra i venticinque. Si possono dare svariate definizioni dell’anoressia, più o meno esaurienti. Ma alla fine il sinonimo più comprensibile è forse uno solo: mal d’amore. Lo sottolinea più volte Luca Littarru, un esperto in materia. Infermiere professionale, Luca è attualmente il coordinatore del centro diurno a Villa Maura, che ospita giovani psicotici. Alle spalle tre anni nel reparto di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva presso il Mondino, dove sono stati numerosi i trattamenti nelle fasi acute dell’anoressia: dagli interventi salva-vita in ragazze ormai quasi “trasparenti” alla presa in carico complessiva verso il ritorno alla vita normale.

scritto da Daniela Scherrer, addetto stampa Ains onlus e giornalista de IL TICINO, Pavia

- Che definizione si può dare dell’anoressia?
“Sotto il profilo psicologico l’anoressia può essere definita come una lotta d’amore con se stessi e con gli altri. E’ un rifiuto di ogni nutrimento: non solo cibo, ma anche affetto, amore. E’ il desiderio di scomparire come ultima forma di comunicazione ritenuta possibile”.
- Perché chi soffre di anoressia punta alla magrezza eccessiva?
“Perché punta ad un modello di bellezza stereotipata, irraggiungibile, da amare e odiare contemporaneamente. Non è per niente vero che chi soffre di anoressia non ha fame, semplicemente per esercitare il controllo estremo su se stesso rifiuta qualcosa che desidera. Oppure mangia e poi va subito a vomitare, in una sorta di ambivalenza tipica della patologia. Ma è in fondo il riflesso dell’ambivalenza di tutta la società: da una parte ti propongono modelli esasperati di consumo di generi alimentari, dall’altra però ti trasmettono il messaggio che magrezza è sinonimo di successo, di perfezione. Avete mai visto un profumo pubblicizzato da una donna in sovrappeso?”
- Chi è più a rischio di anoressia?
“Innanzitutto va detto che tre milioni di italiani (su 56 milioni) soffrono di disturbi del comportamento alimentare, più o meno gravi. E questo è un primo dato significativo. Il 90% di malati di anoressia è costituito da donne e la fascia di età principalmente colpita è tra i 12 e i 25 anni, anche se adesso sono in aumento i casi in età infantile come quelli nella fascia tra i 45 e i 55 anni. Di solito è occidentale e, nel 70% dei casi, appartiene al ceto medio-alto. Un ultimo dato, infine, che ho potuto constatare dalla mia esperienza personale: la ragazza anoressica è sempre molto bella o molto intelligente oppure molto ricca. Oppure tutte e tre le cose insieme. Una persona che, in virtù del proprio status, ambisce alla perfezione”.

- Perché l’anoressia è tipicamente “donna”? Che spiegazione si può provare a dare?
“L’anoressia è una forma di distruzione, di aggressività. L’uomo tendenzialmente è più portare a dirigere la propria aggressività verso l’esterno, la donna verso l’interno, nei confronti di se stessa”.
- E quindi quale può essere il corrispettivo maschile della donna anoressica?
“Il bullismo a scuola, il nonnismo in caserma, le violenze sulle donne oppure negli stadi…Dietro ognuno di questi casi c’è sempre un maschio profondamente infelice, come nel caso di una donna anoressica”.
- Si è detto che l’anoressia è in crescita anche nella fascia di donne intorno ai cinquant’anni. Come mai?
“In alcuni casi si tratta di un disturbo sottovalutato in passato, quando ancora l’anoressia non era un fenomeno considerato e trattato su vasta scala. La donna magari è riuscita a controllare il disturbo come malattia vera e propria, ma non come forma emozionale. E quindi riesplode nel momento in cui gli anni passano, le rughe rischiano di offuscare un po’ la bellezza, i figli se ne vanno di casa e il marito ti guarda un po’ meno…Ed ecco che gli antichi meccanismi tornano a rimettersi in moto”.
- Quali possono essere le cause di questa malattia?
“Alla base dell’anoressia c’è sempre una situazione di profonda infelicità, di depressione, di deprivazione affettiva. In famiglia spesso c’è una madre troppo assente oppure, al contrario, troppo presente ossessivamente. Oppure un padre defilato dalla vita familiare. Non parliamo di colpe dei genitori, ma di situazioni oggettive”.
- Ma non è solo l’ambiente familiare da ritenersi responsabile…
Certamente no. Stiamo parlando di fasce soprattutto adolescenziali e quindi che hanno i riferimenti imitativi nel mondo della scuola. L’anoressia spesso inizia subdolamente: la compagna più bella da imitare, la voglia di attirare su di sé l’attenzione dimagrendo in tempi rapidissimi, l’ambizione di entrare a far parte del gruppo di amiche più “alla moda”… Tutti surrogati dell’amore, ma che soprattutto a quell’età appaiono sempre meglio del nulla, dell’indifferenza”.
- Dall’anoressia si può guarire clinicamente e quali sono le armi da “tirar fuori” per combattere la malattia?
“Assolutamente sì. Le armi? Soprattutto l’accettazione del fatto che la vita ha diverse valenze, non solo il modello assoluto di bellezza. E poi va percorsa una strada affettivo-relazionale al fianco della propria famiglia per guarire quello che è sostanzialmente un grande mal d’amore”.
- Quindi è fondamentale includere anche i familiari nel cammino di cura?
“E’ necessario lavorare fianco a fianco dei familiari. La famiglia deve sapere che non c’è nulla di che vergognarsi nell’avere una figlia che soffre di anoressia. E deve anche sapere che più tardi decide di uscire allo scoperto e più difficile diventa curare la malattia”
- Qualche consiglio allora ai genitori: quali sono i “campanelli d’allarme” che devono far sorgere il sospetto di anoressia nei figli?

“Una magrezza evidente, naturalmente non costituzionale, e soprattutto l’amenorrea (mancanza di mestruazioni) perdurante da almeno tre mesi. Poi anche degli atteggiamenti della ragazza, che magari si assenta dalla tavola appena terminato l’ultimo boccone: potrebbe essere il segno di un collegamento immediato piatto-tazza del water. E infine direi anche la tristezza, associata a cambiamenti umorali, depressione, tendenza alla solitudine. E’ difficile che una ragazza anoressica abbia amici o sia fidanzata: non ha amore in quel momento per se stessa, figuriamoci per gli altri”.
- Un’ultima domanda: da uomo che cosa ha imparato da questa sua esperienza al fianco di pazienti anoressiche?
“Ho innanzitutto avuto la conferma di quanto il genere femminile sia più sensibile ed emotivo rispetto a quello maschile. L’anoressia è un’estrema capacità di espressione, di comunicazione di certe emozioni che urlano più delle parole. Anche se spesso si tratta di un urlo sordo, che resta inascoltato fino a quando la malattia non esplode mettendo a rischio la vita stessa”.

A chi rivolgersi a Pavia

A Pavia sono due le strutture pubbliche che sono specializzate in anoressia. Presso la Clinica Neurologica Casimiro Mondino, nel reparto di neuropsichiatria infantile storicamente guidato dal prof. Giovanni Lanzi e attualmente diretto dalla prof. Elisa Fazzi, il responsabile dei problemi di anoressia è il dottor Giorgio Rossi.
E’ anche possibile rivolgersi al servizio di neuropsichiatria infantile dell’Asl.


Quel che resta del corpo

“Quel che resta del corpo” è il titolo del cortometraggio prodotto da AINS la cui regia e sceneggiatura è stata curata proprio da Luca Littarru insieme a Lorenzo Marvelli. Sarà presentato a Pavia dopo Pasqua, dura ventisei minuti, ha richiesto tre anni di lavoro e parla appunto di anoressia. L’aspetto più significativo è che a raccontare la malattia sono due giovani donne, rispettivamente di 24 e 26 anni, uscite dal tunnel dell’anoressia e quindi capaci di parlarne in chiave strettamente personale. Un atto di grande coraggio quello di accettare di apparire dopo aver tentato per anni di scomparire. Una protagonista e il suo “doppio”, davanti allo specchio, per evidenziare le tante ambivalenze dell’anoressia. Davvero un lavoro bello e coraggioso.


Cinque sintomi per accorgersi della malattia

L'anoressia nervosa viene diagnosticata nel 90 % dei casi a pazienti di sesso femminile.
I criteri standard raccomandati dai manuali psichiatrici per fare diagnosi di anoressia nervosa sono attualmente:
1. una magrezza estrema (non costituzionale) con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima di peso ritenuta normale (il peso del soggetto deve essere sotto l'85% del peso previsto in base all'età ed alla altezza e/o l'indice di massa corporea - BMI -inferiore a 17,5)
2. una forte paura di ingrassare anche in presenza di un evidente sottopeso
3. una preoccupazione estrema per il peso e l'aspetto fisico, che includa sia una alterazione del vissuto corporeo, sia una importanza eccessiva data al peso nei riguardi della propria autostima, o ancora il rifiuto di ammettere la gravità delle proprie condizioni fisiologiche
4. nei pazienti di sesso femminile, un'amenorrea (sospensione del ciclo mestruale) che dati da almeno tre mesi.
5. spesso, ed è difficile accorgersene, i soggetti affetti da anoressia nervosa sono bugiardi con se stessi e con gli altri e fanno di tutto per nascondere questa loro malattia.
Non è necessario avere tutti i parametri, in alcuni casi ne basta anche uno solo per diagnosticare la malattia

Rivoluzione? Rivoluzione?

Rivoluzione? Rivoluzione?

Ogni “forma d’arte” (letteratura, poesia, musica, cinema…) aiuta a riflettere: il suo scopo è appunto questo. La riflessione, il ragionare, stimolano l’uomo a capire, prima, e ad agire, poi. In una parola: a fare. Per tale motivo siamo convinti che romanzi, poesie, canzoni, films, siano in grado di promuovere e orientare la cultura (anche in campo sociale), forse meglio dei convegni “tecnici” e di qualunque trattato filosofico o sociologico.
Vi proponiamo la rabbiosa invettiva contro la rivoluzione che Juan scaglia su John ( James Coburn) nel film “ Giù la testa “ di Sergio Leone durante la marcia verso San Isidro, al termine della quale l’irlandese getterà nel fango il libro di Bakunin che sta leggendo.

“ Rivoluzione? Rivoluzione? Per favore, non parlarmi tu di rivoluzione! Io so benissimo cosa sono e come cominciano: c’è qualcuno che sa leggere i libri che va da quelli che non sanno leggere i libri, che poi sono i poveracci, e gli dice: - Oh, oh, è venuto il momento di cambiare tutto – […] Io so quello che dico, ci son cresciuto in mezzo alle rivoluzioni. Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono: - Qui ci vuole un cambiamento! – e la povera gente fa il cambiamento. E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo, e parlano, parlano, e mangiano. Parlano e mangiano! E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti! ecco la tua rivoluzione! Per favore, non parlarmi più di rivoluzione…E porca troia, lo sai che succede dopo? Niente! Tutto torna come prima “

Progetto "Sostieni scolasticamente a distanza un bambino in Guatemala"

Il progetto “SOSTIENI UN BAMBINO A DISTANZA IN GUATEMALA” è in collaborazione con la Clinica San Josè de El Rancho, la nostra referente è madre Antonietta Leon Coloma.

Il progetto si propone di permettere ai bambini delle famiglie più povere di El rancho e dei villaggi vicini, di andare a scuola evitando che diventino forza lavoro.

Il denaro versato per il sostegno a distanza finanzia l’iscrizione al Collegio, le tasse scolastiche mensili, l’acquisto di quaderni, le penne ed i libri, la prima colazione e permette di avere assistenza sanitaria gratuita.

Attualmente sono 120 i bimbi sostenuti da altrettante famiglie italiane.

Per il sostegno scolastico versare il contributo di euro 160 sul c/c postale n. 46330429
Causale: sostegno scolastico a distanza

Sede legale:
AINS onlus,c/o AISLeC,via Flarer, 6
27100 Pavia
Indirizzo postale:
Ains onlus casella postale n. 138
27028 San martino Siccomario (PV)
cell.339.2546932
email:ruggerorizzini@yahoo.it
www.ains.it

"Una solidarieta' intelligente"

uno scritto di Emanuele Chiodini, volontario e socio Ains onlus
Una solidarieta' intelligente" è il titolo di un libretto redatto da un missionario saveriano, Adriano Sella (ED.EDB, 2007). Vicentino di nascita, nella sua missione di sacerdoate si è occupato, là dove è stato chiamato ad operare, in Amazzonia (Brasile) del movimento dei senza terra e dei senza casa e delle tematiche legate al concetto di giustizia e alla promozione della pace essendo stato coordiantore della pastorale sociale in seno alla conferenza episcopale del nord del Brasile.Attualmente non ha deèposto le sue "armi" e si trova in Italia, a Padova, dove nell'ambito delle attivita' della diocesi si adopera per far conoscere i dettati per "nuovi stili di vita a favore della salvaguardia del creato" Di per sè, la presentazione per sommi capi del suo curriculum sarebbe gia' suffici ente per favorire e promuovere l'acquisto del libro.Questo testo si occupa dei più poveri e dei bisogni che essi pongono in essere in un tempo come il nostro, colmo di sperequazioni e diseguaglianze.Tra stati sociali (divisione ricchi-poveri); per origine (contrapposizione Nord-Sud del mondo).E ancora: tra chi detiene i cordoni della borsa dell'economia del mondo e chi subisce in ogni punto cardinale la sistematizzazione di quest'ordine fondato sulla militarizzazione della societa' e su inevitabili speculazioni finanziarie. Tra il pensiero dominante occidentale fondato sull'egoismo e sull'individualismo generatore di indifferenza e tra chi si batte per una ritrovata liberazione di sè e dei proprii sogni. Tra una stile di vita consumistico e la ricerca di nuovi equilibrii che sappiano tener conto anche delle necessita' dei più deboli. Una delle domande che potrebbero sorgere potrebbe essere."ciascuno di noi potrebbe occuparsi dei poveri?"Detta così, senza una dimensione di conseguente fatticita', la domanda rimarrebbe pura retorica e quindi inevasa. Due sono le strade possibili per andare incontro a tale quesito. La nostra "conversione" (conversione, dal greco metanoia, cambiare strada, abitudini, invertire la rotta) ripetto a consuetudini consolidate e, in gran parte dei casi, dannose. (cfr. p. 67 del libro citato) cercando di porre un limite al superfluo, al lusso, alla ricerca dell'inutile. E, in secondo luogo, agire a livello politico e istituzionale perchè le nazioni si convertano a loro volta. Il problema della poverta' in realta' è un tema che riguarda in primo luogo il modus operandi della parte ricca del pianeta (G8, Unione Europea, Nordamerica, Sudest asiatico...). La poverta' esiste e continuera' a rimanere tale fintantoche i possessori delle ricchezze continueranno a tenerle per sè in sfregio ad ogni possibilita' di redistribuzione o di ritrovata condivi sione. La poverta' continuera' ad esistere nella misura in cui il mondo "sviluppato" la considerera' un affare su cui speculare e su cui affondare le proprie rendite. Attenzione però: perchè l'indigenza di intere aree del pianeta è la vera bomba atomica. Quali gli effetti quando si rompera' la spoletta?.........Questo libretto offre però anche una possibile via d'uscita. Si prospettano diversi percorsi che ci potrebbero condurre fuori dalle secche del nostro immobilismo. Sella ci fa comprendere, anche con esempi concreti, che non possiamo limitarci all'esercizio di facolta' che, pur se espresse in buona fede, diventano una mera manifestazione di vanita'. Non è più sufficiente l'elemosina o l'assistenza fine a se stessa; o forme di finanziamento di progetti in modo isolato se questi non diventano generatori di giustizia. Tutto ciò deve essere suffragato da una ricerca volonterosa che trasformi il concetto stesso di solidarieta' verso forme di effettiva incidenza del normale vivere quotidiano. (una solidarietà che sradica le radici del male rimuovendone le cause e non più alleviando solamente le sofferenze; una solidarietà che crea rapporti paritari tra i popoli della terra; una solidarieta' che genera nuovi stili di vita ispirati alla sobrieta' e alla descrescita; ecc. ecc. - cfr. indice del libro citato, pp.99-100) "Una solidarieta' intelligente" . Un libro per sognatori? Forse. Un libro per utopisti? Sì, ma con la mente e gli occhi lucidi e consapevoli del raggiungimento di un traguardo realizzabile: la sconfitta della poverta', la sconfitta dell'egoismo del mondo contemporaneo. Un libro per gli operatori di pace i costruttori di giustizia sociale (cfr.Vangelo secondo Matteo, Cap.5 "le beatitudini"). Un libro fatto su misura per che si occupa di terzo mondo e di cooperazione. Buona lettura.

Todo listo para lavarnos?

uno scritto di Emanuele Chiodini, socio e collaboratore Ains onlus.

La preziosità di un bene si riconosce e apprezza nel momento in cui se ne saggia la difficoltà a reperirlo e/o ad utilizzarlo. Purtroppo siamo dominati da inesorabili leggi di mercato e sono proprio esse che, consolidandosi nei secoli, attualizzano e rivestono di realtà l'assunto citato in precedenza.
Sì, ma questo principio può valere sempre?
Anche se il bene in questione è di prima necessità?
L'etica, il rispetto del bene comune e il senso primario dell'utilità collettiva in tanti casi dovrebbero prevalere. In particolare quando si sta parlando, come nel nostro caso, di un bene non voluttuario o di lusso ma di un elemento fondamentale della Natura e assolutamente essenziale per la sussistenza di ciascuno.
L'ACQUA.
Al Rancho, in Guatemala, dove alcuni di noi - associati AINS - sono stati in visita si può toccare con mano come questo bene sia prezioso. In primo luogo perchè l'acqua che c'è non è potabile e viene utilizzata a scopi prevalentemente non alimentari (fare il bucato, irrigare, usi non domestici in generale, etc.).
L'acqua potabile, invece, per usi alimentari deve essere acquistata. E questo, di per sè, è un'ulteriore svantaggio - a tratti una vera e propria speculazione - in una zona del nostro pianeta già svantaggiata di suo. Chi può acquista. Chi non può si deve arrangiare con l'acqua che riesce a reperire o con quella del Rio Motagua, il fiume che lambisce il villaggio. Questo non è il massimo. Nè per l'igiene personale, nè per la salute in generale.
Stante questa situazione AINS, grazie al Centro Servizi del Volontariato di Pavia, ha inteso promuovere un'iniziativa di informazione a scopo educativo per far conoscere e valorizzare l'importanza di questo bene.
DOVE? Sempre al Rancho nella struttura educativa denominata "Liceo S. Josè" dove operano alcune suore - religiose del Centroamerica - con le quali AINS intrattiene rapporti di collaborazione ormai da diversi anni.
PERCHE'? Perche' a scuola si va per imparare. Non solo le nozioni fondamentali della cultura ma anche per apprendere le regole del vivere civile, dello stare insieme, dell'educazione per la crescita globale della persona. Quindi anche dell'igiene.
Perchè per l'igiene personale occorre essere istruiti anche ad un uso corretto dell'acqua. Perchè, infine, è giusto che nuove generazioni di bimbe e bimbi crescano in una situazione di minore povertà.
COME? Attraverso un opuscoletto dal titolo "Todo listo para lavarnos?" (tutto pronto per lavarsi?) che verrà utilizzato dagli insegnanti e dalle suore guatemalteche come supporto didattico alla normale programmazione scolastica per aiutare bimbi e famiglie a comprendere la necessità di una corretta igiene personale a partire proprio da un consumo consapevole dell'acqua. L’opuscolo, disegnato da Andrea Valente, finanziato dal CSV di Pavia e con il supporto tecnico di Elisa Moretti, è stato stampato in 1.000 copie e verrà portato in Guatemala a novembre.
QUINDI: come ci si lava le mani e le dita delle stesse; come ci si lava i piedi, la faccia, i denti, i capelli e in generale tutto i l corpo.
Guatemala, El Rancho "un altro mondo è possibile".