25 dicembre 2011

Guatemala: il sostegno della Chiesa svizzera a mons. Ramazzini da anni al fianco degli indigeni

Da anni si batte per i diritti degli abitanti di San Miguel Ixtahuacán e di Sipacapa, nei cui territori si trova la “Mina Marlin”, considerata la miniera d’oro più grande dell’America Centrale, responsabile di gravi problemi sociali e ambientali legati all’attività estrattiva. Dal 26 novembre scorso – riferisce L’Osservatore Romano - mons. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri, vescovo di San Marcos, in Guatemala, può contare anche sulla solidarietà della Chiesa svizzera, più precisamente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace e di Sacrificio Quaresimale, organizzazione di cooperazione allo sviluppo gestita dai cattolici elvetici e attiva in sedici Paesi. I due organismi hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale appoggiano l’operato del presule: “Condividiamo le preoccupazioni delle Chiese locali guatemalteche — si legge nel testo — che si mettono dalla parte dei poveri e degli sfruttati e che si impegnano a favore della giustizia sociale e della difesa dei diritti umani”. Giustizia e Pace e Sacrificio Quaresimale invitano inoltre ad avere uno stile di vita responsabile “anche da noi in Svizzera”. La dichiarazione si ricollega alla campagna “Diritto senza frontiere” lanciata all’inizio del mese di novembre da una coalizione di Ong che sollecita regole chiare a tutela dei diritti umani per le imprese elvetiche che fanno affari nel mondo. La dichiarazione, firmata nell’abbazia di Einsiedeln alla presenza dell’abate Martin Werlen, porta anche la firma del segretario della Commissione nazionale Giustizia e Pace Wolfgang Bürgstein e di un altro responsabile dell’organismo dei vescovi elvetici, Markus Brun. Per mons. Ramazzini Imeri è stata l’occasione per incontrare i rappresentanti della Chiesa svizzera e spiegare loro i problemi provocati dall’attività estrattiva di un’impresa canadese, che minaccia l’esistenza stessa delle popolazioni indigene. Come riporta un comunicato della Conferenza episcopale elvetica, la sua posizione critica nei confronti di quelle industrie estrattive che non rispettano i diritti delle persone gli è valsa il riconoscimento internazionale. Ramazzini Imeri si adopera in particolar modo affinché le ditte straniere che investono nel settore minerario siano tenute a rispettare i diritti umani nei Paesi del sud del mondo e a pagare tasse e imposte congrue. L’anno scorso il presule, assieme al Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchú Tum aveva inviato una nota al Presidente guatemalteco Álvaro Colom Caballeros per chiedere la chiusura della “Mina Marlin”, in accordo con il decreto della Commissione interamericana dei diritti umani che sottolineava i pericoli per la popolazione e per le risorse naturali. La miniera è attiva dall’ottobre 2005 e ha avuto un pesante impatto sociale e ambientale. (L.Z.)

20 dicembre 2011

festa di Natale a El Poshte

CONVIVIO NAVIDEÑO EN EL POSHTE

nonna Mercedes

10 dicembre 2011

"Come cambiare il mondo"...presentazione del libro intervista a DOMODOSSOLA

L'Associazione “Albatros” in collaborazione con AINS onlus organizza - sabato 10 dicembre alle ore 10 - presso la sala del centro servizio per il volontariato un incontro con Adriano Sella che presenterà il libro “Come cambiare il mondo”.

Adriano Sella, missionario in Amazzonia a fianco dei Sem Terra e ideatore del movimento Gocce di Giustizia, propone nuovi stili di vita come cammino etico per tutti, a prescindere dal credo di ognuno. Sella ci dice cosa significa concretamente 'nuovi stili di vita' e perchè sono l'antidoto alla rassegnazione.
E' autore di “Una solidarietà intelligente” (2007), “Miniguida dei nuovi stili di vita” (2010), “Per una chiesa del Regno” (2009), “Via crucis dei nuovi stili di vita” (2010).
AINS ONLUS. è una Organizzazione di Volontariato che da diversi anni finanzia e realizza in Guatemala microprogetti sociali, scolastici, edili e sanitari.

6 dicembre 2011

"Le regole della libertà", il libro progetto Arci di Pavia

"Questo è un libro prezioso ed importante. Prezioso perché raccoglie i lavori di più di mille studenti degli Istituti Superiori e importante perché rappresenta il punto di partenza di un percorso progettuale ancora più grande che inizia sui banchi di scuola e continua nelle vicende quotidiane dei ragazzi.
E’ il risultato della collaborazione tra un’associazione, l’Arci di Pavia, le scuole superiori, l’Ufficio Scolastico Provinciale, il Comune e la Provincia di Pavia e l’Associazione SAO (Saveria Antiochia Omicron) di Milano, a cui si sono aggiunte altre associazioni cittadine.
Il progetto ha dimostrato che non esistono un’età e un grado di scuola specifico in cui affrontare i temi riguardanti la legalità e la convivenza civile e ha evidenziato come ogni percorso scolastico possa dare vita a risultati assolutamente originali e complementari a quello degli altri Istituti, realizzando un patchwork sorprendete per intensità e maturità degli elaborati.
I temi approfonditi dal team dei docenti e degli educatori hanno spaziato da argomenti strettamente legati alla quotidianità dei ragazzi come il disagio e la gestione dei conflitti all’interno del gruppo classe, l’uso di sostanze stupefacenti e i relativi danni alla salute, l’educazione dell’ambiente, l’educazione alla pace e alla solidarietà, lo studio della storia delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e dei personaggi simbolo nella lotta alle Mafie.
Questo percorso si è posto l’arduo compito di far comprendere ai ragazzi come anche le scelte quotidiane più banali come l’acquisto di un telefonino a basso costo dal compagno fuori dalla scuola o lo sballo di una sera in discoteca facciano parte di una catena di comportamenti deviati che rientrano nell’habitus mentale dell’illegalità.
Ricche e diversificate le metodologie messe in atto dai docenti: lezioni frontali, lavoro di gruppo, laboratori di teatro e di scrittura creativa, cinema, incontri con rappresentanti della magistratura, della Cultura, della Musica, di Istituzioni e Associazioni impegnate nella promozione della cultura della legalità. (Ricordiamo ancora con grande emozione l’incontro con Don Ciotti, il concerto Terra in Bocca coi I Giganti…)
Altrettanto ricchi e diversificati i lavori prodotti, come questo libro ben documenta: racconti, relazioni, poesie, video, canzoni, giochi e slogan pubblicitari. E ancora: mostre fotografiche e pittoriche, ricette culinarie, sondaggi, in chieste, questionari, interviste…
Tali risultati, molto positivi, ci hanno portato a comprendere come sia nel gruppo docente sia nel gruppo studentesco esista, oltre che una preparazione di alto livello, una grande disponibilità a lavorare e a mettersi in gioco, il che ci spinge a guardare oltre e a lanciare una sfida ancora più grande al Comune, alla Provincia e all’Ufficio scolastico per dare una continuità a questa iniziativa.
Insieme con i giovani abbiamo immaginato un futuro diverso da quello che viviamo e iniziato a porre le basi per costruirlo. I fenomeni di intolleranza, insicurezza, morte e precarietà ci spingono verso una deriva individualista che crea solitudine e frammentazione, quando si è soli è difficile aderire a valori forti a scelte di controtendenza, ad usare la parola in maniera costruttiva che crei unità e conoscenza. Solo condividendo con i ragazzi il percorso affascinante e coinvolgente della conoscenza, potremo abbattere il malcostume e l’illegalità che ci impedisce di essere liberi."
Questa è la prefazione al libro del progetto Arci "Le regole della libertà", realizzato con il contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia.
Verrà distribuito alle scuole e sarà in vendita presso le librerie e gli uffici Arci in piazza Allende 24/A.

Per maggiori info scriveteci su pavia@rci.it
Claudia Lucrezio, Presidente di Arci Pavia
Valerio Bifulco, Responsabile della Legalità

5 dicembre 2011

Anche gli ingegneri aiutano il Guatemala

Un grande centro nutrizionale che possa non solo educare a una corretta alimentazione ma anche andare incontro alle fasce più disagiate della popolazione. E’ questo il “grande sogno” di Ains, l’Associazione pavese che da anni si spende per il Guatemala, con l’obiettivo di aiutare la gente a risollevarsi dopo quarant’anni di guerra civile e in un presente dove lo sfruttamento delle multinazionali certamente non favorisce la popolazione nella ripresa. Passo dopo passo il sogno sta prendendo forma e a fianco di Ains camminano anche altre realtà che si sono lasciate proficuamente coinvolgere. Ultima in ordine cronologico l’Ordine degli Ingegneri di Pavia, presieduto da Giampiero Canevari, che nell’ambito della apposita Commissione Solidarietà per la cooperazione con il mondo del volontariato ha delegato una “piccola squadra” di ingegneri a seguire proprio il progetto del centro nutrizionale guatemalteco, che sorgerà nel villaggio di El Rancho. Due di loro - Lorenzo Buratti e Marco Majocchi- sono partiti per il Guatemala nell’ultima spedizione di Ains, di cui facevano parte il presidente Ruggero Rizzini, il tesoriere Giulia Dezza e tre infermiere: Eleonora Ragni (selezionata grazie al progetto interculturale appoggiato dal Collegio Ipasvi di Pavia), Cristina Campano (di Domodossola) e Giovanna Gaiga (di Vicenza). L’intento era proprio quello di verificare “sul campo” le coordinate tecniche e specialistiche del Centro che sorgerà e che sarà poi seguito a distanza dai volontari pavesi ma monitorato “in loco” da Alvaro Aguila Aldana, responsabile dell’organizzazione C.F.C.A. (Fondazione Cristiana di sostegno ai bambini e agli anziani) e da Maria Del Carmen, un architetto del villaggio. Il Centro sorgerà su un’area di circa mille metri quadrati, che è stato in parte acquistato da Ains e in parte regalato da una donna indigena. “La sua realizzazione non sarà affidata a una grande impresa straniera bensì alla gente del luogo con un capomastro locale -spiega Ruggero Rizzini- costerà ottantamila euro e richiederà quattro-cinque anni di lavoro prima che l’intero complesso sia completato”. La struttura comprenderà una Clinica con dodici posti letto, un ambulatorio, una mensa, una farmacia e un piccolo negozio per la vendita di prodotti legati all’ambito sanitario. “Tutto sarà a basso costo, ma nessuno sarà allontanato anche se non in grado di pagare neppure quelle piccole cifre -sottolinea Rizzini- e avranno accesso gratuito le famiglie dei 150 bambini adottati a distanza da Ains. L’impegno nostro vuole essere quello di sostenere non solo il bambino, ma anche tutto il contesto familiare di riferimento”. I due ingegneri, Lorenzo Buratti e Marco Majocchi, dopo aver apportato alcuni perfezionamenti al progetto originario in seguito al viaggio, stanno seguendo praticamente in “presa diretta” tutto il progetto via mail e su Skype, in contatto con Maria Del Carmen. “E’ stata un’esperienza utile, veramente bellissima che mi ha consentito di “toccare con mano” i problemi reali della gente -sottolinea Lorenzo Buratti- e anche il valore della cooperazione. Stando sul posto impari anche un approccio differente e capisci la realtà non solo fisica, ma anche lavorativa con logiche di architettura a volte molto differenti dalle nostre”. Il presidente Ains Rizzini tiene a precisare un aspetto molto importante: “Investire denaro per portare specialisti in Guatemala non è una scelta che sottrae soldi ai progetti, ma consente di aiutare queste persone a impattare direttamente la realtà con cui altrimenti potrebbero confrontarsi solo virtualmente. Noi abbiamo garantito ai due ingegneri e alle tre infermiere vitto e alloggio gratis per due settimane, con un costo complessivo di 270 euro. Capite bene che si tratta di cifre basse, ma portano vantaggi enormi ai progetti dell’associazione”.

L’associazione lavora già a stretto contatto con alcune realtà locali: il Csv, il Collegio Ipasvi, ora anche l’Ordine degli Ingegneri. L’aspirazione è quella di rendere sempre più fitta questa rete di collaborazione. “Sarebbe importante, ad esempio, per questo centro nutrizionale riuscire a coinvolgere anche l’Ordine dei Medici e l’Ordine dei Farmacisti -conclude Rizzini- affinchè si possa incrementare un discorso di cooperazione sanitaria con il Guatemala. E da infermiere ritengo anche fondamentale una sempre maggior partecipazione del Collegio Ipasvi, perchè per un infermiere operare in questi luoghi è una grossa occasione di formazione. E non dimentichiamo anche che degli iscritti al Collegio ben 101 sono ormai gli infermieri stranieri”.

Daniela Scherrer

Ingegneri volontari in Guatemala per aiutare Ains

L’Ordine degli ingegneri di Pavia aiuta la onlus Ains nella costruzione di un centro nutrizionale in Guatemala, dove l’associazione pavese opera ormai da anni a distanza e inviando anche alcuni volontari. «Il nostro sogno – spiega Ruggero Rizzini, presidente di Ains, onlus di nursing sociale – è quello di realizzare un grande centro che possa educare a una corretta alimentazione ma soprattutto andare incontro alle fasce più disagiate della popolazione dei villaggi». L’Ordine degli ingegneri, presieduto da Giampiero Canevari, ha costituito una piccola squadra di professionisti che stanno collaborando alla costruzione del centro nel villaggio di El Rancho. Due di loro, Lorenzo Buratti e Marco Majocchi, sono partiti a ottobre e rientrati. Ora seguonoin tempo reale l’andamento dei lavori su Skype.
 
Maria Grazia Piccaluga
la provincia pavese del 4 dicembre 2012

Guatemala&Solidarietà al Girasole

Ci siamo trovati una sera di Dicembre al 'Girasole', alla frazione Frua-Chiavica di Travacò, per raccontarci in modo del tutto informale, semplice quindi bello, le immagini della solidarietà.
Amici, sostenitori, persone sì convocate da un aperitivo ma finalizzato, il momento, alla conoscenza di angoli di mondo (o di pensieri) mai incrociati. O sui quali non si rifletta mai abbastanza.
Per noi di Ains Onlus il tema ricorrente, centrale, sono i progetti in Guatemala.
Ma la solidarietà è un argomento che va diffuso e viaggia in modo orizzontale, senza soluzione di continuità.
E allora stili di vita, scelte quotidiane, pensiero critico, economia consapevole, sobrietà vanno di pari passo con le grandi tematiche. Di questo periodo storico dominato da incertezze e da grande vuoto di senso.
Ed è auspicabile che, stili e scelte, divengano da oggi in poi quel lievito necessario per costuire un altro mondo più giusto e più onesto.
Le immagini di Elisa Moretti le conosciamo: raccontano, non è necessaria la didascalia. Semmai fate una sosta al 'Girasole' e date un occhio.
I luoghi si uniscono.
Abbiamo bisogno di luoghi vivi, reali, autentici, dove le persone possano tornare a parlarsi, vedersi, confrontarsi. Filieria corta e chilometro 'zero' anche nell'eloquio quotidiano.
Per andare in Guatemala bisogna varcare l'Atlantico. Per fermarsi al 'Girasole' basta scendere dall'argine del Ticino.
Si scende da un argine e si sale in qualità.
Con queste poche righe ringraziamo di cuore Serena, Oscar e tutto il simpatico staff del 'Girasole' e a loro dedichiamo questa poesia di Pablo Neruda.

Ode a dei fiori gialli
Contro l'azzurro muovendo i suoi azzurri,
il mare, e contro il cielo,
dei fiori gialli.
Arriva Ottobre.
E per quanto sia così importante il mare che sviluppando
il suo mito, la sua missione, la sua statura,
spicca
sulla sabbia l'oro
di una sola
pianta gialla
e si inchiodano
i tuoi occhi
alla terra,
fuggono dal mare immenso e dai suoi guati.
Polvere siamo, saremo.
Non aria, né fuoco, né acqua
ma
terra,
terra soltanto
saremo
e forse
dei fiori gialli.


(poesia tratta da 'Tercer libro de las odas)

emanuele chiodini e tutto il gruppo di Ains Onlus

2 dicembre 2011

La speranza non è in vendita

"Finché c'è vita c'è speranza". Il detto è molto antico ma vero solo per metà. Non basta infatti essere vivi, per sperare: bisogna anche credere nella giustizia e impegnarsi a costruirla. Non è sufficiente indignarsi, riempire le piazze, esibire mani pulite, un profilo morale trasparente. L'etica individuale è la base di tutto, la premessa per non perdere la stima di sé. Ma per fermare il mercato delle "false" speranze bisogna trasformare la denuncia dell'ingiustizia in impegno per costruire giustizia. Questi i grandi temi che scandiscono i capitoli del libro, nei quali Don Luigi Ciotti invita a scommettere di nuovo sulle ragioni dell'impegno: Diseguaglianze, Migranti, Solidarietà e Diritti, Democrazia, Costituzione, Mafie e Chiese che "interferiscono", Legalità, Educazione e Responsabilità, Speranza. Con la concretezza che viene dal grande lavoro nel sociale, questo libro di Don Ciotti, fondatore di "Gruppo Abele" e" Libera", offre le ragioni per reagire al decadimento politico e culturale; un invito puntuale e incalzante per la mobilitazione di tutti.

27 novembre 2011

Esperienza infermieristica in Guatemala

di Cristina Campano,
Infermiera di Domodossola

Dal 1° al 18 ottobre sono stata in Guatemala con un progetto di “interscambio culturale e professionale alla pari tra operatori sanitari”, organizzato dall’AINS di Pavia (Associazione Infermieristica Nursing Sociale) e pubblicizzato dalla sezione pavese dell’IPASVI.

Cristina (a destra) in compagnia di Eleonora Ragni,
infermiera di Pavia
Avevo sempre coltivato l’idea di partecipare ad una esperienza di solidarietà nei paesi in via di sviluppo, ma varie ragioni (difficoltà economiche, figli non ancora autosufficienti..) mi avevano sempre impedito di partire. Quando, a novembre dello scorso anno, leggendo le newsletter dell’IPASVI sono venuta a conoscenza di questo progetto, ho preso subito contatti per avere maggiori informazioni. Da qui è nata un’amicizia con Ruggero Rizzini, infermiere di Pavia, promotore dell’iniziativa nonché presidente dell’ AINS, associazione che opera in Guatemala con progetti sociali, sanitari ed edilizi.
Il passo successivo è stato l’avvio di un percorso di formazione che è consistito in alcuni incontri all’AINS di Pavia sulla situazione sanitaria e sociale del Guatemala, piccolo paese del centroamerica dove più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e il 90% della terra coltivabile è in mano a multinazionali e a una decina di ricche famiglie guatemalteche.
Il percorso formativo è stato una crescita culturale, professionale e umana che mi ha permesso di conoscere il quotidiano di un altro paese e di altre realtà lavorative.
Come infermiera, ho sempre ritenuto fondamentale sviluppare un sapere scientifico e umanistico, capace di consentire la realizzazione di pratiche assistenziali specifiche per ogni cultura e universali. Per offrire un’assistenza efficace, soddisfacente e culturalmente coerente è necessario un concetto di teoria infermieristica che tenga conto dei valori e delle credenze individuali. La malattia può assumere diversi significati in contesti culturali diversi e quindi penso che per noi infermieri diventi basilare, oggi più che mai visti anche i fenomeni di immigrazione nel nostro paese, un’ interconnessione fra nursing e antropologia.
Il nostro intervento in Guatemala si è svolto perlopiù nelle aldeas, villaggi indigeni situati nelle foreste, dove le condizioni sanitarie sono disperate, non c’è acqua potabile, né corrente elettrica né strade asfaltate.
L'isolamento geografico, l'ignoranza delle più elementari forme di cura e la non conoscenza delle fondamentali regole di igiene hanno fatto sì che il nostro intervento non si limitasse ad un semplice approccio sanitario o ad un’ esportazione di tecnologie; è stato invece altrettanto importante recuperare quella semplicità del rapporto paziente-malato che da noi a volte si perde.
Nello specifico, le giornate della salute sono state un'esperienza molto forte soprattutto emotivamente. In un attimo ti si ribaltano tutte le certezze e i concetti di salute assimilati in anni di studio e di esperienza in campo infermieristico. Ti accorgi come il diritto alla salute sia un lusso di pochi....
Arriviamo in queste aldeas sul cassone del pikup dopo aver percorso strade sterrate in pessime condizioni che gli indigeni percorrono a piedi impiegandoci dalle due alle tre ore per raggiungere il primo paese. Passiamo in mezzo ad una foresta a dir poco magica e all'improvviso quel che vedo mi lascia senza parole: centinaia di indigeni con numerosi bambini, in coda per essere visitati sotto un sole cocente ed un’ umidità che sfiora il 90%.
Ci salutano con entusiasmo, scarichiamo i farmaci che avevamo raccolto prima della partenza di cui hanno estremo bisogno per far fronte almeno alle necessità più impellenti.
L'ambulatorio (chiamarlo così è un eufemismo) è un locale dove loro tengono il mais accumulato e per visitare abbiamo una panca o visitiamo sul pavimento di terra battuta. Lavoriamo assieme a tre medici volontari guatemaltechi. Questo facilita la comunicazione con la gente ma è anche importante per capire e rispettare i caratteri specifici di una determinata cultura; diventa necessario per interagire sul piano dell'assistenza pratica e consente di mettere in atto pratiche di assistenza mirate al soddisfacimento dei reali bisogni di ogni singola persona.
Non è facile descrivere quel che ti passa nella mente e nel cuore durante quelle visite: bambini dagli occhi grandi e dai sorrisi sdentati, schiacciati dalla povertà e dalle condizioni di vita disperate, ti guardano invocando fiducia nel futuro e con gioia ti ringraziano per quel farmaco o per quel dentifricio che loro mai potrebbero comprare. La carezza data sui loro volti arsi dal sole ti fa gonfiare il cuore di pianto non tanto per l'impotenza e il limite del tuo agire quanto per la rabbia di questo mondo così ingiusto che vede noi sulle nostre comode poltrone e loro scalzi morire di denutrizione.
Per questo credo nella cooperazione, credo nei progetti anche piccoli come quelli che con AINS sosteniamo. Ma credo soprattutto in coloro che di questi progetti sono i reali protagonisti perchè ho avuto modo di toccar con mano la loro capacità di reagire ad ogni circostanza sfavorevole e di auto organizzarsi.

26 novembre 2011

ieri sera a Filighera....primo incontro per presentare il progetto del nuovo centro polifunzionale in Guatemala a El rancho

Ieri sera siamo stati a Filighera, in aula consiliare, per presentare il documentario di Filippo Ticozzi, “un cammino lungo un giorno” e il progetto del centro polifunzionale, un progetto che abbiamo in collaborazione con l’ordine degli ingegneri e nello specifico il gruppo “Solidarietà e Cooperazione”. Certo, c’era nebbia e freddo, però ci siamo trovati a nostro agio e, davanti ad un pubblico, undici persone in tutto, abbiamo raccontato quello che conosciamo del Guatemala e come sarà il nuovo centro a El rancho.

Ringraziamo il gruppo Biblioteca per la disponibilità perché per noi, piccola realtà associativa, è fondamentale poter essere ospitati e soprattutto ascoltati.

Alla prossima.

19 novembre 2011

Guatemala, cosa ritorna con perez molina

di Carlos Figueroa Ibarra*
tratto da LIBERAZIONE del 18 novembre 2011

Fra lo sgomento della comunità internazionale, soprattutto quella che è più a conoscenza della storia contemporanea del Guatemala, la maggioranza degli elettori guatemaltechi ha scelto come Presidente, per il periodo 2012-2016, il generale Otto Pérez Molina.

La vittoria dell'ex-militare significherà il ritorno al governo del vertice imprenditoriale cosiddetto "tradizionale". In altre parole, la borghesia erede dell'oligarchia guatemalteca più reazionaria che recupera di nuovo un'ingerenza diretta nel governo dello Stato. Ciò non significa che con i governi di Alfonso Portillo (2000-2004) e Álvaro Colom (2008-2012) sia rimasta fuori dal potere dello Stato; ora, però, ritorna al governo la parte più consistente della classe dirigente nel contesto di una vasta gamma di alleanze politiche e sociali. Almeno tre "destre" saranno presenti nel governo di Pérez Molina. La prima sarà la destra neoliberale, dato che oggi il neoliberalismo è l'ideologia organica dei settori dominanti del paese. Sarà accompagnata dallo scontento della destra anticomunista in quanto l'anticomunismo continua ad essere un'eredità delle destre guatemalteche. Infine, in questo concerto è entrato a far parte il settore dello stesso Pérez Molina, la destra controinsurrezionale, evidente soprattutto nel gruppo di ex-militari coinvolti in crimini contro l'umanità.
E negli intrecci di questo groviglio, sarà presente uno dei grandi poteri occulti del paese: "El Sindicato". Questa organizzazione clandestina, che comprende militari genocidi e crimine organizzato, si ritiene abbia avuto origine nella promozione 1973 della Escuela Politécnica, di cui fece parte lo stesso Pérez Molina. "El Sindicato" è rivale di "La Cofradía", un gruppo simile presente nel governo Portillo e fautore della vittoria di Colom alle elezioni del 2007. È utile ricordare il mondo sotterraneo della politica guatemalteca, perché nel dimenticarlo si potrebbero imputare tali affermazioni a un'immaginazione paranoica. Molti mi chiedono se esistono davvero tali poteri occulti, domanda che dimostra il successo del loro modo d'agire.
Con Pérez Molina torna al governo una visione autoritaria e repressiva della gestione dello Stato che ha una lunga tradizione in Guatemala. Il mito dell'uomo forte con il pugno di ferro (o mano dura) che mette fine al caos sociale e impone l'ordine ha avvantaggiato Pérez Molina, come, al suo momento, avvantaggiò Efraín Ríos Montt. E' il fantasma del dittatore Jorge Ubico (1931-1944), che ritorna attraverso l'immaginario della destra più retrograda del Guatemala. Senza ombra di dubbio, la decomposizione e il degrado sociale, la dilagante violenza criminale della delinquenza di strada e comune, oltre alla criminalità organizzata, hanno creato le condizioni per un massiccio voto a favore di Pérez Molina nell'area metropolitana del paese (oltre il 71%). Sono stati i centri urbani e le loro periferie a dare la vittoria a Pérez Molina, mentre l'interno del paese, soprattutto i dipartimenti più impoveriti e con la maggioranza di popolazione indigena votarono per Manuel Baldizón, che ottenne lì il 52% dei voti. Pérez Molina e i suoi sostenitori seppero capitalizzare il desiderio repressivo delle classi medie e popolari urbane ideologizzate dai grandi mass-media, dalle Università private neoliberali e dalle mega-chiese protestanti. In questo ventaglio di alleanze, il nucleo duro della destra ha le sue radici in particolare nelle classi medie urbane animate da un pensiero reazionario sostenuto sul dogma neoliberale che è divenuto una specie di senso comune. Il resto lo fece l'inefficacia governativa nel diminuire il tasso di violenza criminale nel paese. Oggi i centri metropolitani di Guatemala e El Salvador e la Costa Atlantica dell'Honduras fanno parte della regione più violenta del mondo per numero di omicidi ogni 100mila abitanti. Tutto ciò favorisce una delle basi del successo di Pérez Molina: la richiesta di misure ferree contro la criminalità.
La vittoria elettorale di Pérez Molina non significa naturalmente il ritorno dei militari al potere. La dittatura militare terrorista non ha le condizioni esterne e interne che le diedero origine nel 1963; però, significherà il ritorno di una mentalità controinsurrezionale alleata dell'oscurantismo reazionario della classe dirigente guatemalteca. Significherà il ritorno della volontà di impunità che incoraggia tutti i genocidi del paese che hanno oggi come bersaglio immediato il Pubblico Ministero Claudia Paz y Paz che si è guadagnata l'odio per il procedimento giudiziario contro alti comandi del terrore di Stato di un periodo, i generali Humberto Mejia Victores e Héctor Mario Lopez Fuentes, così come altri imputati di livello minore. La richiesta presentata da Ricardo Méndez Ruiz Valdés, giuridicamente inconsistente, ha come bersaglio il Pubblico Ministero e non i suoi presunti sequestratori nel 1982. Per rendersene conto basta guardare la lista demenziale dei 26 accusati.
Il lato più oscuro dell'immaginario autoritario è ritornato con Pérez Molina. Il tempo ci dirà quanto durerà prima di sgonfiarsi.


*Comisión Pastoral Paz y Ecología della diocesi di San Marcos

(su gentile concessione della Fondazione "Guido Piccini" per i diritti dell'uomo onlus)

18 novembre 2011

Come cambiare il mondo con i nuovi stili di vita

Come cambiare il mondo

Con i nuovi stili di vita
Adriano Sella intervistato da Daniela Scherrer
pp. 64 - euro 5,00 - formato tascabile, in cartapaglia

Oggi la parola chiave è cambiare, non più assistere.
È molto facile fare assistenzialismo perché non richiede nessun impegno: ci si mette la coscienza a posto con il denaro o con gli aiuti e tutto resta come prima.
È cambiando, invece, che ci ritroviamo tutti sullo stesso cammino!
Fianco a fianco e passo dopo passo, per costruire un mondo dove tutti possano ritrovarsi alla stessa mensa della vita, con la responsabilità di garantire a ciascuno ciò che gli spetta di diritto, ciò di cui ha bisogno per un'esistenza dignitosa.
Diffondiamo allora questo "virus" dei nuovi stili di vita! Per contagiare tutti nell'impegno a cambiare tenore di vita, pratiche e scelte quotidiane.
Un progetto editoriale nato dall’associazione AINS onlus. Il libro ha un costo di stampa di 2,50 euro e un prezzo di vendita, stabilito dalla casa editrice EMI (editrice missionaria italiana), di 5 euro. I proventi di questo libro (2,50 euro) andranno a finanziare i progetti in Guatemala di Ains Onlus e nello specifico, la costruzione del “centro Nutrizionale” a El Rancho. Leggetelo, Promuovetelo e fatene circolare i contenuti. Grazie!

Indice

Prefazione, di Adriano Sella, 9
Introduzione, di Daniela Scherrer, 11
L'intervista, 13
Come cambiare il mondo, 15
1. Nuovi stili di vita, 15
2. Chiesa e nuovi stili di vita, 17
3. La spesa etica, 20
4. Il voto nel portafoglio, 22
5. L'impegno dei Gas (Gruppi di acquisto solidale), 24
6. Il recupero della relazione con l'altro, 26
7. Riassaporare il valore del tempo, 28
8. Nuovi stili di vita a 360 gradi, 30
9. Da nuovi stili di vita a nuovi stili di chiesa, 32
10. Concludendo il nostro dialogo, 34
Testi occasionali, 37
Tre brani per riflettere, 39
I giovani che seminano speranza e giustizia, 39
È tempo di nuovi stili di vita, per superare la nuova rassegnazione, 43
Ognuno faccia qualcosa nel suo piccolo, 48
Bibliografia e sitografia sui nuovi stili di vita, 55

17 novembre 2011

Viaggio in Guatemala 1-8 ottobre 2011

Come facciamo spesso, vogliamo che il Guatemala venga raccontato non da noi, ma da chi lo conosce bene o lo scopre per la prima volta. Quello che segue è lo scritto di Lorenzo Buratti, ingegnere di Pavia che per una settimana ci ha accompagnato nell’ultimo viaggio in Guatemala fatto ad ottobre.
Le sue sono impressioni, punti di vista, domande e una proposta finale.
Buona lettura a tutti!!!!

Viaggio in Guatemala 1-8 ottobre 2011
di Lorenzo Buratti
Mi butto improvvisamente nello scrivere, di getto, senza avere precisa coscienza di ciò che verrà nel seguito. Probabilmente sarà qualcosa di molto sgrammaticato e mal scritto ma la speranza è che l’emozione possa esservi presente in modo diretto e sincero. Come e cosa scrivere di quest’esperienza?...non è certo facile. Le emozioni vissute sono molte e, anche a distanza di qualche tempo -in verità un solo mese-, il loro ricordo resta scolpito con forza. Il ricordo è nitido e le emozioni indelebili ma quanto sono distanti, sia nello spazio che nel tempo, la magia e la realtà viva di quei momenti? Purtroppo il ritorno alla “normalità” delle solite occupazioni-preoccupazioni di ogni giorno, con il lavoro, i ritmi iper-accelerati ed il continuo inseguimento dell’istante nella sua molteplicità complessa, a cui siamo abituati qui, nel nostro cosiddetto mondo sviluppato, hanno la spietata capacità di allontanare e sublimare la realtà delle esperienze passate, quasi per pudore e vergogna nell’ammettere che possano esistere realtà “altre”, e finendo per relegare l’esperienza in una dimensione quasi onirica. Solo le foto e la forza di volontà aiutano a riafferrare l’intensa realtà di quanto vissuto. Ciò che voglio provare a descrivere non sono affatto la commozione, il senso di impotenza, la rabbia per l’ingiustizia, la pietà che inevitabilmente si provano – ed in parte ho provato – di fronte alle condizioni di povertà estrema del Poshte, alle sfortunate vicende delle donne della cooperativa dello shampoo ed alla sciaguratezza delle bimbe dell’hogar….tutto questo certo esiste ma svanisce ancora prima di essere percepito a pieno….ciò che voglio tentare di raccontare è quanto di incredibile, meraviglioso ed inaspettato ci si trovi a ricevere proprio da quelle persone che si immaginava di dover “semplicemente” andare ad aiutare. Questa inattesa ed apparente inversione dei ruoli credo non sia causata dalla soddisfazione che deriva dall’aver aiutato (per altro, nel mio caso, dove starebbe l’aiuto?) oppure come riflesso della gratitudine espressa dalla persona aiutata. Probabilmente è qualcosa di realmente inatteso e spiazzante che si verifica poiché vengono disattesi tutta una serie di preconcetti e luoghi comuni ben radicati che in passato sono stati divulgati dai pionieri del puro assistenzialismo, enti ed organizzazioni, fermamente barricati sulle posizioni che li vedevano, nel proprio operato, inchiodati al meccanismo del “dono” e su posizioni di aprioristica superiorità a 360°. In sostanza l’impressione è che in quest’esperienza è infinitamente di più ciò che ho ricevuto piuttosto che ciò che ho dato. Sono anche certo che ciò è stato possibile solo per il fatto che gli incontri con le persone sono stati dei reali momenti di contatto umano e tutto questo è stato possibile solo grazie allo speciale rapporto che l’associazione AINS ha deciso di stabilire con i suoi “beneficiari” (parola che personalmente trovo orribile!), diretto e duraturo, decidendo di concentrare i propri sforzi su realtà più circoscritte, con il valore aggiunto di poter conoscere per nome una ad una (o quasi!) tutte le persone raggiunte dai progetti. Cerco di dare un po’ più di concretezza a questi discorsi parlando di quanto visto e provato di persona. Di certo posso dire di non conoscere neanche l’1% del Guatemala. In effetti non conosco molto neanche l’Italia, nonostante ci viva da 29 anni?....ma questo è poco importante. Di italiani ne conosco abbastanza, di tutti i tipi, e di guatemaltechi ne ho incontrato (dire “conosciuto” sarebbe un po’ eccessivo ) appena qualcuno. Nonostante i guatemaltechi conosciuti siano pochi e appartenenti a poche categorie, noto che alcune differenze sono subito piuttosto evidenti. Forse l’unico che posso dire di conoscere “abbastanza” è Alvaro…ma non serve un genio per capire che Alvaro è una persona che si può definire quanto meno “particolare” o, più semplicemente, “speciale”. La cosa che mi ha stupito più di tutte ed è un po’ la maggior differenza – senza generalizzare – tra il guatemalteco e l’italiano (anche se, per limitata esperienza personale, direi vale anche tra brasiliano ed italiano) è l’ attiva fiducia nel futuro che caratterizza il primo e manca totalmente nel secondo. E’ realmente destabilizzante ed annichilente notare una simile forza, calma, perseverante, sicura, quasi mistica…che fa vivere queste persone nella speranza reale di un futuro migliore. Ma non si tratta di ottimismo inoperoso ed inconsistente. E’ supportato da volontà forte ed azione. Quasi tutti credono e si adoperano per costruire questo futuro migliore per se, la propria famiglia e la propria comunità. La differenza con la situazione italiana (e, immagino, delle altre economie occidentali in crisi economica, di identità e di valori) è percepibile con banale immediatezza. Mi viene da descriverla come una realtà “inchiodata”, fermamente bloccata ed immobile, avvitata su se stessa e che si sostiene solo grazie alla caparbia difesa delle rendite e dei privilegi di sempre, storicamente acquisisti. Insomma: senza futuro. Qui le persone, i giovani soprattutto, respirano quest’aria ogni giorno. Come immaginare il futuro? Quali prospettive? Cosa fare per trovare i propri spazi? Perché nessuno crede in loro davvero e lavora per aprire loro opportunità, visto che con le loro sole forze non fanno che sbattere contro muri invisibili o immaginano fughe all’estero? Le persone (soprattutto le donne) incontrate in Guatemala, a dispetto di un indole pacata e tranquilla, mi sono sembrate molto determinate e, in generale tutti, sembrano avere ben chiare le proprie priorità ed i propri valori. E’ disarmante vedere nel documentario di El Poshte come bambini di 8 anni abbiano già chiare quali sono le cose che ritengono importanti nella vita e quali le proprie aspirazioni future, mentre qui da noi è del tutto normale arrivare a 30 e non aver capito ancora niente!!! La giornata trascorsa all’hogar insieme alle bambine di Mazatenango rappresenta per me il massimo per quanto riguarda l’intensità dell’esperienza e la dimostrazione certa del fatto che immaginando realtà e situazioni da qui, prima di farne diretta esperienza, si è completamente confusi e sviati da preconcetti privi di fondamento - che sono forse una sorta di meccanismo di autodifesa della supposta superiorità del nostro modello occidentale -. Infatti le premesse sulla situazione ed il vissuto delle bambine sono qualcosa di veramente terribile: storie di situazioni famigliari indescrivibili per la loro bassezza, racconti di violenze da far accapponare la pelle, la più sconfinata miseria materiale. Insomma, praticamente quanto di più impressionante immaginabile, in grado di toccare e portare alle lacrime il più cinico dei cuori di pietra. E poi, ad appena cinque minuti dal primo incontro con loro…noi, adulti mai visti prima, arrivati da un paese lontano, che parlano un'altra lingua, con strana barba e riccioli…una sorpresa davvero indescrivibile a parole: fiducia ed affetto sconfinati, reciproci; parlare, giocare, stare insieme come se ci si conoscesse da sempre; certezza di una felicità ed una serenità letteralmente inimmaginabili per delle creature con alle spalle un passato così travagliato ed un presente così particolare. E’ stato davvero un incontro magico e devo confessare che ogni giorno il mio pensiero vola più e più volte all’hogar, per ricordare i sorrisi e le voci di ciascuna delle bambine e per immaginare il momento in cui (spero accada il prima possibile!) tornerò là e potrò incontrarle di nuovo. Sicuramente in quell’occasione piangerò dalla felicità. L’unico rammarico è non aver imparato tutti i loro nomi! Ma credo e spero si possa rimediare in tempo utile grazie alle foto! Oltre a questa sorpresa, l’esperienza dalle bambine mi ha fatto anche riflettere su quanta infelicità esista nei bambini che vediamo attorno a noi qui in Italia, nonostante vivano in situazioni di (eccessiva!) abbondanza a livello materiale. Sembra che gli adulti (perché la colpa non può che essere loro) facciano di tutto per crearsi problemi e sofferenze barricandosi dietro egoismi personali e futili problemi di coppia che inevitabilmente si riflettono sulla serenità e felicità dei loro figli. Quando conosci direttamente simili situazioni di bimbi e famiglie italiane infelici e hai sperimentato quanta gioia di vivere e serenità in più abbiano, contro ogni apparenza, le bambine di Mazatenango, ti rendi conto dell’egoismo e della pochezza in cui spesso viviamo. Finisco. Forse sbaglio ed ho immaginato tutto per qualche mia strana distorsione mentale…ma è proprio ciò che più mi ha colpito e mi è sembrato di percepire. Erano tutti semplicemente felici per il fatto di ricevere una visita da così lontano? Certo la felicità e la gratitudine c’erano ed erano veramente qualcosa di toccante e commovente. Ma non era solo questo… .Forse alcuni contesti sono così schiacciati dalla povertà e dalle condizioni di vita disperate (penso alle giornate di salute a cui non ho partecipato) che questo spirito positivo e questa forza per cercare un po’ di miglioramento non trovano posto? Forse la “magia” avviene solo dove arriva l’appoggio da parte nostra (il progetto) che, dimostrando di credere in loro e nella capacità di autorganizzazione del gruppo e fornendo loro la possibilità di scegliere su cosa e come investire, va a mettere in moto una reazione a catena di meccanismi virtuosi che amplificano sempre più la determinazione e la fiducia delle persone? Si, probabilmente esiste anche questo, ed è uno dei motivi per cui bisogna fare cooperazione e farne sempre di più…ma, a questo punto perché non vogliamo/riusciamo a fare cose simili anche a casa nostra? Io credo che la differenza di mentalità esista ed è il vero tesoro di cui si va in cerca quando ci si muove da qui per operare in quei contesti. Il sogno sarebbe quello di riuscire a portarne qui da noi un pallido riflesso, un barlume di speranza per le persone tiepidamente cullate nel benessere ed inebetite davanti alla TV, ridotte quasi esclusivamente al loro ruolo di consumatori. Io credo che più persone possano fare simili esperienze nella propria vita più possa esserci vero sviluppo per tutti. Infatti, forse, quelli che più necessitano della cooperazione siamo proprio noi. Quasi tutti i problemi del mondo li abbiamo infatti generati noi, partono da noi. E’ davvero quello attuale il modello che vogliamo esportare? Credo che abbiamo bisogno di cambiare noi per primi il modello di sviluppo, al più presto, perché solo dal nostro cambiamento può nascere il miglioramento immediato delle condizioni di vita di tutti. Ma come e cosa fare? Forse abbiamo perso qualcosa lungo la via…e allora perché non tornare a vedere il mondo non ancora a cavallo dalla locomotiva impazzita della crescita a tutti i costi? E da lì ricominciare.











Dante Liano: «Il mio Guatemala malato di neoliberismo»

Nato nel dipartimento di Chimaltenango (Guatemala) nel 1948, si laurea in letteratura all'Univesità di San Carlos di Guatemala nel 1973 e nel 1977 completa il dottorato all'Università di Firenze. Dai primi anni '80 risiede in Italia e attualmente ricopre la qualifica di professore ordinario di Lingua e Letterature Ispano-americane presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Narratore e critico letterario, è uno dei più importanti autori centroamericani contemporanei, autore di numerose pubblicazioni, tradotte in inglese, francese, tedesco e italiano, che spaziano dalla narrativa alla saggistica. Nel 1991 ha vinto il Premio Nacional de Literatura Miguel Ángel Asturias (massimo premio letterario guatemalteco) e dal 2000 collabora con il premio Nobel Rigoberta Menchú alla stesura di varie opere di letteratura per ragazzi.
 
Ieri pomeriggio alle 18.30, nella Sala Conferenze del Broletto, è stato nostro ospite Dante Liano - uno dei più importanti intellettuali e scrittori guatemaltechi, amico e collaboratore del premio Nobel Rigoberta Menchù, per la prima volta a Pavia, nell'ambito del Festival dei Diritti. Prendendo spunto del tema del confronto tra generazioni, Liano ha parlato delle “Conseguenze culturali” generate dal neoliberismo e dai modelli di welfare applicati nelle società, italiana e guatemalteca, per capire in che direzione vanno i due popoli, con quali somiglianze e quali differenze nel rapporto tra generazioni. La riflessione ha avuto inizio dopo la proiezione del cortometraggio del regista pavese Filippo Ticozzi, “Un cammino lungo un giorno”, breve ed emblematico viaggio-documentario all'interno del piccolo villaggio di El Poshte, sulle montagne del Guatemala, nella regione di El Progreso, abitato prevalentemente da bambini. E' proprio attraverso il vissuto dei bambini che Ticozzi racconta una giornata tipo in questo luogo, non molto lontano dalla città, ma da cui ci si può allontanare solo attraverso un lungo sentiero impervio. Prodotto da La Città Incantata, in collaborazione con A.I.N.S. Onlus, il film si è aggiudicato due importanti riconoscimenti: il Premio "Rastrello d'Oro” del Corto & Fieno Festival del Cinema Rurale (Ameno e Armeno, No, settembre 2011), e la Menzione Speciale al Priverno Film Festival (Latina, giugno 2011).
A proposito di anziani e bambini, a Dante Liano abbiamo chiesto quale Paese, tra Italia e Guatemala, li tutela di più.
Essere anziani in Guatemala, è una condizione di svantaggio o di vantaggio?
«E' chiaramente una situazione si svantaggio, se pensiamo che in Guatemala le garanzie di tutela sociale, seppur sancite da una legislazione in questo senso positiva, ispirata al modello occidentale, sono di fatto del tutto assenti. La salute è una questione gestita completamente dalle ditte private, le cure, anche quelle basilari, hanno costi altissimi. Chi può pagarle sopravvive, chi non può, magari dopo essersi venduto la casa e la terra, soccombe. Se chiedessero a me, per esempio, di rientrate in Guatemala per la mia vecchiaia, ci penserei due volte, sapendo che tutti i miei risparmi finirebbero in mano a medici imprenditori che della salute fanno un business, in barba al giuramento di Ippocrate». E essere bambini?
«Peggio ancora. In questo momento in Guatemala ci sono 25mila bambini che stanno morendo di fame, una situazione che non si vedeva da anni, oggi aggravata dalla crisi economica».
Di chi è la colpa?
«E' una conseguenza naturale del modello economico del neoliberismo sfrenato, che si è imposto nei Paesi dell'America Latina e che miete vittime con la sua idea di welfare privato e di tutela sociale inesistente, per cui la salute è un privilegio di chi può permettersela, non un diritto di tutti. In Guatemala l'aspettativa di vita è molto bassa, la maggior parte della popolazione ha meno di 35 anni e questo ha un'altra conseguenza negativa».
Quale?
«Così si sgretola una tradizione comunitaria tipica delle società dell'America Latina, in cui i giovani si prendono cura degli anziani e gli anziani garantiscono una rete familiare e sociale che da sola costituisce una tutela sociale che non avrebbe nemmeno bisogno di un welfare organizzato. Ma il neoliberismo insegna che ognuno fa per sè».
 
marta pizzocaro
la provincia pavese, 16 novembre 2011

11 novembre 2011

Guatemala, nuovo governo vecchie maniere

Il paese ha scelto un ex generale reazionario dal passato torbido, Perez Molina, quale nuovo presidente, ma non ha nessuna speranza di cambiamenti futuri

di Stella Spinelli, http://it.peacereporter.net/articolo/31411/Guatemala%2C+nuovo+governo+vecchie+maniere


Alla fine, il risultato delle urne in Guatemala non ha sorpreso nessuno: Otto Pérez Molina, 51 anni, generale in pensione dai mille scheletri nell'armadio ha trionfato sul Berlusconi guatemalteco, Manuel Baldizón, e fino al 2016 tenterà di governare un paese in ginocchio per delinquenza e crisi sociale. A votare è stato il 54,84 percento dei cittadini, con un'affluenza molto più bassa rispetto al primo turno di fine settembre. La sua vittoria? Tutta incentrata sulle promesse di sicurezza in un paese in cui gli omicidi sono a un tasso spaventoso: i primi nove mesi dell'anno contano 2496 morti ammazzati, facendo del 2011 l'anno più violento dell'ultima decade. Nel suo piano di governo si parla di sicurezza e giustizia, con tre priorità: neutralizzare il crimine organizzato, le bande giovanili (maras) e la delinquenza comune. E in più si punta tutto sul rafforzare le istituzioni, ridotte a mere caricature di se stesse, e porsi quale paese guida contro il narcotraffico regionale. Tutte mete molto ardue e verso le quali comunque i cittadini restano scettici. Anche perché dovrà scendere molto a compromessi con altre forze politiche, con le quali è costretto ad allearsi per riuscire a formare una maggioranza decente in Parlamento.

A inquadrare questo scetticismo disilluso generalizzato è Alberto Arce, che ha vissuto la tornata elettorale fra la gente di Ciudad de Guatemala, riportando opinioni e commenti illuminanti da tre diverse zone della città, fra loro opposte, eppure accomunate dal medesimo sentimento.
"Alejandro Cid, studente di agronomia di 25 anni, è volontario del Tribunale Supremo Elettorale - racconta Arce -, e così ha potuto parlare con tranquillità con le vari guardie del corpo" che a Los Arcos, una delle zone più esclusive della capitale, accompagnano i ‘signori' in ogni loro pratica quotidiana. Vederli è la norma, come lo è incontrare le domestiche in uniforme.
E infatti il volontario ha posto la medesima domanda a tutti i votanti: "Crede che, indipendentemente da chi vincerà, il Guatemala vivrà un cambiamento a partire da gennaio 2012?". E le risposte sono state sorprendentemente eloquenti.
"No, perché la normativa elettorale di questo paese viene violata sistematicamente - spiega la guardia del corpo -. C'è un limite di spesa in campagna elettorale che mai viene rispettata. Qui si spende moltissimo ddenaro durante una campagna lunghissima. Questo obbliga i partiti a compromettersi con troppa gente. Con persone che non sono necessariamente armate di buone intenzioni. Il finanziamento delle campagne è un investimento. E tutti gli investimenti hanno bisogno di un ritorno, di una restituzione con gli interessi. Vinca chi vinca e anche nelle migliori tornate elettorale, i candidati sono legati dai debiti e dai compromessi. Fino a che non cambierà questo, il Guatemala continuerà a essere uguale, chiunque sia il presidente".
Juan Antonio è un avvocato in pensione, ha una certa età, e si unisce alle parole del giovane guardiaespaldes: "Senti, dicono che la speranza è l'ultima a morire, ma sia per l'uno che per l'altro sarà molto difficile portare a compimento i loro programmi elettorali, sempre che veramente vogliano farlo. Il paese è affossato, le casse sono vuote e le proposte che presentano mancano di fondamento e di strumenti che le portino a compimento. Il mondo delle promesse non rispettate. Questa è la migliore definizione per l'anno che verrà".
Ma non tutti i votanti sono convinti della logica di limitarsi a votare il meno peggio. Qualcuno ha trovato una soluzione che va oltre l'umano. Una donna truccatissima e ingioiellata che nega di dare il proprio nome vuole, con veemenza, essere ascoltata e introduce un fattore più determinista dei cittadini precedentemente intervistati. "L'unico in cui confido è Dio, che saprà dare saggezza a chi vincerà. Egli è l'unico che può giudicare le azioni dei nostri governanti, che sono responsabili davanti all'Altissimo". E davanti al popolo? "Io non ho fiducia nel popolo. Non doveva nemmeno chiederlo".
C'è anche qualcuno, però, che invece guarda al futuro con ottimismo. Sono Mario e Maria che precisano: "Andrà per il meglio e il cambiamento sarà positivo. Indipendentemente da chi vincerà, sarà impossibile che si prosegua così. La situazione è insostenibile. Non posso immaginarmi, né voglio, che il paese continui così: la cittadinanza è ogni volta più cosciente del proprio potere, della propria capacità di incidere, di controllare e di obbligare la politica ad agire in maniera corretta".
Paulina López, amministratrice d'azienda, è giovane tanto da essere la seconda volta in vita sua che è chiamata alle urne. La sua opinione, però, va a rafforzare lo scetticismo generalizzato. "Non può esserci un cambiamento significativo nel paese, solo cambiamenti marginali, puro maquillage. Il paese deve cambiare da dentro, da ognuno di noi. I politici possono solo alleviare i sintomi, se ci provano, ma mai potranno andare in profondità ai problemi che ci colpiscono. Corruzione, povertà e narcotraffico. Primo perché non avranno nessun interesse a farlo e secondo perché anche se volessero, non possono. Il Guatemala non può cambiare dall'alto".
Alejandro Rivera, 41 anni, si definisce ricercatore e precisa: "Guarda il mio berretto: Oficial de narcoticos. Questo è il mio messaggio nel giorno delle elezioni. Il problema è il narcotraffico. Ho iniziato a realizzare una indagine sul corporativismo nel paese, la relazione fra il potere economico e il potere politico e ho finito capendo che se i finanziatori del potere non cambiano, questo non cambierà. Nessun presidente potrà uscire dalle rotaie marcate dal potere economico. Il mio messaggio è chiaro. Nessuno potrà uscire da quello che detta il potere reale, quello del narcotraffico, che tramite il lavaggio di denaro sporco e il finanziamento della politica, è colui che comanda davvero in questo paese, come in altri della regione".
Calixto ha invece 19 anni e abita in tutt'altra zona, lontano dai fasti di Los Arcos, fra la classe media: "Nessun presidente può cambiare niente se non è timoroso di Dio e se noi guatemaltechi non seguiamo l'insegnamento della Bibbia". Di tutt'altro avviso è Manuel Paniagua, logista di mezza età: "Mai in vita mia ho ricevuto nulla di valido da nessun governo di questo paese. Penso che da sempre manchino le proposte concrete".
Quindi una raccolta di risposte nell'estremo oriente della capitale, nella Colombia El Gallito, zona 3, una delle più emarginate. El Gallito è il luogo dove nessuno vuole andare, ino ogni strada ci sono blocchi di cemento perfettamente ordinati e pronti per fermare qualsiasi persona che sfugge al controllo di coloro a cui niente sfugge. È l'antitesi di Los Arcos. Mario Díaz, 50 anni, è l'unico tassista che ha accettato di portare Alberto Arce fin qui, raddoppiando il prezzo della corsa. Questa zona è lo specchio dei mali del paese. "L'unico governante che ha abbassato la delinquenza è stato il generale Ríos Montt - sbotta -. Questo paese è selvaggio, ci sono sparatorie, assalti, corpi squartati da ogni lato. Sono un tassista e lo vedo, e niente mi sorprende. E non dovrebbe essere così. Solo con la mano dura potrà risolversi. Solo un generale può risolverlo. Risolvendo il problema sicurezza, forse anche il resto dei problemi miglioreranno".
Tutto intorno cozza con Los Arcos, persino la musica che sale dai bar: là marimba, qua cumbia. Ma identico è lo scetticismo di chi ha appena votato. Uno di questi è Carlos Cabrera, studia all'università di San Carlos: "I due candidati? Uno offre solo pagliacciate e l'altro è da otto anni che offre la stessa tiritera. Promesse e ipotesi senza fondamento. A nessuno importa di noi. Solo ai benefici che loro e quelli della loro classe possono ottenere". E che si tratti di due personaggi corrotti è opinione diffusa. "Nessuno porterà a termine quanto promette - spiega Velvet Coló - appena eletti parleranno solo con i narcos e con i ricchi. Perché ho votato? Perché me lo ha chiesto la Chiesa e perché è un dovere civico".

1 novembre 2011

"Come cambiare il mondo con i nuovi stili di vita". Il libro intervista di Daniela Scherrer ad Adriano Sella

E' disponibile il volumetto "Come cambiare il mondo con i nuovi stili di vita", (Emi edizioni) un'intervista di Daniela Scherrer al nostro amico missionario Adriano Sella.

Costa 5 euro.
I proventi di questo libretto andranno a finanziare i progetti in Guatemala di Ains Onlus.
Promuovetelo, acquistatelo e fatene circolare i contenuti.
Da gennaio disponibile in tutte le librerie.
Grazie!

In questo agile libretto Adriano Sella, ideatore del movimento Gocce di Giustizia, propone i nuovi stili di vita come cammino etico per tutti, a prescindere dal credo di ognuno. Sella ci dice cosa significa concretamente 'nuovi stili di vita'. Perché sono l'antidoto alla rassegnazione. Perché sono la chiave per cambiare il mondo. Adriano Sella, originario di Vicenza, è missionario sacerdote della diocesi di Padova dopo una lunga esperienza in Brasile. In Italia ha promosso la creazione del movimento Gocce di Giustizia. Coordina la Commissione diocesana Nuovi stili di vita e la Rete interdiocesana Nuovi stili di vita. È autore di: "Una solidarietà intelligente" (Edb, 2007); "Miniguida dei nuovi stili di vita" (Monti, 2010); "Per una chiesa del Regno" (Emi, 2009); "Via Crucis dei nuovi stili di vita" (Emi, 2010).

Collana: Gli infralibri
Editore: EMI
Data di Pubblicazione: Ottobre 2011
Autore: Adriano Sella, Daniela Scherrer

31 ottobre 2011

Il Festival dei Diritti apre le porte e arriva fino in Uganda

Proprio pochi giorni fa il regista Filippo Ticozzi è tornato dalla sua ultimo viaggio: un’esperienza in Uganda per realizzare un breve documentario che verrà presentato in anteprima domenica 6 novembre alle ore 21.00 a Pavia, nella ex Chiesa di Santa Maria Gualtieri, nell’ambito del Festival dei Diritti.



Il tema del Festival quest’anno è il confronto tra generazioni. L’Uganda è il paese più giovane del mondo. La popolazione è formata prevalentemente da bambini e ragazzi, tanto che più del 50% della popolazione ha meno di 15 anni. Cosa vuol dire, quindi, diventare “vecchi” in Uganda? Come sono i rapporti tra nonni e nipoti dove oggettivamente di nonni ce ne sono molto pochi? Quali sono le aspettative di un bambino in un paese dove manca quasi completamente la generazione degli “adulti”? Un confronto tra generazioni che è anche un confronto tra due paesi, così lontani eppure così vicini… perché alla fine il mondo sognato dai bambini si assomiglia molto. Filippo Ticozzi, dopo il documentario Un cammino lungo un giorno, che racconta di un piccolo villaggio in Guatemala popolato quasi solo da bambini, che ha già raggiunto diverse mete italiane con oltre 12 selezioni in Festival cinematografici e aggiudicandosi diversi premi, ha voluto cimentarsi con la sua prima esperienza “africana” con l’Associazione Italia Uganda, la quale da oltre dieci anni realizza progetti di aiuto nel Paese, rivolti in particolare a bambini e ragazzi in difficoltà. L’Associazione in Uganda ha costruito e gestisce scuole che accolgono oltre 3.000 ragazzi, sostiene a distanza più di 1.000 studenti bisognosi, distribuisce oltre 4.500 pasti caldi al giorno, assiste circa 2.000 persone al mese nella sua clinica di Kampala e ospita decine di bambini e ragazzi orfani nelle proprie strutture. La proiezione, il 6 novembre a Pavia, del documentario di Filippo Ticozzi, che sarà integrato con una parte girata in Italia, offrirà anche l’occasione per confrontarsi con quelle realtà che nel nostro Paese si occupano di invecchiamento attivo, perché dal confronto e dall’apertura verso altri “mondi”, vicini o lontani che siano, c’è sempre da imparare.


Per informazioni potete contattare direttamente il regista, Filippo Ticozzi, al 348 5181553.

25 ottobre 2011

ONG: una storia da raccontare

Cosa c’è dietro la sigla ONG? Come sta oggi il volontariato internazionale in Italia? Quali le prospettive per il futuro? Sono alcune delle domande che trovano risposta in questo volume che ripercorre le fasi e gli avvenimenti più importanti della storia delle Organizzazioni non governative (ONG) italiane, dalle sue origini ad oggi. Entrando da protagonista nelle pieghe di questa storia, l’autore ne ricostruisce le dinamiche, ne approfondisce le problematiche e ne svela tanti retroscena: dalle origini del volontariato fino alla globalizzazione delle ONG e alle multinazionali della solidarietà, passando per l’avvio della cooperazione governativa negli anni Sessanta del secolo scorso; l’era dei finanziamenti pubblici, il FAI e la legge 49/1987 negli anni Settanta e Ottanta; l’arrivo di “mani pulite? alla Farnesina e l’inizio della burocrazia soffocante per le ONG negli anni Novanta; la definizione nel 2000 degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio da parte delle Nazioni Unite e la svolta dell’11 settembre 2001 che ha segnato in modo irreversibile il paradigma dello sviluppo. In un momento in cui il settore appare sempre più complesso e articolato, la tesi sostenuta dall’autore è che oggi in Italia tra le sfide più urgenti per l’intero sistema della cooperazione vi è quello di fare chiarezza tra le diverse identità e anime del non governativo, e di non tradire il "modello italiano" – vincente in altri settori – basato sulla valorizzazione delle specificità e sul radicamento nei territori dei suoi attori.

Sergio Marelli

ONG: una storia da raccontare
Dal volontariato alle multinazionali della solidarietà
Biblioteca di testi e studi
€ 20,00
2011 pp. 184
Carocci editore

23 settembre 2011

GUATEMALA E AINS ONLUS: UN CAMMINO DI SOLIDARIETA' LUNGO 12 ANNI....

MARTEDI' 27 SETTEMBRE 2011
ore 21.00 - 23.00
SALA DELL'ORATORIO PARROCCHIALE DI SAN MARTINO SICCOMARIO
AINS ONLUS ORGANIZZA UN INCONTRO PUBBLICO SUL TEMA
'GUATEMALA E AINS ONLUS: UN CAMMINO DI SOLIDARIETA' LUNGO 12 ANNI....'
INTERVERRA'
ALVARO AGUILAR ALDANA
RESPONSABILE DEI PROGETTI AINS ONLUS IN GUATEMALA E DELLA FONDAZIONE CFCA

SONO INVITATI TUTTI SOSTENITORI DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE,
GLI AMICI DI AINS ONLUS E DEL GUATEMALA
E TUTTI I CITTADINI DI SAN MARTINO INTERESSATI ALL'INIZIATIVA.
DATA LA PRESENZA DI ALVARO AGUILAR IN ITALIA, NOSTRO OSPITE, L'OCCASIONE SI RIVELA PROFICUA PER CONOSCERLO DI PERSONA E PER DIALOGARE CON LUI INTORNO AI TEMI DEI NOSTRI PROGETTI DI SOLIDARIETA'.

13 settembre 2011

Solidarietà

E' una parola chiave del nostro tempo e che affonda le proprie radici negli ideali di libertà, giustizia sociale e uguaglianza, simbolo e testimone universale di tutti coloro che in tutti i tempi, ma in particolare negli ultimi due secoli, hanno operato e lottano per il riscatto dell'umanità.
Riscatto e solidarieta'; riscatto è solidarietà.Un binomio inscindibile E' dignita': dell'essere umano, del lavoro, delle relazioni.
Solidarietà e' affermazione alta del valore dell'etica. E' etica di per se', costume, morale che dovrebbe scorrere in modo naturale nelle vene di tutti coloro che agiscono e che credono nel principio moderno di cittadinanza. Solidarietà e' educazione e via massimamente efficace per un percorso pedagogico che porti la persona umana ad una maggiore livello di civiltà attraverso la gratuità e la sobrietà.
Solidarietà dunque è stile di vita che investe le scelte di ciascuno nell'oggi, adesso, in questo tempo, in questi momenti.
Soprattutto nel nostro tempo storico, contemporaneo, che viviamo all'insegna dell'incertezza e dell'instabilità, spesso violenta, di un mondo che non si decide a trovare la quadra.
Solidarietà perche' un ordine nuovo non violento e responsabile si possa affacciare vincente, domani, nel consesso delle nazioni così che la sciagura della guerra come mezzo per la risoluzione dei problemi internazionali possa essere messa definitivamente al bando dal teatro della storia.
Solidarietà perchè i popoli e le comunità devono essere chiamate, imparare, apprendere a convivere e a dialogare, nel rispetto di differenze, storie, collocazioni filosofiche o religiose, biografie personali.
Solidarietà e l'antidoto ad ogni forma di colonialismo nuovo o residuale di un tempo precedente.
Senza queste convinzioni generali non potremmo minimamente accostarci ad affrontare i viaggi in Guatemala, il paese del centroamerica verso il quale noi rivolgiamo le nostre attenzioni e dove proponiamo progetti di solidarietà, appunto.
Sostegni a distanza nella scuola San Josè di El Rancho , più di 150 bimbi seguiti ad oggi; sostegno ad una casa di bimbe in quel di Mazatenango; sostegno a tanti villaggi di campesinos dispersi sulle sierre del Guatemala.
Tanto impegno in 12 anni; tanti risultati raggiunti. Perche?
Perche noi viviamo la solidarietà e l'impegno non in una veste professionale o vincolati da particolari appartenenze a grandi consessi e organizzazioni.
Perche' viviamo la solidarietà in una chiave di autonomia e di autenticità, e non abbiamo bisogno di sentirci legittimati da competizioni o premi di produzione da raggiungere in merito ai nostri traguardi: tutto è a misura d'uomo e di comunità.
Solidarietà non per creare dipendenze, o sistemi, o circuiti professionali di carità spesso ipocrita ma, al contrario, per creare autonomia, educazione e crescita di coloro che sono sostenuti, divenuti a loro volta nostri amici.
Noi, che ci siamo definiti 'operatori laici di solidarietà'...o più prosaicamente 'irregolari della solidarietà'. Noi col nostro lavoro e la nostra professione ma con la volontà acquisita negli anni di mettere a disposizione tempo e una parte di risorse personali da destinare a chi non è agiato come noi.
Solidarietà come sfida e resistenza civile in un mondo pieno di intolleranza, ingiustizia e violenza. Noi, che crediamo e proponiamo questi valori, in direzione ostinata e contraria, sempre, come direbbe Faber.
Solidarietà come estrema ratio della speranza: perche', alla fine, dove la Carithas e' vera, saranno davvero 'beati i miti perchè avranno in eredità la terra'.
Grazie,

emanuele chiodini - ains onlus

(*) intervento pronunciato nel corso dell'iniziativa pubblica 'Prossima fermata Novi Ligure' e svoltasi presso il parco pubblico 'L'Isola dei bambini ' . Questa bella iniziativa è stata organizzata da diverse realtà associative di Novi Ligure e supportata dal patrocinio dell'amministrazione comunale. Sono intervenute 21 realtà associative operanti nel mondo del volontariato sociale. Ognuno ha conferito su una parola o tema chiave per 5 minuti. A noi, manco a dirlo, è toccato il termine Solidarietà.....

El Quinze de Ani....


Ani Mendez Aguilar nel suo vestito

Il 26 Agosto scorso Anamaria ha compiuto 15 anni.

Questo è il compleanno più originale per una ragazza dell'America Latina.
E' il primo giro di boa della vita, generalmente il più festoso e gioioso, e che introduce ad un'anticipata maggiore età, esclusiva caratteristica riservata al genere femminile in questa parte di mondo, Tropico e dintorni.
Un'antica, originale tradizione locale, che affonda forse le radici nei costumi ancestrali dei popoli indigeni, qui, nella Mesoamerica senza dubbio Maya, e che segna la possibilità per le ragazze di 'casarse', di sposarsi, di prendere marito, di costruirsi una famiglia.
Insomma l'ingresso effettivo e per la porta principale nell'età adulta.
Non è raro trovare in Guatemala, ancora adesso, nuclei familiari giovanissimi: spose ragazze e altrettanti giovanissimi consorti che nella pienezza della gioventù scelgono la tradizione, la festa nuziale, i figli, mai pochi a riempire giornate, impegni e dimore troppo spesso insufficienti e disadorne per una vita normale e decorosa.
Ma il 'Quinze' e' festa, indubbiamente. Al di là di ogni eventuale talamo.
La nostra Ani, bontà sua, per ora, intende seguire un'altra strada.
Studiare e crearsi una prospettiva professionale: la mèta dovrebbe l'università. Poi si vedrà; la scelta sarà sua e solo sua.

Ani Mendez Aguilar con la mamma

Ma al Rancho la sua festa del Quinze non è mancata.
Festa dignitosa, normale e senza esagerazioni eccessivamente nordamericane, queste sempre al limite del buon gusto. L'influenza nefasta degli Stati Uniti, nei suoi usi commerciali e abitudini peggiori, trova in centroamerica terreno fertilissimo. Un anestetico, un narcotizzante a suo modo.
Per Ani festa bella e semplice.
Messa alle 18 nella chiesa parrocchiale del Rancho dedicata a San Josè e poi festone nel Salon Municipal del villaggio: piatti della tradizione guatemalteca a volontà (churrasco su tutti...la comida mas tipica...), torta del quinze colorata e decorata in celeste seguendo l'intonazione dell'elegante vestito indossato da Ani durante la giornata, e baile fino all'alba.
Anche questo è El Rancho, questa è l'America Latina che noi conosciamo e che scorre un po' anche nelle nostre vene.

Tanti auguri Ani!!!!

 Nos tenemos por la gracia/ de aberlo dejado todo;/ ahora vivimos libres/ del tiempo de ojos celosos;/ y a la luz le parecemos/ algodon del mismo copo./
El Universo trocamos/ por un muro y un coloquio./ Pais tuvimos y gentes/ y unos pesados tesoros,/ y todo lo dio el amor/ loco y ebrio de despojo./
Quiso el amor soledades/ como el lobo silencioso./ Se vino a cavar su casa/ en le valle mas angosto/ y la huella le seguimos/ sin demandarle retorno./

(tratto da 'La dichosa' di Gabriela Mistral)