26 maggio 2010
Si apre «BambInFestival»
PAVIA. Comincerà domani “BambInFestival-Diritti in città”, il primo festival dedicato ai piccoli di Pavia: strade e piazze diventeranno scenari per eventi destinati a bambini e adulti, tra cui troveranno spazio laboratori, letture animate, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche e molto altro. L’inaugurazione è domani alle 18 al cinema Corallo/Ritz, con l’ anteprima del film su Mino Milani. Seguirà, dalle 19.30, un aperitivo a km zero. L’evento, organizzato dal Centro Servizi di Volontariato di Pavia, in collaborazione con più di 50 associazioni, proseguirà fino a domenica. In programma, tra gli altri appuntamenti, anche uno spazio creativo ed educativo dedicato ai ragazzi (venerdì, mercato coperto, ore 9-12), il laboratorio di narrazione interculturale (sabato, centro la Mongolfiera, ore 16.30) e la gara di orienteering nonni e nipoti (domenica, ore 11, ex serre comunali). Info: www.bambinfestival.org
Ticozzi: «In un film racconto Mino Milani e tutto il suo mondo»
Il documentario verrà proiettato in anteprima domani pomeriggio al cinema Corallo Ritz di Pavia
PAVIA. Guardare la lettura e scoprire la scrittura per ragazzi attraverso uno dei principali protagonisti del novecento: è l’idea alla base del documentario “Mino Milani, scrittore d’avventura (un ritratto)” del pluripremiato regista pavese Filippo Ticozzi. Il documentario, prodotto da «La città incantata» grazie al contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia che ha finanziato interamente il lavoro, sarà proiettato in anteprima all’inaugurazione del Bambinfestival domani alle 18 al cinema Corallo presentato da Guido Affini, libreria Il delfino e premio Andersen 2010.
Un ritratto di Mino Milani e dei suoi quasi settant’anni di scrittura seguendo lTommy River, Efrem e Fanfulla. Ma anche i primi testi italiani di fantascienza, i primi fumetti. «Per far uscire i perché di Milani, scrittore d’avventura», spiega Ticozzi.
Non è una biografia, non è un documentario sulla città. Anche se parte da chi, per tutta la vità, ne è stato l’immagine in Italia. Com’è nato?
«Il documentario nasce da un’idea venuta a me e Alice (Moggi, ndr), una galleria di ritratti pavesi: Pavia non ha così tanti personaggi di spicco dal punto di vista culturale. Dunque, per cominciare sembrava ideale partire dal nostro scrittore più grande. Ne è nato un ritratto che si basa su Mino Milani e la scrittura, Milani e la lettura. Non mancano gli accenni alla sua storia e alla Storia, ma senza cadere sulla curiosità fine a sé stessa».
Qual è il filo conduttore?
«Essenzialmente si parla del rapporto tra Milani e la scrittura, e in particolare di scrittura per ragazzi dove è stato il vero innovatore».
Quello che emerge è un ritratto astratto. Legato al chiuso dei luoghi della creazione: l’unico esterno è San Pietro in Ciel d’Oro, lo spazio che si vede dalla sua finestra...
«Ho cercato di mettere al centro i pensieri: il centro di tutto è Mino Milani e il suo mondo, che poi è il suo studio. Dove sono state fatte la maggior parte delle riprese. Però non è solo un’intervista, è il tentativo di rendere vivo il luogo in cui crea, dove ci sono i suoi libri, ma anche quelli degli scrittori di cui si circonda. Mino si mostra sul filo dei ricordi o mentre scrive. Giorgio Scianna racconta l’esperienza di scrittore, Guido Affini del rapporto con la città e la libreria, il professor Fernando Rotondo parla di stile».
Poi c’è il Corriere...
«Grazie alla fondazione del Corriere siamo andati a riprendere i vecchi numeri del Corriere dei piccoli dove ha pubblicato i primi fumetti. E poi, grazie al professor Giuseppe Polimeni, studioso e appassionato, abbiamo avuto a disposizione edizioni rare a vecchissime dei suoi libri».
Come ha “conosciuto” Milani, scrittore per ragazzi?
«Non lo conoscevo. Poi ho letto “L’ultimo lupo”, bellissimo, con una scrittura psicologica, d’azione, moderna. Da lì sono passato a “Un angelo, probabilmente”, che mi ha “portato via”. A quel punto l’ho chiamato. Anche per capirne un po’ di più di letteratura per ragazzi: è davvero di serie B?».
PAVIA. Guardare la lettura e scoprire la scrittura per ragazzi attraverso uno dei principali protagonisti del novecento: è l’idea alla base del documentario “Mino Milani, scrittore d’avventura (un ritratto)” del pluripremiato regista pavese Filippo Ticozzi. Il documentario, prodotto da «La città incantata» grazie al contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia che ha finanziato interamente il lavoro, sarà proiettato in anteprima all’inaugurazione del Bambinfestival domani alle 18 al cinema Corallo presentato da Guido Affini, libreria Il delfino e premio Andersen 2010.
Un ritratto di Mino Milani e dei suoi quasi settant’anni di scrittura seguendo lTommy River, Efrem e Fanfulla. Ma anche i primi testi italiani di fantascienza, i primi fumetti. «Per far uscire i perché di Milani, scrittore d’avventura», spiega Ticozzi.
Non è una biografia, non è un documentario sulla città. Anche se parte da chi, per tutta la vità, ne è stato l’immagine in Italia. Com’è nato?
«Il documentario nasce da un’idea venuta a me e Alice (Moggi, ndr), una galleria di ritratti pavesi: Pavia non ha così tanti personaggi di spicco dal punto di vista culturale. Dunque, per cominciare sembrava ideale partire dal nostro scrittore più grande. Ne è nato un ritratto che si basa su Mino Milani e la scrittura, Milani e la lettura. Non mancano gli accenni alla sua storia e alla Storia, ma senza cadere sulla curiosità fine a sé stessa».
Qual è il filo conduttore?
«Essenzialmente si parla del rapporto tra Milani e la scrittura, e in particolare di scrittura per ragazzi dove è stato il vero innovatore».
Quello che emerge è un ritratto astratto. Legato al chiuso dei luoghi della creazione: l’unico esterno è San Pietro in Ciel d’Oro, lo spazio che si vede dalla sua finestra...
«Ho cercato di mettere al centro i pensieri: il centro di tutto è Mino Milani e il suo mondo, che poi è il suo studio. Dove sono state fatte la maggior parte delle riprese. Però non è solo un’intervista, è il tentativo di rendere vivo il luogo in cui crea, dove ci sono i suoi libri, ma anche quelli degli scrittori di cui si circonda. Mino si mostra sul filo dei ricordi o mentre scrive. Giorgio Scianna racconta l’esperienza di scrittore, Guido Affini del rapporto con la città e la libreria, il professor Fernando Rotondo parla di stile».
Poi c’è il Corriere...
«Grazie alla fondazione del Corriere siamo andati a riprendere i vecchi numeri del Corriere dei piccoli dove ha pubblicato i primi fumetti. E poi, grazie al professor Giuseppe Polimeni, studioso e appassionato, abbiamo avuto a disposizione edizioni rare a vecchissime dei suoi libri».
Come ha “conosciuto” Milani, scrittore per ragazzi?
«Non lo conoscevo. Poi ho letto “L’ultimo lupo”, bellissimo, con una scrittura psicologica, d’azione, moderna. Da lì sono passato a “Un angelo, probabilmente”, che mi ha “portato via”. A quel punto l’ho chiamato. Anche per capirne un po’ di più di letteratura per ragazzi: è davvero di serie B?».
23 maggio 2010
Solidarietà/Omertà
Essere insegnanti oltre che professori, discorso di un insegnate alla sua classe dopo un accadimento di due che trascina inevitabilmente dietro di sè l'intera classe.
"Voi sapete che sono siciliano. Nella mia terra c'è un costume che vieta di denunciare i colpevoli di reati: si chiama omertà. Voglio parlarvene per stabilire i punti di contatto e quelli di differenza tra questo costume e lo spirito di solidarietà. L'omertà nasce dal bisogno di difendersi da un regime sociale di soprusi in cui la giustizia è applicata con parzialità e favoritismi, ma contrappone malauguratamente a questo un altro regime di soprusi: la mafia. L'omertà è un comportamento radicato in tutta la popolazione quando considera l'intero apparato statale un grande sbirro. La mafia che è nata da questa silenziosa protezione popolare, l'ha trasformata in legge di sangue sicchè oggi l'omertà è frutto principale della paura. Essa non distingue tra chi si ribella a un sopruso e chi agisce da criminale, copre tutti, il povero cristo e il malfattore. L'omertà è diventata cieca ed è al servizio di un'altra prepotenza.
Lo spirito di solidarietà è invece un sentimento che onora l'uomo. Non è una legge, come l'omertà, sorge di rado. Spunta di colpo tra persone che si trovano in difficoltà, comporta il sacrificio personale, non si nasconde dietro il mucchio formato da tutti gli altri. Nel vostro caso la solidarietà può essere quella di tutti per proteggere due, ma potrebbe anche essere quella di due che si fanno avanti per proteggere tutti gli altri. La solidarietà è opera preziosa di un'occasione, appena compiuto il suo dovere rompe le righe, lasciando in ognuno la coscienza tranquilla."
"Il Pannello" da In Alto A Sinistra, Erri De Luca
"Voi sapete che sono siciliano. Nella mia terra c'è un costume che vieta di denunciare i colpevoli di reati: si chiama omertà. Voglio parlarvene per stabilire i punti di contatto e quelli di differenza tra questo costume e lo spirito di solidarietà. L'omertà nasce dal bisogno di difendersi da un regime sociale di soprusi in cui la giustizia è applicata con parzialità e favoritismi, ma contrappone malauguratamente a questo un altro regime di soprusi: la mafia. L'omertà è un comportamento radicato in tutta la popolazione quando considera l'intero apparato statale un grande sbirro. La mafia che è nata da questa silenziosa protezione popolare, l'ha trasformata in legge di sangue sicchè oggi l'omertà è frutto principale della paura. Essa non distingue tra chi si ribella a un sopruso e chi agisce da criminale, copre tutti, il povero cristo e il malfattore. L'omertà è diventata cieca ed è al servizio di un'altra prepotenza.
Lo spirito di solidarietà è invece un sentimento che onora l'uomo. Non è una legge, come l'omertà, sorge di rado. Spunta di colpo tra persone che si trovano in difficoltà, comporta il sacrificio personale, non si nasconde dietro il mucchio formato da tutti gli altri. Nel vostro caso la solidarietà può essere quella di tutti per proteggere due, ma potrebbe anche essere quella di due che si fanno avanti per proteggere tutti gli altri. La solidarietà è opera preziosa di un'occasione, appena compiuto il suo dovere rompe le righe, lasciando in ognuno la coscienza tranquilla."
"Il Pannello" da In Alto A Sinistra, Erri De Luca
elogio dei piedi
erri de luca
Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato.
E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.
Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato.
E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.
"Notizie sull’acqua"
“Sta nella nuvola e nel pozzo,
nella neve e nella noce di cocco,
negli occhi e nel fiume,
nell’arcobaleno e nel lago,
nel ghiaccio e nel vapore della pentola sul fuoco,
nella bocca.
È la maggioranza della superficie.
È la maggioranza del corpo.
Una persona è acqua che cammina,
dall’acqua di placenta all’acqua del sudario.
In ebraico è plurale, màim, acque.
In francese è una vocale sola, eau, ô.
In greco e in tedesco è neutra.
In russo e nelle latine è femminile.
Dal fondo del pozzo avverte il terremoto.
Fa tremare il ramo scortecciato in mano al rabdomante.
La sua avventura chimica è prodigio,
ossigeno più idrogeno,ad accostarli, esplodono.
Spegne fuoco, anche quello dei vulcani.
Fa il pane, fa la pasta.
È nel bianco e nel rosso dell’uovo.
È nella sua buccia.
È nella carta e nel vino,
nelle ciliege e nelle comete.
Chi la spreca verrà assetato.
Chi sporca l’acqua verrà sporcato.
Secondo Geremia la voce di lod/Dio è chiasso di acque nei cieli.
Giusta sarà la sorpresa di chi ascolterà la prima domanda,
appena morto:«Quant’acqua hai versato?».
Ognuno di noi sarà pesato a gocce.”
Erri De Luca, “Notizie sull’acqua”, in Carta Almanacco – Le guerre dell’acqua, anno V n. 10, 2003.
nella neve e nella noce di cocco,
negli occhi e nel fiume,
nell’arcobaleno e nel lago,
nel ghiaccio e nel vapore della pentola sul fuoco,
nella bocca.
È la maggioranza della superficie.
È la maggioranza del corpo.
Una persona è acqua che cammina,
dall’acqua di placenta all’acqua del sudario.
In ebraico è plurale, màim, acque.
In francese è una vocale sola, eau, ô.
In greco e in tedesco è neutra.
In russo e nelle latine è femminile.
Dal fondo del pozzo avverte il terremoto.
Fa tremare il ramo scortecciato in mano al rabdomante.
La sua avventura chimica è prodigio,
ossigeno più idrogeno,ad accostarli, esplodono.
Spegne fuoco, anche quello dei vulcani.
Fa il pane, fa la pasta.
È nel bianco e nel rosso dell’uovo.
È nella sua buccia.
È nella carta e nel vino,
nelle ciliege e nelle comete.
Chi la spreca verrà assetato.
Chi sporca l’acqua verrà sporcato.
Secondo Geremia la voce di lod/Dio è chiasso di acque nei cieli.
Giusta sarà la sorpresa di chi ascolterà la prima domanda,
appena morto:«Quant’acqua hai versato?».
Ognuno di noi sarà pesato a gocce.”
Erri De Luca, “Notizie sull’acqua”, in Carta Almanacco – Le guerre dell’acqua, anno V n. 10, 2003.
Pavia, si gioca in strada Scoppia il BambinFestival
L'evento si aprirà giovedì 27 maggio e durerà quattro giorni. Diversi luoghi della città si animeranno per i numerosi incontri dedicati ai cittadini in miniatura
Si comincia giovedì nel tardo pomeriggio, alle 18, al Cinema Corallo/Ritz (via Bossolaro 15), con l’inaugurazione del festival e la presentazione in anteprima del film-documentario del regista Filippo Ticozzi «Mino Milani, scrittore d’avventura (un ritratto)», dedicato alla figura dello scrittore per ragazzi. Stesso luogo, alle 19.30, per «L’aperitivo a km 0».
Venerdì, dalle 9 alle 12, al Mercato Coperto, sarà la volta di un incontro aperto a tutti, tra amministratori locali, ragazzi, studenti e associazioni, mentre alle 11, alla libreria Il Delfino (piazza Vittoria), ci sarà tempo per la lettura di una fiaba tratta da «Lanterna degli gnomi» di Pinin Carpi.
Per il pomeriggio di venerdì, dalle 16 alle 18, alla Coop di via Campari si potranno scoprire i segreti della città partecipando a «ModidiVersi», ovvero un percorso alla scoperta degli angoli meno conosciuti di un quartiere, accompagnati da operatori durante le fasi di alcune attività ludiche dedicate al territorio pavese. Sempre venerdì, ma alle 17.30, in Biblioteca (via Volta 31), il laboratorio in scena, tra musica e teatro, dal titolo «Da qualche parte sotto l’arcobaleno: la città ideale tra sogno e realtà», dedicato alle idee dei bambini per rendere più bella la città. Il ricco cartellone di eventi proseguirà poi per tutto il fine settimana.
di C.M.
22 maggio 2010
Dal 27 al 30 maggio tante iniziative per far sentire protagonisti i piccoli
da Pavia DANIELA SCHERRER, Avvenire-20 maggio 2010
Una città a misura di bambino è una città più accogliente e fruibile anche per gli adulti. E Pavia ha deciso di testarsi come 'città dei bambini' attraverso quattro giorni in cui strade e piazze saranno tutte dedicate a loro. Con «BambInFestival» istituzioni ed enti promettono di porsi al servizio dei piccoli e dal 27 al 30 maggio scenderanno in campo per difendere l’infanzia e i suoi diritti, da tutelare e rispettare anche sotto il profilo dell’attenzione civica.Sono oltre quaranta le associazioni coinvolte che hanno fatto rete per mettere insieme tutte le loro numerose iniziative: si va dai laboratori didattici agli spettacoli teatrali e alle letture animate, fino all’osservazione delle stelle e addirittura alle merende equosolidali. In ogni angolo di Pavia i bambini avranno insomma modo di sentirsi diretti protagonisti, senza dimenticare che numerosi appuntamenti sono orientati all’intera famiglia e anche agli educatori.L’iniziativa, nata da un’idea dei volontari di 'A ruota libera' e immediatamente recepita dal Centro servizi volontariato di Pavia, Ains, La Piracanta e Unicef, ha ottenuto il sostegno economico della fondazione Banca del Monte di Lombardia e il patrocinio di Regione, Provincia, Comune e Touring club.«Il numero di iniziative messe in atto testimonia il valore della manifestazione. – ha sottolineato il sindaco Alessandro Cattaneo, presente ieri alla conferenza di presentazione – A noi dell’amministrazione spetta ora lo sforzo di lavorare nel quotidiano affinché questi quattro giorni di riflessione lascino un seguito fattivo per una Pavia sempre più a misura di bambino». Ne è convinta anche Pinuccia Balzamo, presidente del Csv di Pavia, secondo cui l’attenzione ai più piccoli deve essere a trecentosessanta gradi, partendo dall’aspetto della tutela e dell’istruzione fino alla questione urbanistica e dei lavori pubblici.
Una città a misura di bambino è una città più accogliente e fruibile anche per gli adulti. E Pavia ha deciso di testarsi come 'città dei bambini' attraverso quattro giorni in cui strade e piazze saranno tutte dedicate a loro. Con «BambInFestival» istituzioni ed enti promettono di porsi al servizio dei piccoli e dal 27 al 30 maggio scenderanno in campo per difendere l’infanzia e i suoi diritti, da tutelare e rispettare anche sotto il profilo dell’attenzione civica.Sono oltre quaranta le associazioni coinvolte che hanno fatto rete per mettere insieme tutte le loro numerose iniziative: si va dai laboratori didattici agli spettacoli teatrali e alle letture animate, fino all’osservazione delle stelle e addirittura alle merende equosolidali. In ogni angolo di Pavia i bambini avranno insomma modo di sentirsi diretti protagonisti, senza dimenticare che numerosi appuntamenti sono orientati all’intera famiglia e anche agli educatori.L’iniziativa, nata da un’idea dei volontari di 'A ruota libera' e immediatamente recepita dal Centro servizi volontariato di Pavia, Ains, La Piracanta e Unicef, ha ottenuto il sostegno economico della fondazione Banca del Monte di Lombardia e il patrocinio di Regione, Provincia, Comune e Touring club.«Il numero di iniziative messe in atto testimonia il valore della manifestazione. – ha sottolineato il sindaco Alessandro Cattaneo, presente ieri alla conferenza di presentazione – A noi dell’amministrazione spetta ora lo sforzo di lavorare nel quotidiano affinché questi quattro giorni di riflessione lascino un seguito fattivo per una Pavia sempre più a misura di bambino». Ne è convinta anche Pinuccia Balzamo, presidente del Csv di Pavia, secondo cui l’attenzione ai più piccoli deve essere a trecentosessanta gradi, partendo dall’aspetto della tutela e dell’istruzione fino alla questione urbanistica e dei lavori pubblici.
20 maggio 2010
«Grazie, bimbi-lettori: ci avete fatto vincere»
Alla libreria Il Delfino il premio Andersen che nel 1993 era andato a Milani
Andrea Grisi e Guido Affini: «Occasioni di crescita dall’incontro con le pagine dei libri»
PAVIA. Dopo quasi vent’anni il premio Andersen torna a Pavia: se lo sono aggiudicato Andrea Grisi e Guido Affini della libreria Il Delfino di piazza della Vittoria. Sabato lo ritireranno al museo Luzzati di Genova. La giuria del prestigioso premio, l’unico esistente per l’attività di promozione della lettura, in mezzo a tanti per scrittori e lettori ha scelto la libreria pavese. La motivazione? Eccola: «Per il lavoro che da anni fa sul territorio con i bambini e i ragazzi, credendo profondamente che educandoli al piacere alla lettura diventeranno grandi lettori. Per essere una libreria generalista che diventa libreria specializzata facendo dell’affermazione “Bisogna partire dai bambini”, non uno slogan ma una buona pratica”». L’ultimo pavese a ricevere il premio Andersen era stato Mino Milani nel 1993. «E’ l’unico premio per la promozione del libro e della lettura - spiega Guido Affini -. Un settore importante per mantenere l’amore per la lettura nel tempo». «Siamo felici e stupiti - commenta Andrea Grisi -. E’ il riconoscimento delle attività che negli anni Guido ha portato avanti senza sosta nelle scuole, nelle biblioteche, in libreria, con maestri, bibliotecari e bambini. E arriva in un momento di svolta per la libreria. La Delfino - continua - ha da sempre creduto nella lettura come divertimento e relazione. Dall’incontro con i libri e i lettori nascono sempre occasioni di crescita». La forza della Delfino è stata di saper aggregare tante persone: dal collegio Nuovo al Ghislieri, passando per Adov, Csv e A ruota libera: «Tante persone ci hanno aiutato a tenere in piedi quello che è stato fatto, per passione - aggiunge Grisi -: Elisa Califano, Andrea Valente, Giorgio Scianna, Francesco Mastandrea, una rete di relazioni intessute a Pavia e su tutto il territorio nazionale». «La lettura è un’attività chiave - rivela Affini - perché c’è sempre più bisogno delle competenze che attiva: riconoscimento, capacità di orientarsi e differenziare, di saper leggere il mondo. Ma spesso ci si accontenta di fruire delle storie senza diventare parte attiva: di qui il bisogno di educare alla lettura». Intanto dal salone del libro di Torino emerge un dato sconfortante: sei adulti su 10 non leggono nemmeno un libro l’anno.
(anna ghezezzi-la provincia pavese,20 maggio 2010)
Andrea Grisi e Guido Affini: «Occasioni di crescita dall’incontro con le pagine dei libri»
PAVIA. Dopo quasi vent’anni il premio Andersen torna a Pavia: se lo sono aggiudicato Andrea Grisi e Guido Affini della libreria Il Delfino di piazza della Vittoria. Sabato lo ritireranno al museo Luzzati di Genova. La giuria del prestigioso premio, l’unico esistente per l’attività di promozione della lettura, in mezzo a tanti per scrittori e lettori ha scelto la libreria pavese. La motivazione? Eccola: «Per il lavoro che da anni fa sul territorio con i bambini e i ragazzi, credendo profondamente che educandoli al piacere alla lettura diventeranno grandi lettori. Per essere una libreria generalista che diventa libreria specializzata facendo dell’affermazione “Bisogna partire dai bambini”, non uno slogan ma una buona pratica”». L’ultimo pavese a ricevere il premio Andersen era stato Mino Milani nel 1993. «E’ l’unico premio per la promozione del libro e della lettura - spiega Guido Affini -. Un settore importante per mantenere l’amore per la lettura nel tempo». «Siamo felici e stupiti - commenta Andrea Grisi -. E’ il riconoscimento delle attività che negli anni Guido ha portato avanti senza sosta nelle scuole, nelle biblioteche, in libreria, con maestri, bibliotecari e bambini. E arriva in un momento di svolta per la libreria. La Delfino - continua - ha da sempre creduto nella lettura come divertimento e relazione. Dall’incontro con i libri e i lettori nascono sempre occasioni di crescita». La forza della Delfino è stata di saper aggregare tante persone: dal collegio Nuovo al Ghislieri, passando per Adov, Csv e A ruota libera: «Tante persone ci hanno aiutato a tenere in piedi quello che è stato fatto, per passione - aggiunge Grisi -: Elisa Califano, Andrea Valente, Giorgio Scianna, Francesco Mastandrea, una rete di relazioni intessute a Pavia e su tutto il territorio nazionale». «La lettura è un’attività chiave - rivela Affini - perché c’è sempre più bisogno delle competenze che attiva: riconoscimento, capacità di orientarsi e differenziare, di saper leggere il mondo. Ma spesso ci si accontenta di fruire delle storie senza diventare parte attiva: di qui il bisogno di educare alla lettura». Intanto dal salone del libro di Torino emerge un dato sconfortante: sei adulti su 10 non leggono nemmeno un libro l’anno.
(anna ghezezzi-la provincia pavese,20 maggio 2010)
Un festival ricorda i diritti dei bambini con spettacoli e film
PAVIA. Prenderà il via giovedì 27 maggio la prima edizione di “BambinFestival-Diritti in città”, il festival dedicato ai bambini organizzato dal Centro Servizi di Volontariato (CSV) con la collaborazione e il sostegno numerose associazioni pavesi e non. Si svilupperà in quattro giorni di iniziative dedicate sia ai bambini che agli adulti e terminerà domenica 30 maggio. «Uno dei punti di forza di questo festival - ha spiegato Alice Moggi del Centro Servizi di Volontariato - oltre al coinvolgimento delle associazioni è dato dalla qualità delle iniziative organizzate. Il festival nasce per celebrare la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia approvata dall’Onu nel 1989 (e ratificata dallo stato italiano il 27 maggio 1991) che afferma che tutti i ragazzi/bambini del mondo hanno il diritto di avere diritti, nessuno escluso». Il tutto per creare, ha ribadito alla conferenza stampa di presentazione il sindaco Alessandro Cattaneo, «una città a misura di bambino e di conseguenza a misura di tutti». Nel corso del festival i bambini potranno infatti approfondire la conoscenza dei propri diritti attraverso attività di cui saranno i diretti protagonisti; per gli adulti sono invece stati organizzati previsti momenti di dibattito e di riflessione. Ricchissimo il programma delle iniziative che si svilupperanno nei quattro giorni del festival: cui saranno laboratori, proiezioni cinematografiche, letture animate, aperitivi e molto altro. Tra gli appuntamenti più curiosi ricordiamo giovedì 27 maggio la presentazione in anteprima del film documentario di Filippo Ticozzi “Mino Milani, scrittore d’avventura (un ritratto)” (ore 18.30, cinema Corallo); venerdì 28 maggio dalle ore 9 alle 12, presso il mercato coperto di Piazza Vittoria, ci sarà uno spazio creativo ed educativo per adolescenti e giovani; sabato 29 maggio (ore 18.30, cinema Corallo) verrà invece proiettato il film “Arimo” di Mirko Locatelli; domenica 30 maggio (ore 10, cinema Corallo) sarà la volta del film d’animazione “La profezia delle ranocchie” di Jacque Remy Girerd. Ancora: venerdì 28 maggio alle 21 appuntamento con il laboratorio di narrazione e osservazione della volta celeste con i telescopi al Bosco Grande; domenica 30, fra i vari appntamenti, troverà spazio anche “Pompieropoli”: ai bambini partecipanti verrà rilasciato l’attestato di “Pompiere per un giorno”. E al Teatro Volta andrà in scena “Hai mai visto un’Alice” del gruppo Isv. Il programma completo sul sito: www.bambinfestival.org
michela cantarella,la provincia pavese-20 maggio 2010
michela cantarella,la provincia pavese-20 maggio 2010
Il regalo più bello? Un biglietto per Madrid
Angelo premiato come migliore studente della scuola in ospedale
Una famiglia pavese ha finanziato il sogno interista del sedicenne Ieri festa a sorpresa in pediatria
PAVIA. Angelo è un ragazzone timido. Ma i suoi occhi si illuminano appena si parla di Inter. E per strappargli un sorriso, in tutti i lunghi mesi della chemioterapia, le infermiere e i medici del reparto di Oncoematologia pediatrica del San Matteo discutevano con lui di Mourinho, del campionato e della Champion’s League. Madrid, un miraggio. «Devo guarire, mi diceva, perché se l’Inter arriva in finale io voglio esserci» racconta commossa la mamma Lilian Rosanna, una signora brasiliana che una trentina di anni fa si è trasferita a Linarolo, paese del marito. Ma Angelo, 16 anni, non è solo un paziente. E’ stato anche uno studente della scuola superiore in ospedale. Un ottimo studente. «Puntuale, preciso, sempre attento e molto studioso» racconta Annamaria Mariani, responsabile della scuola. «Per tutto il primo quadrimestre, mentre frequentava il day hospital, è stato iscritto da noi al San Matteo. Si sarebbe potuto presentare una volta a settimana, ma lui ligio al dovere si faceva portare a scuola, qui in ospedale, ogni mattina - continua la professoressa Mariani -. Noi ogni anno diamo una borsa di studio all’allievo più meritevole. E quest’anno avevamo già pensato a lui. Ma quando abbiamo prospettatato la cosa alla mamma lei ci ha ricordato che Angelo cullava da sempre un sogno: vedere l’Inter in trasferta. E allora abbiamo pensato di finanziargli noi il viaggio a Madrid». Ieri Alessandra, che è stata la sua insegnante di Diritto per il primo quadrimestre trascorso in ospedale, gli ha consegnato la busta con i soldi per pagarsi il viaggio e il biglietto della finale. Il pacchetto è già pronto, messo a disposizione dall’Inter club di Stradella. E’ la famiglia di Alessandra, che vuole mantenere l’anonimato, la generosa finanziatrice del sogno di Angelo. E per consegnarli il regalo, ieri mattina, tutte le insegnanti della scuola in ospedale hanno organizzato un piccolo siparietto neroazzurro: hanno ritagliato e incollato su un cartellone i titoli dei giornali, le fotografie della squadra e appeso una sciarpa alla porta della sala d’attesa dell’Oncoematologia. Una festa a sorpresa, alla quale ha preso parte anche il primario Marco Zecca, e alcuni giovani pazienti che con Angelo condividono la passione nerazzurra. «Sabato sveglia alle tre - dice la mamma - e partenza al’alba per Madrid. Non vede l’ora, è felicissimo». Per un giorno salterà la scuola, assente giustificato, all’itis Cardano dove frequenta il secondo anno del liceo tecnologico e dove è rientrato nel secondo quadrimestre. «Per un giorno mi scuseranno - dice emozionato -. Quella mattina so già cosa indosserò: la maglia dell’Inter di Eto’o».
maria grazia piccaluga, la provincia pavese-20 maggio 2010
Una famiglia pavese ha finanziato il sogno interista del sedicenne Ieri festa a sorpresa in pediatria
PAVIA. Angelo è un ragazzone timido. Ma i suoi occhi si illuminano appena si parla di Inter. E per strappargli un sorriso, in tutti i lunghi mesi della chemioterapia, le infermiere e i medici del reparto di Oncoematologia pediatrica del San Matteo discutevano con lui di Mourinho, del campionato e della Champion’s League. Madrid, un miraggio. «Devo guarire, mi diceva, perché se l’Inter arriva in finale io voglio esserci» racconta commossa la mamma Lilian Rosanna, una signora brasiliana che una trentina di anni fa si è trasferita a Linarolo, paese del marito. Ma Angelo, 16 anni, non è solo un paziente. E’ stato anche uno studente della scuola superiore in ospedale. Un ottimo studente. «Puntuale, preciso, sempre attento e molto studioso» racconta Annamaria Mariani, responsabile della scuola. «Per tutto il primo quadrimestre, mentre frequentava il day hospital, è stato iscritto da noi al San Matteo. Si sarebbe potuto presentare una volta a settimana, ma lui ligio al dovere si faceva portare a scuola, qui in ospedale, ogni mattina - continua la professoressa Mariani -. Noi ogni anno diamo una borsa di studio all’allievo più meritevole. E quest’anno avevamo già pensato a lui. Ma quando abbiamo prospettatato la cosa alla mamma lei ci ha ricordato che Angelo cullava da sempre un sogno: vedere l’Inter in trasferta. E allora abbiamo pensato di finanziargli noi il viaggio a Madrid». Ieri Alessandra, che è stata la sua insegnante di Diritto per il primo quadrimestre trascorso in ospedale, gli ha consegnato la busta con i soldi per pagarsi il viaggio e il biglietto della finale. Il pacchetto è già pronto, messo a disposizione dall’Inter club di Stradella. E’ la famiglia di Alessandra, che vuole mantenere l’anonimato, la generosa finanziatrice del sogno di Angelo. E per consegnarli il regalo, ieri mattina, tutte le insegnanti della scuola in ospedale hanno organizzato un piccolo siparietto neroazzurro: hanno ritagliato e incollato su un cartellone i titoli dei giornali, le fotografie della squadra e appeso una sciarpa alla porta della sala d’attesa dell’Oncoematologia. Una festa a sorpresa, alla quale ha preso parte anche il primario Marco Zecca, e alcuni giovani pazienti che con Angelo condividono la passione nerazzurra. «Sabato sveglia alle tre - dice la mamma - e partenza al’alba per Madrid. Non vede l’ora, è felicissimo». Per un giorno salterà la scuola, assente giustificato, all’itis Cardano dove frequenta il secondo anno del liceo tecnologico e dove è rientrato nel secondo quadrimestre. «Per un giorno mi scuseranno - dice emozionato -. Quella mattina so già cosa indosserò: la maglia dell’Inter di Eto’o».
maria grazia piccaluga, la provincia pavese-20 maggio 2010
19 maggio 2010
Un anno di eventi per i 25 anni
Da domenica le iniziative per celebrare l’impegno delle associazioni
PAVIA. Un anno di iniziative per celebrare i 25 anni di vita della Consulta del volontariato. «Più che celebrare, vogliamo partire da un traguardo importante come il quarto di secolo di vita per andare più convinti che mai verso l’obiettivo di una collaborazione sempre più forte tra le molte anime del volontariato», spiega la presidente della consulta Anna Castoldi. 91 associazioni iscritte, più di mille volontari al lavoro giorno dopo giorno: sono i numeri della Consulta che, ieri mattina, a palazzo Mezzabarba ha presentato il ciclo di iniziative patrocinato dal Comune (rappresentato dal sindaco Alessandro Cattaneo) e dalla Provincia (con il presidente Vittorio Poma). Il primo appuntamento, domenica prossima, è con la «Festa dei popoli» in piazza del Carmine in collaborazione con la diocesi, la Caritas e l’associazione Migrantes. Il ritrovo è fissato per le 15 in piazza del Carmine dove, alle 16, inizierà la festa con musiche e balli etnici e giochi per i bambini. Alle 18 il vescono Giovanni Giudici presiederà la messa accompagnata dal coro Bisso. Dalle 19.30, degustazione di piatti etnici. Non è casuale che la prima delle iniziative per i 25 anni di vita della Consulta del volontariato sia una festa dei popoli: «Nella consulta si annullano le diversità, i colori scompaiono sostituiti dal bianco che contemporaneamente rappresenta tutti i colori ma ne è anche l’assenza». Nell’anno dedicato all’esclusione sociale, il secondo appuntamento (il 10 gugno alla Casa del Giovane) è con la presentazione dell’ultimo libro di Vincenzo Andraous, passato dall’esperienza di detenuto nelle carceri più dure a quella del volontariato. Seguiranno un covegno sul microcredito e appuntamenti con il pianeta della salute e con il mondo dei bambini.
(la provincia pavese, 19 maggio 2010)
17 maggio 2010
Cambiare testa per cambiare il mondo
di Anna Pozzi
Come promuovere una mentalità diversa per cambiare la vita delle persone e il nostro modello di sviluppo? Il lavoro delle diocesi e gli stimoli che vengono dall’enciclica
«Ho letto con piacere e interesse il richiamo esplicito ai nuovi stili di vita contenuto nella Caritas in veritate. Un richiamo ampio e articolato, in cui si usa proprio questa espressione: "È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita". Significa che il lavoro e l'impegno che stiamo portando avanti alla base trovano ora un riscontro "alto" anche nell'enciclica del Papa». A parlare è padre Adriano Sella, missionario saveriano, per molti anni in Brasile, attualmente responsabile della Rete interdiocesana sui nuovi stili di vita. Una Rete nata nel 2002 con l'adesione di cinque diocesi che, nel frattempo, sono diventate ben ventiquattro. «L'interesse delle diocesi per queste problematiche - commenta padre Adriano - è un segno importante di un cambiamento di sensibilità e di mentalità, frutto anche di un cammino che continua ormai da diversi anni». Alcune diocesi hanno già creato uffici specifici, altre sono meno strutturate. Nella diocesi di Padova, ad esempio, questo anno pastorale sarà dedicato proprio al tema del bene comune e dei nuovi stili di vita, con approfondimenti biblici e del magistero della Chiesa. «Utilizzeremo anche il paragrafo dell'enciclica che parla dei nuovi stili di vita - precisa padre Adriano -, in modo da farlo conoscere e apprezzare alla gente. Il lavoro pastorale è molto importante, ma faticoso; richiede formazione, sensiblizzazione... L'enciclica potrebbe contribuire a diffondere questa sensibilità, ma dovrebbe essere tradotta in documenti più "popolari" e in linguaggi pastorali alla portata di tutti. Questo darebbe maggiore forza anche al lavoro che stiamo facendo».Padre Adriano è colpito dal fatto che la Caritas in veritate entri nel merito delle diverse tematiche legate ai nuovi stili di vita, le stesse che la Rete interdiocesana sta portando avanti da alcuni anni, come la promozione di un nuovo rapporto con le persone, le cose, la natura e la mondialità. Atteggiamenti che si traducono anche in un diverso modo di recuperare il senso della vita, di costruire rapporti interpersonali rispettosi, di acquistare e consumare in modo critico e di inserirsi in maniera responsabile nelle dinamiche globali. «In queste tematiche - continua padre Adriano - rientra anche il discorso del turismo responsabile, come momento di conoscenza, interscambio e attenzione verso popoli e la natura, ma anche la questione ancora più cruciale della finanza etica e del commercio equo e solidale, anche se l'enciclica non usa esplicitamente questi termini. Il riferimento, tuttavia, è molto chiaro e importante. Significa un'attenzione ai problemi globali in termini di responsabilità e solidarietà, di apertura e giustizia sociale».In questo senso vanno anche i riferimenti espliciti che l'enciclica fa allo sfruttamento delle materie prime. «L'accaparramento delle risorse - vi si legge -, specialmente dell'acqua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte. Un pacifico accordo sull'uso delle risorse può salvaguardare la natura e, contemporaneamente, il benessere delle società interessate» (n. 51).«Il tema dei nuovi stili di vita nella Caritas in veritate - precisa padre Adriano - parte dalla preoccupazione per le tematiche ambientali. Questo è importante, ma non deve essere inteso in maniera univoca e vincolante. L'attenzione per l'ambiente e la responsabilità che la Chiesa ha rispetto al creato sono fondamentali, ma il discorso sui nuovi stili di vita non può partire solo da lì. Noi cerchiamo di allargare il discorso alle molte situazioni che la gente vive nel quotidiano, cercando di recuperare il primato dell'individuo, sia rispetto all'economia - che deve essere al servizio della persona umana e dei popoli e non viceversa - sia rispetto alle relazioni umane, in un'epoca in cui la povertà relazionale è drammatica e fa davvero paura. La nostra società insegue le logiche dell'accumulo e ha dimenticato la dimensione del dono. Si tratta di una dimensione fondamentale - sottolineata anche nell'enciclica -, che ci ricorda che tutto ciò che abbiamo viene dal creatore e noi ne siamo semplici amministratori. Per questo dobbiamo passare da una logica del possesso, a quella, appunto, del dono, inteso non solo come qualcosa che riceviamo, ma anche come possibilità di donare». Un altro punto fondamentale che padre Sella porta avanti come priorità nel lavoro di formazione e sensibilizzazione della Rete interdiocesana è quello dei cambiamenti non solo personali, ma anche strutturali. Cambiamenti, cioè che interpellano, le persone non solo nelle scelte di vita quotidiana, ma anche per ciò che riguarda la sfera politica ed economica. «Benedetto XVI - ricorda padre Sella - si era interrogato, lo scorso primo gennaio, in occasione della Giornata mondiale della pace, sulla necessità di fare una profonda revisione di questo sistema di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante. Nell'enciclica Caritas in veritate non c'è la stessa forza di analisi delle cause strutturali di questo sistema. È un aspetto, questo, che a mio avviso richiedeva un'enfasi maggiore. A parte questo, però, l'enciclica è ricca di spunti molto interessanti, che meriterebbero di essere maggiormente condivisi con la gente»
Ipse dixit
I nuovi stili di vita stanno diventando sempre più gli strumenti che la gente comune ha nelle proprie mani per poter cambiare la vita quotidiana e anche per poter influire sui cambiamenti strutturali che devono accadere mediante le scelte dei responsabili della realtà politica e socio-economica.I nuovi stili di vita vogliono far emergere il potenziale che ha la gente comune di poter cambiare la vita feriale mediante azioni e scelte quotidiane che rendono possibili cambiamenti, partendo a un livello personale per passare necessariamente a quello comunitario fino a raggiungere i vertici del sistema socio-economico e politico verso mutazioni strutturali globali.
www.nuovistilidivitapadova.wordpress.com/rete/
Come promuovere una mentalità diversa per cambiare la vita delle persone e il nostro modello di sviluppo? Il lavoro delle diocesi e gli stimoli che vengono dall’enciclica
«Ho letto con piacere e interesse il richiamo esplicito ai nuovi stili di vita contenuto nella Caritas in veritate. Un richiamo ampio e articolato, in cui si usa proprio questa espressione: "È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita". Significa che il lavoro e l'impegno che stiamo portando avanti alla base trovano ora un riscontro "alto" anche nell'enciclica del Papa». A parlare è padre Adriano Sella, missionario saveriano, per molti anni in Brasile, attualmente responsabile della Rete interdiocesana sui nuovi stili di vita. Una Rete nata nel 2002 con l'adesione di cinque diocesi che, nel frattempo, sono diventate ben ventiquattro. «L'interesse delle diocesi per queste problematiche - commenta padre Adriano - è un segno importante di un cambiamento di sensibilità e di mentalità, frutto anche di un cammino che continua ormai da diversi anni». Alcune diocesi hanno già creato uffici specifici, altre sono meno strutturate. Nella diocesi di Padova, ad esempio, questo anno pastorale sarà dedicato proprio al tema del bene comune e dei nuovi stili di vita, con approfondimenti biblici e del magistero della Chiesa. «Utilizzeremo anche il paragrafo dell'enciclica che parla dei nuovi stili di vita - precisa padre Adriano -, in modo da farlo conoscere e apprezzare alla gente. Il lavoro pastorale è molto importante, ma faticoso; richiede formazione, sensiblizzazione... L'enciclica potrebbe contribuire a diffondere questa sensibilità, ma dovrebbe essere tradotta in documenti più "popolari" e in linguaggi pastorali alla portata di tutti. Questo darebbe maggiore forza anche al lavoro che stiamo facendo».Padre Adriano è colpito dal fatto che la Caritas in veritate entri nel merito delle diverse tematiche legate ai nuovi stili di vita, le stesse che la Rete interdiocesana sta portando avanti da alcuni anni, come la promozione di un nuovo rapporto con le persone, le cose, la natura e la mondialità. Atteggiamenti che si traducono anche in un diverso modo di recuperare il senso della vita, di costruire rapporti interpersonali rispettosi, di acquistare e consumare in modo critico e di inserirsi in maniera responsabile nelle dinamiche globali. «In queste tematiche - continua padre Adriano - rientra anche il discorso del turismo responsabile, come momento di conoscenza, interscambio e attenzione verso popoli e la natura, ma anche la questione ancora più cruciale della finanza etica e del commercio equo e solidale, anche se l'enciclica non usa esplicitamente questi termini. Il riferimento, tuttavia, è molto chiaro e importante. Significa un'attenzione ai problemi globali in termini di responsabilità e solidarietà, di apertura e giustizia sociale».In questo senso vanno anche i riferimenti espliciti che l'enciclica fa allo sfruttamento delle materie prime. «L'accaparramento delle risorse - vi si legge -, specialmente dell'acqua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte. Un pacifico accordo sull'uso delle risorse può salvaguardare la natura e, contemporaneamente, il benessere delle società interessate» (n. 51).«Il tema dei nuovi stili di vita nella Caritas in veritate - precisa padre Adriano - parte dalla preoccupazione per le tematiche ambientali. Questo è importante, ma non deve essere inteso in maniera univoca e vincolante. L'attenzione per l'ambiente e la responsabilità che la Chiesa ha rispetto al creato sono fondamentali, ma il discorso sui nuovi stili di vita non può partire solo da lì. Noi cerchiamo di allargare il discorso alle molte situazioni che la gente vive nel quotidiano, cercando di recuperare il primato dell'individuo, sia rispetto all'economia - che deve essere al servizio della persona umana e dei popoli e non viceversa - sia rispetto alle relazioni umane, in un'epoca in cui la povertà relazionale è drammatica e fa davvero paura. La nostra società insegue le logiche dell'accumulo e ha dimenticato la dimensione del dono. Si tratta di una dimensione fondamentale - sottolineata anche nell'enciclica -, che ci ricorda che tutto ciò che abbiamo viene dal creatore e noi ne siamo semplici amministratori. Per questo dobbiamo passare da una logica del possesso, a quella, appunto, del dono, inteso non solo come qualcosa che riceviamo, ma anche come possibilità di donare». Un altro punto fondamentale che padre Sella porta avanti come priorità nel lavoro di formazione e sensibilizzazione della Rete interdiocesana è quello dei cambiamenti non solo personali, ma anche strutturali. Cambiamenti, cioè che interpellano, le persone non solo nelle scelte di vita quotidiana, ma anche per ciò che riguarda la sfera politica ed economica. «Benedetto XVI - ricorda padre Sella - si era interrogato, lo scorso primo gennaio, in occasione della Giornata mondiale della pace, sulla necessità di fare una profonda revisione di questo sistema di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante. Nell'enciclica Caritas in veritate non c'è la stessa forza di analisi delle cause strutturali di questo sistema. È un aspetto, questo, che a mio avviso richiedeva un'enfasi maggiore. A parte questo, però, l'enciclica è ricca di spunti molto interessanti, che meriterebbero di essere maggiormente condivisi con la gente»
Ipse dixit
I nuovi stili di vita stanno diventando sempre più gli strumenti che la gente comune ha nelle proprie mani per poter cambiare la vita quotidiana e anche per poter influire sui cambiamenti strutturali che devono accadere mediante le scelte dei responsabili della realtà politica e socio-economica.I nuovi stili di vita vogliono far emergere il potenziale che ha la gente comune di poter cambiare la vita feriale mediante azioni e scelte quotidiane che rendono possibili cambiamenti, partendo a un livello personale per passare necessariamente a quello comunitario fino a raggiungere i vertici del sistema socio-economico e politico verso mutazioni strutturali globali.
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Nobili: «Edilizia e scavi, la mafia è anche qui»
Aula gremita di studenti all’incontro con don Ciotti e i magistrati per il progetto Arci
PAVIA. «La legalità è il rispetto e la pratica delle leggi, la saldatura tra responsabilità e giustizia: non è quindi l’obiettivo, ma lo strumento per raggiungere la giustizia»: questo il messaggio di protagonismo e responsabilità che don Luigi Ciotti, ieri mattina, ha voluto lanciare a un’aula del Quattrocento traboccante di studenti delle scuole superiori di Pavia. «Noi siamo il cambiamento» ha tuonato dal microfono, spiegando perché è così importante il ruolo della società civile organizzata nel contrasto alla mafia, che ognuno deve portare il proprio contributo e informarsi in prima persona, senza limitarsi all’informazione di seconda mano. Nessun posto vuoto, ragazzi di Apolf, Bordoni, Cardano, Cairoli, Copernico, Cossa, Ipsia, Foscolo, Taramelli e Volta anche in piedi in silenzio ad ascoltare gli interventi conclusivi del progetto “Le regole della libertà” promosso dall’Arci insieme ad associazioni e sindacati. Consapevoli che, come ha ricordato il procuratore antimafia Alberto Nobili «Nell’Italia del G8 c’è la presenza minacciosa e intimidatrice delle mafie che hanno fatto saltare in aria con il tritolo chi faceva il suo dovere e si sostituiscono allo Stato». Nobili ha sfatato il mito della mafia come fenomeno meridionale: «Edilizia, scavi, movimento terre, la mafia ha un fatturato stimato oltre i 170 miliardi, l’80% derivanti dal traffico di droga, il resto da attività apparentemente lecite». E ha rilanciato la sfida: «Il contrasto alla mafia in questo paese “distratto” non può essere fatto solo dalle istituzioni, è un problema di tutti: per questo non deve passare il messaggio che chi paga le tasse, chiede la fattura e lo scontrino al ristorante sia il più stupido». Perché, ha rilanciato il professor Vittorio Grevi, «se diminuisce la percezione dell’illegalità, cresce l’area dell’illecito». Jole Garuti, responsabile di Libera Lombardia, ha girato tutti gli istituti: «E’ incredibile che tutte le scuole della città abbiano voluto parlare di mafia, imparando che dove c’è mafia non può esistere libertà». Il sindaco Alessandro Cattaneo ha ringraziato gli organizzatori: «Sono stati usati tutti i modi della comunicazione per creare una cultura di legalità nelle scuole coinvolgendo giovani, commercianti, ex detenuti, musicisti e docenti per parlare di convivenza civile» Tutti i lavori realizzati dai ragazzi saranno raccolti in un libro più dvd e due registi pavesi realizzeranno un film sulla vita sotto assedio di un imprenditore di Lamezia Terme.
(a.gh. la provincia pavese, 16 maggio 2010)
San Martino, prodotti solidali in vendita
Con lo slogan «Ogni acquisto è una semina per il futuro» domenica 16 maggio, dalle 8 alle 12 davanti alla chiesa di San Martino Siccomario c'è stato il primo banco all’aperto di prodotti alimentari biologici e del commercio equo e solidale. I prodotti esposti, venduti dai volontari di Ains, provengono dalla cooperativa sociale Arké, e dalle botteghe del mondo di piazza Duomo a Pavia Ad gentes e corso Garibaldi Cafe (Costruiamo adesso un futuro equo).
Caro-poste, associazioni in crisi
Le nuove tariffe faranno lievitare i costi di dieci volte
Il Centro servizi volontariato: «Danneggiate moltissime Onlus»
PAVIA. Associazioni in ginocchio a causa dei rincari delle tariffe postali per le Onlus decretati all’inizio di aprile. «Noi con 38 euro riuscivamo a spedire 250 giornalini - spiega Anna Passiatore, dell’associazione parkinsoniani -. Ora ci costa quasi 300 euro, 1.200 l’anno». Un peso per una onlus. «Non possiamo siamo togliere un servizio così indispensabile per i soci». «Dall’altra parte dovremo dirottare i fondi dedicati a progetti, musicoterapia, ginnastica dolce, cose utili per i malati di parkinson». «In un periodo di dichiarazioni dei redditi sono state danneggiate potenzialmente tutte le associazioni che raccolgono il 5 per mille», dichiara Alice Moggi, responsabile progettazione del Centro servizi volontariato della provincia di Pavia. Con il decreto, approvato il 30 marzo e pubblicato il 1 aprile a tempo di record sulla gazzetta ufficiale, sono state tolte infatti le agevolazioni postali alle onlus: quintuplicati i costi della corrispondenza. E se prima spedire una lettera costava 0,05 euro, ora ne costa 0,28. «Anche noi come Csv siamo stati toccati direttamente: l’incremento dei costi di spedizione complica la comunicazione con le associazioni: stiamo cercando di diminuire al massimo le comunicazioni cartacee, sostituendole, dove possibile, con le email. Ma non tutte le associazioni sono attrezzate». Come non sono attrezzati tutti i sostenitori, perché il divario digitale in Italia è ancora grande. «L’associazione Italia Uganda Onlus ogni anno spedisce più di un milione di lettere e giornalini con i quali teniamo informati i nostri sostenitori di quello che facciamo e chiediamo il loro aiuto per i progetti in corso - spiega il presidente Fabio Salvatore -. I nostri sostenitori usano poco internet, la maggior parte sono persone di una certa età, e quindi per comunicare con loro la posta ci è indispensabile». Questo significa dirittare fondi dai progetti: «Solo per le nostre spedizioni prevediamo un aumento dei costi di 200 mila euro l’anno - conferma Salvatore - che purtroppo saremo costretti a togliere dai fondi che raccogliamo perché le donazioni raccolte a scopo gestionale non basteranno più. Naturalmente questo vuol dire meno bambini a scuola». Il decreto postale fa seguito al taglio dei fondi della cooperazione, e la situazione è ancora incerta: in Parlamento si discute una possibile soluzione. «In un periodo di crisi tagliare gli aiuti è controproducente perché impedisce di intervenire nelle situazioni di bisogno - conclude Salvatore -. E l’incertezza normativa, insieme al fatto che il decreto sia arrivato ad anno già iniziato, ci impedisce di fare una corretta pianificazione dei costi».
(anna ghezzi-la provincia pavese, 17 maggio 2010)
Il Centro servizi volontariato: «Danneggiate moltissime Onlus»
PAVIA. Associazioni in ginocchio a causa dei rincari delle tariffe postali per le Onlus decretati all’inizio di aprile. «Noi con 38 euro riuscivamo a spedire 250 giornalini - spiega Anna Passiatore, dell’associazione parkinsoniani -. Ora ci costa quasi 300 euro, 1.200 l’anno». Un peso per una onlus. «Non possiamo siamo togliere un servizio così indispensabile per i soci». «Dall’altra parte dovremo dirottare i fondi dedicati a progetti, musicoterapia, ginnastica dolce, cose utili per i malati di parkinson». «In un periodo di dichiarazioni dei redditi sono state danneggiate potenzialmente tutte le associazioni che raccolgono il 5 per mille», dichiara Alice Moggi, responsabile progettazione del Centro servizi volontariato della provincia di Pavia. Con il decreto, approvato il 30 marzo e pubblicato il 1 aprile a tempo di record sulla gazzetta ufficiale, sono state tolte infatti le agevolazioni postali alle onlus: quintuplicati i costi della corrispondenza. E se prima spedire una lettera costava 0,05 euro, ora ne costa 0,28. «Anche noi come Csv siamo stati toccati direttamente: l’incremento dei costi di spedizione complica la comunicazione con le associazioni: stiamo cercando di diminuire al massimo le comunicazioni cartacee, sostituendole, dove possibile, con le email. Ma non tutte le associazioni sono attrezzate». Come non sono attrezzati tutti i sostenitori, perché il divario digitale in Italia è ancora grande. «L’associazione Italia Uganda Onlus ogni anno spedisce più di un milione di lettere e giornalini con i quali teniamo informati i nostri sostenitori di quello che facciamo e chiediamo il loro aiuto per i progetti in corso - spiega il presidente Fabio Salvatore -. I nostri sostenitori usano poco internet, la maggior parte sono persone di una certa età, e quindi per comunicare con loro la posta ci è indispensabile». Questo significa dirittare fondi dai progetti: «Solo per le nostre spedizioni prevediamo un aumento dei costi di 200 mila euro l’anno - conferma Salvatore - che purtroppo saremo costretti a togliere dai fondi che raccogliamo perché le donazioni raccolte a scopo gestionale non basteranno più. Naturalmente questo vuol dire meno bambini a scuola». Il decreto postale fa seguito al taglio dei fondi della cooperazione, e la situazione è ancora incerta: in Parlamento si discute una possibile soluzione. «In un periodo di crisi tagliare gli aiuti è controproducente perché impedisce di intervenire nelle situazioni di bisogno - conclude Salvatore -. E l’incertezza normativa, insieme al fatto che il decreto sia arrivato ad anno già iniziato, ci impedisce di fare una corretta pianificazione dei costi».
(anna ghezzi-la provincia pavese, 17 maggio 2010)
Francesco, infermiere ad Haiti per Medici Senza Frontiere
intervista di Daniela Scherrer
Francesco Di Donna ha trentadue anni, di professione è infermiere e ha scelto di esercitarla nei Paesi dove c’è bisogno di tutto, dai generi di prima necessità agli ospedali, al materiale sanitario, al personale qualificato. Francesco ha infatti lasciato ilsuo lavoro nelle strutture pubbliche e private delle nostre zone, perché era diventato troppo complicato coniugare ferie e aspettative con il desiderio di affrontare le emergenze nel mondo, e partecipare ai progetti di Medici Senza Frontiere. La sua esperienza “sul campo” ha preso avvio nel 2008, quando è stato selezionato dopo un anno e mezzo di formazione - aspetto importantissimo per non trovarsi impreparati di fronte alla sofferenza umana, psicologica e materiale – per prendere parte ad un progetto nel Darfur, in Sudan. Quindi è seguita l’esperienza in Pakistan, a Pachaua, per accogliere i tantissimi profughi e fronteggiare un’epidemia di colera, ed ora è appena tornato da un progetto di tre mesi ad Haiti, a Legane, sul mare, trentacinque chilometri da Port-au-Prince.
Medici Senza Frontiere gestisce oltre venti progetti ad Haiti. Quello a cui ha partecipato che cosa riguardava?
“Leogane è stata completamente rasa al suolo dal terremoto. La nostra è stata una missione esplorativa: sul terreno dell’Oratorio abbiamo costruito una tendopoli che fungeva da ospedale. La sezione principale naturalmente era riservata all’ortopedia e alla traumatologia, con una sala operatoria, poi è stata aggiunta anche un’ala per l’ostetricia. Diciamo in totale una novantina di posti per l’ortopedia e una decina per le neo mamme. Era infine presente anche una sezione per il pronto intervento e un dipartimento di psicologia , per gestire i traumi da catastrofe naturale “.
Quale è stato il suo ruolo?
“ Ero responsabile della farmacia, il che significa gestire gli ordini dei medicinali, stilare l’inventario sia dei farmaci che dei macchinari, rifornire i vari dipartimenti del progetto “.
Impegnativo?
“ Abbastanza. In pratica devi essere attivo ventiquattro ore su ventiquattro, pensi che mediamente distribuivamo diecimila “ paracetamolo “ alla settimana; la fatica maggiore era quella di riuscire a riposare, anche per le condizioni difficili; per un periodo abbiamo dormito anche in otto in una tenda “.
Da dove nasce il suo desiderio di connotare così specificatamente la sua professione infermieristica? Un fattore umano?
“ Sicuramente operare in queste zone ha con sé una carica umana speciale, però credo che l’umanità sia fondamentale anche da noi, le soddisfazioni professionali sono maggiori, perché conosci culture e tradizioni differenti e ti confronti con colleghi che provengono da ogni parte del mondo. A Legane eravamo in quindici a curare la parte medica e una trentina l’aspetto logistico. Persone provenienti da sedici Paesi diversi, molto interessante “.
Domanda scomoda. In questi casi c’è sempre chi pensa che l’aspetto fondamentale sia il tornaconto economico. È vero ?
“ Assolutamente no. I rimborsi che ho sono sicuramente inferiori agli stipendi normali di un infermiere e oltretutto l’Italia non garantisce quei sussidi che invece altrove sono riconosciuti, come la garanzia di una percentuale di stipendio. La scelta non è sicuramente dovuta a motivi economici. Anche ad Haiti c’erano chirurghi e anestesisti che avevano lasciato il loro lavoro e possibilità di carriera importanti “.
Qual è la situazione attuale ad Haiti, visto che da noi non se ne parla ormai quasi più ?
“ Nei tre mesi in cui sono stato non è cambiato molto. È tutto distrutto e la tragedia si è abbattuta su un popolo che era già disastrato. Però hanno voglia di risollevarsi, gli operatori umanitari sono stati accolti con entusiasmo e la gente collaborava molto. In Pakistan sicuramente la realtà era molto diversa, meno collaborativi “.
Qual è la filosofia di azione di Medici Senza Frontiere ?
“ MSF agisce su due fronti: in Italia punta sulla formazione di personale qualificato, organizzando per i propri operatori umanitari corsi di aggiornamento e finanziando anche borse di studio. L’obiettivo è portare sul luogo gli infermieri in maniera che possano diventare lo strumento di formazione per lo staff locale nei progetti in corso. Noi lavoriamo nella situazione d’urgenza, ma saranno poi gli esponenti della sanità locale a gestire il post-emergenza “.
È quindi particolarmente curata la vostra selezione….
“ Molto. Io ad esempio ho dovuto attendere un anno e mezzo prima di poter partire per il Darfur. Avevo esperienza in area critica, conoscenza delle lingue e la volontà di fare questa esperienza. Ma a Roma, durante le selezioni cercano sempre di incentivare a perfezionarti sempre più. Io ad esempio ho scelto di “ testarmi “ per qualche tempo in Guatemala con l’associazione Ains onlus di Pavia e dopo sono stato accettato da MSF “.
Francesco Di Donna ha trentadue anni, di professione è infermiere e ha scelto di esercitarla nei Paesi dove c’è bisogno di tutto, dai generi di prima necessità agli ospedali, al materiale sanitario, al personale qualificato. Francesco ha infatti lasciato ilsuo lavoro nelle strutture pubbliche e private delle nostre zone, perché era diventato troppo complicato coniugare ferie e aspettative con il desiderio di affrontare le emergenze nel mondo, e partecipare ai progetti di Medici Senza Frontiere. La sua esperienza “sul campo” ha preso avvio nel 2008, quando è stato selezionato dopo un anno e mezzo di formazione - aspetto importantissimo per non trovarsi impreparati di fronte alla sofferenza umana, psicologica e materiale – per prendere parte ad un progetto nel Darfur, in Sudan. Quindi è seguita l’esperienza in Pakistan, a Pachaua, per accogliere i tantissimi profughi e fronteggiare un’epidemia di colera, ed ora è appena tornato da un progetto di tre mesi ad Haiti, a Legane, sul mare, trentacinque chilometri da Port-au-Prince.
Medici Senza Frontiere gestisce oltre venti progetti ad Haiti. Quello a cui ha partecipato che cosa riguardava?
“Leogane è stata completamente rasa al suolo dal terremoto. La nostra è stata una missione esplorativa: sul terreno dell’Oratorio abbiamo costruito una tendopoli che fungeva da ospedale. La sezione principale naturalmente era riservata all’ortopedia e alla traumatologia, con una sala operatoria, poi è stata aggiunta anche un’ala per l’ostetricia. Diciamo in totale una novantina di posti per l’ortopedia e una decina per le neo mamme. Era infine presente anche una sezione per il pronto intervento e un dipartimento di psicologia , per gestire i traumi da catastrofe naturale “.
Quale è stato il suo ruolo?
“ Ero responsabile della farmacia, il che significa gestire gli ordini dei medicinali, stilare l’inventario sia dei farmaci che dei macchinari, rifornire i vari dipartimenti del progetto “.
Impegnativo?
“ Abbastanza. In pratica devi essere attivo ventiquattro ore su ventiquattro, pensi che mediamente distribuivamo diecimila “ paracetamolo “ alla settimana; la fatica maggiore era quella di riuscire a riposare, anche per le condizioni difficili; per un periodo abbiamo dormito anche in otto in una tenda “.
Da dove nasce il suo desiderio di connotare così specificatamente la sua professione infermieristica? Un fattore umano?
“ Sicuramente operare in queste zone ha con sé una carica umana speciale, però credo che l’umanità sia fondamentale anche da noi, le soddisfazioni professionali sono maggiori, perché conosci culture e tradizioni differenti e ti confronti con colleghi che provengono da ogni parte del mondo. A Legane eravamo in quindici a curare la parte medica e una trentina l’aspetto logistico. Persone provenienti da sedici Paesi diversi, molto interessante “.
Domanda scomoda. In questi casi c’è sempre chi pensa che l’aspetto fondamentale sia il tornaconto economico. È vero ?
“ Assolutamente no. I rimborsi che ho sono sicuramente inferiori agli stipendi normali di un infermiere e oltretutto l’Italia non garantisce quei sussidi che invece altrove sono riconosciuti, come la garanzia di una percentuale di stipendio. La scelta non è sicuramente dovuta a motivi economici. Anche ad Haiti c’erano chirurghi e anestesisti che avevano lasciato il loro lavoro e possibilità di carriera importanti “.
Qual è la situazione attuale ad Haiti, visto che da noi non se ne parla ormai quasi più ?
“ Nei tre mesi in cui sono stato non è cambiato molto. È tutto distrutto e la tragedia si è abbattuta su un popolo che era già disastrato. Però hanno voglia di risollevarsi, gli operatori umanitari sono stati accolti con entusiasmo e la gente collaborava molto. In Pakistan sicuramente la realtà era molto diversa, meno collaborativi “.
Qual è la filosofia di azione di Medici Senza Frontiere ?
“ MSF agisce su due fronti: in Italia punta sulla formazione di personale qualificato, organizzando per i propri operatori umanitari corsi di aggiornamento e finanziando anche borse di studio. L’obiettivo è portare sul luogo gli infermieri in maniera che possano diventare lo strumento di formazione per lo staff locale nei progetti in corso. Noi lavoriamo nella situazione d’urgenza, ma saranno poi gli esponenti della sanità locale a gestire il post-emergenza “.
È quindi particolarmente curata la vostra selezione….
“ Molto. Io ad esempio ho dovuto attendere un anno e mezzo prima di poter partire per il Darfur. Avevo esperienza in area critica, conoscenza delle lingue e la volontà di fare questa esperienza. Ma a Roma, durante le selezioni cercano sempre di incentivare a perfezionarti sempre più. Io ad esempio ho scelto di “ testarmi “ per qualche tempo in Guatemala con l’associazione Ains onlus di Pavia e dopo sono stato accettato da MSF “.
16 maggio 2010
Don Ciotti: sono coloro che soffrono i crocefissi da difendere
I crocifissi da difendere, quelli veri, non sono quelli appesi ai muri delle scuole. Sono altri. Sono uomini e donne che fanno fatica. Che non ce la fanno e muoiono di stenti. E’ verso di loro che non possiamo e non dobbiamo restare indifferenti. E’ verso di loro che dobbiamo concentrare i nostri sforzi.«Un crocifisso è un malato di Aids, che ha bisogno di cure e di sostegno. Un crocifisso è quel ragazzo brasiliano che è morto qualche giorno fa a Torino. A casa aveva lasciato la moglie e i figli, era arrivato qui alla ricerca di un lavoro, e non ce l’ha fatta».
Abbiamo partecipato al suo funerale. C’erano tante persone, molte nemmeno lo conoscevano, ma erano lì ugualmente, a condividerne la sofferenza e il dolore.«E’ giusto lottare per difendere i simboli di quello in cui crediamo, ma allo stesso tempo bisognare stare molto attenti a non cedere al puro idealismo. Lo dice il Vangelo stesso: i pezzetti di Dio sono sparsi nel mondo che ci circonda. Li troviamo ovunque. Nel concreto, nella vita di tutti i giorni, tra le persone che vivono accanto a noi, e di cui spesso nemmeno ci accorgiamo dell’esistenza. E’ con queste realtà che dobbiamo imparare ad avere a che fare e a misurarci.«Bisogna imparare a vivere con corresponsabilità, come i tanti e tanti volontari che dedicano il proprio tempo a un bene che non è esclusivamente loro, ma pubblico, di tutti quanti. Dobbiamo sentirci tutti chiamati in causa, nei grandi nuclei urbani come nei tanti piccoli paesi di provincia. La partecipazione è il primo passo in favore dei più deboli.«I crocifissi non si difendono soltanto con le parole. Infatti queste troppe volte non bastano. Bisogna imparare ad affrontare la realtà con concretezza, e tendere la mano alle persone sole, a chi non ha più una famiglia e a chi non può ricorrere all’aiuto dei propri cari».
Abbiamo partecipato al suo funerale. C’erano tante persone, molte nemmeno lo conoscevano, ma erano lì ugualmente, a condividerne la sofferenza e il dolore.«E’ giusto lottare per difendere i simboli di quello in cui crediamo, ma allo stesso tempo bisognare stare molto attenti a non cedere al puro idealismo. Lo dice il Vangelo stesso: i pezzetti di Dio sono sparsi nel mondo che ci circonda. Li troviamo ovunque. Nel concreto, nella vita di tutti i giorni, tra le persone che vivono accanto a noi, e di cui spesso nemmeno ci accorgiamo dell’esistenza. E’ con queste realtà che dobbiamo imparare ad avere a che fare e a misurarci.«Bisogna imparare a vivere con corresponsabilità, come i tanti e tanti volontari che dedicano il proprio tempo a un bene che non è esclusivamente loro, ma pubblico, di tutti quanti. Dobbiamo sentirci tutti chiamati in causa, nei grandi nuclei urbani come nei tanti piccoli paesi di provincia. La partecipazione è il primo passo in favore dei più deboli.«I crocifissi non si difendono soltanto con le parole. Infatti queste troppe volte non bastano. Bisogna imparare ad affrontare la realtà con concretezza, e tendere la mano alle persone sole, a chi non ha più una famiglia e a chi non può ricorrere all’aiuto dei propri cari».
15 maggio 2010
Pace vuol dire pane, acqua e lavoro Tutto è pronto per la Perugia-Assisi
Domenica lo storico appuntamento pacifista. In testa al corteo le fabbriche in crisi
«La pace comincia dal basso, si affida alle scelte e ai comportamenti di ognuno di noi. Le dichiarazioni di principio servono a poco se tutti non ci assumiamo la responsabilità di trasformarle in fatti concreti, cioè nella storia delle persone, tutela della loro dignità, strumento di giustizia sociale». Luigi Ciotti non poteva venire e ha affidato alla voce di Tonio Dell’Olio il saluto di Libera all’imminente Perugia-Assisi, il luogo dei luoghi che costruiscono la pace dal basso. Stavolta, però, l’aria è «irrespirabile» quanto mai, avverte Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, promotrice della marcia e dell’Onu dei popoli. Non sarà una scampagnata, sarà un percorso faticoso preparato nei due giorni precedenti da cinquemila ragazzi delle scuole con laboratori, incontri, seminari imperniati su sette parole chiave e sette antidoti: violenza, mafie, paura, censura, razzismo, egoismo e guerra (vedi www.perlapace.it). Alle soglie del cinquantesimo, la marcia capitiniana viene dedicata all’Italia. Anche all’Italia. E alla sua pace perduta. Ricordatevi di un caterpillar, come quelli che a Gaza hanno distrutto le case dei palestinesi o che a Vicenza stanno spianando la terra per la nuova base Usa. Lotti ne ha davanti un modellino giocattolo. «Ci faremo qualcosa domenica», avverte.La Tavola della pace è una coalizione e dentro ci sta un po’ di tutto, sindacati, enti locali, ong, cooperative associazioni grandi come Arci, Agesci, Acli o piccolissime, praticamente gruppi di amici fraterni. «La nuova cultura che vogliamo è in fondo già tutta dentro la Costituzione», dice ancora la lettera di Ciotti e marcia sulle gambe di chi marcia tra Perugia e Assisi. Lo slogan: «Abbiamo bisogno di una nuova cultura».Stavolta l’Arci ne farà l’occasione per la cittadinanza dei nuovi italiani, i migranti, e l’associazione La “Città del fuoco” farà raccontare cento storie da altrettanti giovani «che si sporcano le mani». E l’anno venturo saranno mille, numero non casuale nel 150° dell’Unità d’Italia. Articolo 21, l’associazione per la libertà di stampa, porta a Perugia la sua campagna “T’illumino di più” contro la censura e l’attacco al diritto di cronaca. Amnesty ci verrà con il suo appello per fermare la deportazione dei rom e il piano nomadi di Alemanno che rischia di contagiare altre città e il forum dei movimenti per l’acqua raccoglierà firme per i suoi tre quesiti e marcerà per tenere insieme acqua pace, diritti umani fondamentali eppure negati. Il ritiro dei soldati dalle missioni non è scritto in piattaforma ma è un desiderio che potrebbe prendere forma nel percorso a cui Rifondazione e la Fds hanno aderito. Più esplicita la richiesta di riduzione delle spese militari: «I soldi per gli F35 sono sottratti alla sicurezza», insiste Tonio Dell’Olio di Libera come ha fatto il giorno prima nell’incontro inusuale tra la Tavola e il capo di stato maggiore della difesa (vedi Liberazione.it/Pacifisti e militari: prove di dialogo). Basterebbe il 2,5% delle spese militari per riammodernare tutti gli impianti idrici. Pane, acqua e lavoro chiederà la Cgil con i lavoratori delle aziende in crisi che aspetteranno la Marcia al suo arrivo alla Rocca di Assisi. La crisi è come una guerra. Ci saranno operai di Emicom, Bp Metalmeccanica, Meraklon, Merloni e lavoratori immigrati, precarie del mondo della scuola, dei call center e, inoltre, interverrà Lorena Coletti, sorella di Giuseppe, una delle vittime della Umbria Olii di Campello sul Clitunno. E altre tute blu saranno in testa al corteo, quelli delle acciaerie di Terni. Due presidi verranno organizzati a Ponte San Giovanni e a Santa Maria degli Angeli, dove si incontreranno le due vertenze simbolo dell’Umbria, Merloni e Basell.
Francesco Ruggeri
liberazione-13 maggio 2010
«La pace comincia dal basso, si affida alle scelte e ai comportamenti di ognuno di noi. Le dichiarazioni di principio servono a poco se tutti non ci assumiamo la responsabilità di trasformarle in fatti concreti, cioè nella storia delle persone, tutela della loro dignità, strumento di giustizia sociale». Luigi Ciotti non poteva venire e ha affidato alla voce di Tonio Dell’Olio il saluto di Libera all’imminente Perugia-Assisi, il luogo dei luoghi che costruiscono la pace dal basso. Stavolta, però, l’aria è «irrespirabile» quanto mai, avverte Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, promotrice della marcia e dell’Onu dei popoli. Non sarà una scampagnata, sarà un percorso faticoso preparato nei due giorni precedenti da cinquemila ragazzi delle scuole con laboratori, incontri, seminari imperniati su sette parole chiave e sette antidoti: violenza, mafie, paura, censura, razzismo, egoismo e guerra (vedi www.perlapace.it). Alle soglie del cinquantesimo, la marcia capitiniana viene dedicata all’Italia. Anche all’Italia. E alla sua pace perduta. Ricordatevi di un caterpillar, come quelli che a Gaza hanno distrutto le case dei palestinesi o che a Vicenza stanno spianando la terra per la nuova base Usa. Lotti ne ha davanti un modellino giocattolo. «Ci faremo qualcosa domenica», avverte.La Tavola della pace è una coalizione e dentro ci sta un po’ di tutto, sindacati, enti locali, ong, cooperative associazioni grandi come Arci, Agesci, Acli o piccolissime, praticamente gruppi di amici fraterni. «La nuova cultura che vogliamo è in fondo già tutta dentro la Costituzione», dice ancora la lettera di Ciotti e marcia sulle gambe di chi marcia tra Perugia e Assisi. Lo slogan: «Abbiamo bisogno di una nuova cultura».Stavolta l’Arci ne farà l’occasione per la cittadinanza dei nuovi italiani, i migranti, e l’associazione La “Città del fuoco” farà raccontare cento storie da altrettanti giovani «che si sporcano le mani». E l’anno venturo saranno mille, numero non casuale nel 150° dell’Unità d’Italia. Articolo 21, l’associazione per la libertà di stampa, porta a Perugia la sua campagna “T’illumino di più” contro la censura e l’attacco al diritto di cronaca. Amnesty ci verrà con il suo appello per fermare la deportazione dei rom e il piano nomadi di Alemanno che rischia di contagiare altre città e il forum dei movimenti per l’acqua raccoglierà firme per i suoi tre quesiti e marcerà per tenere insieme acqua pace, diritti umani fondamentali eppure negati. Il ritiro dei soldati dalle missioni non è scritto in piattaforma ma è un desiderio che potrebbe prendere forma nel percorso a cui Rifondazione e la Fds hanno aderito. Più esplicita la richiesta di riduzione delle spese militari: «I soldi per gli F35 sono sottratti alla sicurezza», insiste Tonio Dell’Olio di Libera come ha fatto il giorno prima nell’incontro inusuale tra la Tavola e il capo di stato maggiore della difesa (vedi Liberazione.it/Pacifisti e militari: prove di dialogo). Basterebbe il 2,5% delle spese militari per riammodernare tutti gli impianti idrici. Pane, acqua e lavoro chiederà la Cgil con i lavoratori delle aziende in crisi che aspetteranno la Marcia al suo arrivo alla Rocca di Assisi. La crisi è come una guerra. Ci saranno operai di Emicom, Bp Metalmeccanica, Meraklon, Merloni e lavoratori immigrati, precarie del mondo della scuola, dei call center e, inoltre, interverrà Lorena Coletti, sorella di Giuseppe, una delle vittime della Umbria Olii di Campello sul Clitunno. E altre tute blu saranno in testa al corteo, quelli delle acciaerie di Terni. Due presidi verranno organizzati a Ponte San Giovanni e a Santa Maria degli Angeli, dove si incontreranno le due vertenze simbolo dell’Umbria, Merloni e Basell.
Francesco Ruggeri
liberazione-13 maggio 2010
Da Perugia ad Assisi percorso di pace
Gentile direttore,
chiediamo alcune righe per comunicare pubblicamente la nostra adesione alla Marcia per la pace edizione 2010 che si svolgerà, come di consueto, tra Perugia ed Assisi domani. Non potremo essere presenti di persona a questo importante appuntamento ormai parte della più altatradizione civile della storia d’Italia e non solo, questo non vieta di manifestare apertamente un sostegno ai valori della manifestazione e dell’ostinata proposizione della pace in tutte le sue forme. Quanto c’è bisogno di perseverare in questa direzione: dai rapporti interpersonali fino ad arrivare a comprendere che la «guerra è estranea all’intelligenza dell’uomo e aliena alla ragione» come sosteneva Giovanni XXIII nell’attualissima enciclica «Pacem in terris». Non a caso il leit-motiv della marcia 2010 è: «Abbiamo bisogno di un’altra cultura». Ricordiamo il primo comma dell’articolo 11 della giovanissima Costituzione della Repubblica Italiana, che nella sua prima parte non necessita di riforma alcuna: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La democrazia non si esporta con le baionette. Si realizza e si compie attraverso l’estensione dei diritti di cittadinanza e la globalizzazione della dignità nel solco di quei valori universali quali libertà, uguaglianza e fraternità. Chiediamo alle differenti realtà associative pavesi di dare sostegno alla marcia della Pace.
Per AinsOnlus
Andrea Bellingeri
Emanuele Chiodini
Giulia Dezza
Elisa Moretti
Ruggero Rizzini
don Edo Peviani
lettera inviata alla provincia pavese e pubblicata il 15 maggio 2010
chiediamo alcune righe per comunicare pubblicamente la nostra adesione alla Marcia per la pace edizione 2010 che si svolgerà, come di consueto, tra Perugia ed Assisi domani. Non potremo essere presenti di persona a questo importante appuntamento ormai parte della più altatradizione civile della storia d’Italia e non solo, questo non vieta di manifestare apertamente un sostegno ai valori della manifestazione e dell’ostinata proposizione della pace in tutte le sue forme. Quanto c’è bisogno di perseverare in questa direzione: dai rapporti interpersonali fino ad arrivare a comprendere che la «guerra è estranea all’intelligenza dell’uomo e aliena alla ragione» come sosteneva Giovanni XXIII nell’attualissima enciclica «Pacem in terris». Non a caso il leit-motiv della marcia 2010 è: «Abbiamo bisogno di un’altra cultura». Ricordiamo il primo comma dell’articolo 11 della giovanissima Costituzione della Repubblica Italiana, che nella sua prima parte non necessita di riforma alcuna: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La democrazia non si esporta con le baionette. Si realizza e si compie attraverso l’estensione dei diritti di cittadinanza e la globalizzazione della dignità nel solco di quei valori universali quali libertà, uguaglianza e fraternità. Chiediamo alle differenti realtà associative pavesi di dare sostegno alla marcia della Pace.
Per AinsOnlus
Andrea Bellingeri
Emanuele Chiodini
Giulia Dezza
Elisa Moretti
Ruggero Rizzini
don Edo Peviani
lettera inviata alla provincia pavese e pubblicata il 15 maggio 2010
5 maggio 2010
La città amica dei bambini, quattro giorni di festa
Dal 27 laboratori, giochi per strade e piazze, concerti e spettacoli teatrali organizzati dal Csvdi Pavia, AINS, A Ruota Libera, La Città Incantata e La Piracanta sul tema dei diritti.
PAVIA. Il sogno è quello di una città amica dei bambini, invasa da voci e sorrisi dei più piccoli che, come nel logo del primo Bambinfestival pavese, passeggiano sul profilo di una Pavia colorata e accessibile. Inizierà il 27 maggio il primo festival dei bambini a Pavia organizzato dal Centro servizi volontariato della provincia di Pavia dedicato ai “Diritti in città”. Per quattro giorni strade e piazze saranno animate per i più piccoli e i loro accompagnatori, mamme, nonni e papà: laboratori, concerti musicali, letture, proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali. «Abbiamo voluto celebrare la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’89 e ratificata dall’Italia proprio il 27 maggio 1991» spiega Alice Moggi, responsabile progettazione del Csv. «Durante il Festival i bambini potranno approfondire la conoscenza e la scoperta dei propri diritti essendo protagonisti attivi in città - prosegue Moggi -. Ma ci saranno anche dibattiti e seminari per i “grandi”, perché la promozione dei diritti dell’infanzia ha bisogno di adulti consapevoli e capaci di ascolto». Al festival hanno aderito oltre quaranta associazioni per pensare, almeno per qualche giorno, una città in grado di offrire tempi, spazi ed eventi adeguati per consentire ai bambini di vivere bene. Il festival è stato patrocinato da Regione Lombardia, Provincia di Pavia, Comune e Touring Club. In cartellone ci sarà l’anteprima del documentario del regista pavese Filippo Ticozzi, “Mino Milani, scrittore pavese per ragazzi”, prodotto e distribuito da La Città Incantata. E poi aperitivi a chilometri zero, letture animate alla libreria Il Delfino (a cura di La Carovana in collaborazione con A Ruota Libera). E ancora, seminari per insegnanti, educatori e genitori sulla gestione della relazione educativa con bambini e adolescenti, il “gioco del quartiere” con l’associazione Babele per scoprire angoli di città fuori dal centro e fuori dalle solite prospettive. I bambini potranno disegnare e progettare la loro città ideale con la biblioteca Paternicò Prini mentre gli adulti (ri)scoprono la parola magica usata dai piccoli per interrompere le regole del gioco grazie al film di Mirko Locatelli. E ancora, ninnenanne in corsia al policlinico, mercatini delle pulci e gare di orientamento per nonni e nipoti: nessun luogo sarà escluso.
(anna ghezzi, la provincia pavese-5 maggio 2010)
PAVIA. Il sogno è quello di una città amica dei bambini, invasa da voci e sorrisi dei più piccoli che, come nel logo del primo Bambinfestival pavese, passeggiano sul profilo di una Pavia colorata e accessibile. Inizierà il 27 maggio il primo festival dei bambini a Pavia organizzato dal Centro servizi volontariato della provincia di Pavia dedicato ai “Diritti in città”. Per quattro giorni strade e piazze saranno animate per i più piccoli e i loro accompagnatori, mamme, nonni e papà: laboratori, concerti musicali, letture, proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali. «Abbiamo voluto celebrare la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’89 e ratificata dall’Italia proprio il 27 maggio 1991» spiega Alice Moggi, responsabile progettazione del Csv. «Durante il Festival i bambini potranno approfondire la conoscenza e la scoperta dei propri diritti essendo protagonisti attivi in città - prosegue Moggi -. Ma ci saranno anche dibattiti e seminari per i “grandi”, perché la promozione dei diritti dell’infanzia ha bisogno di adulti consapevoli e capaci di ascolto». Al festival hanno aderito oltre quaranta associazioni per pensare, almeno per qualche giorno, una città in grado di offrire tempi, spazi ed eventi adeguati per consentire ai bambini di vivere bene. Il festival è stato patrocinato da Regione Lombardia, Provincia di Pavia, Comune e Touring Club. In cartellone ci sarà l’anteprima del documentario del regista pavese Filippo Ticozzi, “Mino Milani, scrittore pavese per ragazzi”, prodotto e distribuito da La Città Incantata. E poi aperitivi a chilometri zero, letture animate alla libreria Il Delfino (a cura di La Carovana in collaborazione con A Ruota Libera). E ancora, seminari per insegnanti, educatori e genitori sulla gestione della relazione educativa con bambini e adolescenti, il “gioco del quartiere” con l’associazione Babele per scoprire angoli di città fuori dal centro e fuori dalle solite prospettive. I bambini potranno disegnare e progettare la loro città ideale con la biblioteca Paternicò Prini mentre gli adulti (ri)scoprono la parola magica usata dai piccoli per interrompere le regole del gioco grazie al film di Mirko Locatelli. E ancora, ninnenanne in corsia al policlinico, mercatini delle pulci e gare di orientamento per nonni e nipoti: nessun luogo sarà escluso.
(anna ghezzi, la provincia pavese-5 maggio 2010)
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