7 dicembre 2012

Beretta Arrigoni ha presentato il libro sul figlio che sognava la pace


Egidia Beretta con Elisa Moretti, vice-presidente di Ains onlus

Egidia Beretta, mamma di Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza nel 2011, ha presentato ieri in Santa Maria Gualtieri, ospite di Ains e Csv, il suo libro “Il viaggio di Vittorio”. Egidia ha raccontato la breve vita di suo figlio, il cui barbaro assassinio, avvenuto Gaza nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2011, è stato pianto dai giovani di tutto il mondo. Giovani che attraverso Vittorio hanno conosciuto e capito come si può dare un senso a valori come giustizia, pace, fratellanza e solidarietà. Il libro racconta Vittorio volontario, attivista, pacifista, una voce libera che raccontava Gaza dall’interno. Erano presenti: Gianni Vaggi, pro rettore alle relazioni internazionali dell'università di Pavia; Francesca Bellotti, volontaria presso l’Aida Refugee Camp, vicino a Betlemme.
Bisogna morire per diventare un eroe, per avere la prima pagina dei giornali,per avere le tv fuori di casa, bisogna morire per restare umani? Mi torna alla mente il Vittorio del Natale 2005, imprigionato nel carcere dell’aeroporto Ben Gurion, le cicatrici delle manette, i contatti negati con il consolato, il processo farsa. E la Pasqua dello stesso anno quando, alla frontiera giordana, la polizia lo bloccò per impedirgli di entrare in Israele, lo caricò su un bus e in sette lo picchiarono.


Vittorio era un indesiderato in Israele. Troppo ‘sovversivo’, per aver manifestato l’anno prima con le donne e gli uomini nel villaggio di Budrus contro il muro della vergogna, insegnando e cantando insieme ‘Bella ciao’, il nostro più bel canto partigiano. Non vidi allora televisioni, nemmeno quando, nell’autunno 2008, un commando assalì il peschereccio al largo di Rafah, in acque palestinesi e Vittorio fu rinchiuso a Ramle e poi rispedito a casa in tuta e ciabatte.


studenti palestinesi con Egidia Beretta

Certo, ora non posso che ringraziare la stampa e la tv che mi hanno dato l’occasione per parlare di Vittorio e delle sue scelte ideali. Questo figlio perduto, ma vivo come forse non lo è stato mai, che come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi. Lo sento già dalle parole degli amici, soprattutto dei giovani, alcuni vicini, altri lontanissimi che attraverso Vittorio hanno conosciuto e capito, tanto più ora, come si può dare un senso a ‘Utopia’, come la sete di giustizia e di pace, la fratellanza e la solidarietà abbiano ancora cittadinanza e che, come diceva Vittorio, «la Palestina può anche essere fuori dell’uscio di casa». Eravamo lontani con Vittorio, ma più che mai vicini. Come ora, con la sua presenza viva che ingigantisce di ora in ora, come un vento che da Gaza, dal suo amato Mediterraneo, soffiando impetuoso ci consegni le sue speranze e il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, passandoci il testimone.

Restiamo umani.


Egidia Beretta Arrigoni


5 dicembre 2012

Con un poco di zucchero…il nuovo libro di ains onlus grazie alle donne del "cappellino color porpora"

Perché un nuovo libro di cucina?

Noi pensiamo che sia bello diffondere ricette che fanno parte del nostro quotidiano, di diverse provenienze, tutte comunque ampiamente “collaudate”.
Ad alcune siamo particolarmente legate in quanto derivanti dalle nostre tradizioni familiari.
C’è sempre un senso di dolce nostalgia quando si riprendono in mano le ricette delle mamme o delle nonne, perché è inevitabile che tornino alla mente i momenti trascorsi con loro in cucina, quando questa diventava il luogo delle confidenze, delle cose dette e non dette, degli sguardi complici; dove si imparava a coccolare, a tavola, i nostri cari.
Le ricette che troverete in questo libro sono accompagnate da alcuni consigli pratici che vi guideranno sia nella preparazione che nella presentazione.
In particolare, per quanto riguarda la presentazione, sarete sicuramente aiutate dalle splendide foto, opera di Andrea che, gratuitamente, ci ha messo a disposizione la sua professionalità e il suo tempo.
Avrete così fra le mani uno strumento non solo agile, ma anche molto “amichevole”.
Il nostro augurio, dopo aver fatto vostro questo libro, è che possiate entrare in cucina non solo per adempiere ad un dovere quotidiano, ma anche per divertirvi e giocare come facevate da bambine, dando libero sfogo alla vostra fantasia, creando “l’angolo bello”, dove ogni giorno comporre una poesia costituita non da parole, ma da bei piatti colorati e, perché no, da un dolce squisito.
Non dimentichiamo che una buona cena facilmente apre le porte a parole, sorrisi, scambio di idee che possono portare alla risoluzione di tanti problemi.
Noi speriamo che questo sia il primo volume di una collana di libri di cucina.
Vi chiederete: perché partire dai dolci?
Perché il dolce rappresenta la conclusione della cena e, se è fatto in casa e bene, vi darà subito lo scettro di ottima cuoca…….o cuoco!

I proventi derivanti dalla vendita ad offerta di questo volume, serviranno per sostenere il progetto "Hogar Mazatenango" in Guatemala che la nostra associazione sostiene da 4 anni.

L'Hogar di Mazatenango ospita bambine e ragazze provenienti da situazioni di grave disagio familiare, sociale o, peggio, perchè vittime di abusi e violenze di diversa natura e gravità. L'età delle ospiti, che attualmene sono 32, è compresa tra i 10 mesi e i 18 anni. questo centro è gestito e diretto dalle Misioneras de la caridad de Maria Imaculada congregazione di suore locali con le quali collaboriamo da diversi anni e di cui conosciamo la serietà e l'affidabilità. il nstro obiettivo è di raccogliere fondi per sopperire ai costi di vitto, alloggio, assistenza psicologica e frequenza scolastica delle bambine.

29 novembre 2012

Padre Sella spiega le piccole azioni per un mondo migliore

Le piccola azione quotidiana di ognuno di noi può determinare un importante cambiamento degli stili di vita. Anche ai più alti livelli. Ne è convinto padre Adriano Sella - ex missionario saveriano in Brasile – che lunedì sera al Collegio Senatore di Pavia  ha presentato il libro intervista di Daniela Scherrer “Come cambiare il mondo con i nuovi stili di vita”, a cura di Ains Onlus, all'interno del Festival dei Diritti.
Padre Sella, cosa racconterà questa sera? «Farò alcuni semplici esempi di come sia possibile incidere ogni giorno per il cambiamento degli stili di vita che ci stanno portando alla deriva su tanti livelli (personale, relazionale, economico, valori ecc..). Perché se è vero che ogni azione è una goccia nel mare è pur vero che tante gocce insieme hanno una forza tale da erodere le rocce». Si riferisce al consumismo? «Al consumismo, delle cose e delle relazioni, e a quelle cose, “grandi” e incomprensibili, macro sistemi come la finanza speculativa che, proprio perché le sentiamo fuori dalla nostra portata, ci convincono del fatto che noi non contiamo niente. E' quella che io chiamo la una “nuova rassegnazione”. Invece dobbiamo capire che paroloni, cifre, mode e modelli indotti, sono una strategia per manipolarci e per indurci ai consumi: la nostra è totalmente fondata sui consumi». In concreto, come può incidere il singolo per cambiare gli stili di vita? «Primo: sapere che la sua condizione di consumatore è un potere importante. Secondo: attuare quella forma di boicottaggio quotidiano che fa molto paura a chi produce, commercia e promuove prodotti e stili di vita non sostenibili. Gli esempi sono infiniti: evitando di comprare prodotti freschi fuori stagione; privilegiando la spesa a chilometro zero; comprando nelle botteghe di commercio equo e solidale, che garantiscono salari e condizioni di lavoro equi ai produttori del sud del mondo; non facendo la spesa di domenica; usando mezzi di trasporto sostenibile; insegnando ai nostri figli a non sprecare cibo, acqua, giochi e abiti. Ogni giorno possiamo fare il nostro boicottaggio personale. E' quella che noi chiamiamo “rivoluzione silenziosa”». Come si passa dal cambiamento personale a quello istitutuzionale? «I micro cambiamenti sono alla base di quelli macro, e questa è una rivoluzione che parte dal basso e vince con la strategia del contagio. Se la gente mi vede sereno anche quando ho poche cose e uno stile di vita sostenibile, sarà portato ad imitarmi. Il cambiamento agisce su tre livelli: personale, comunitario e istituzionale. Noi abbiamo già contagiato nel piccolo, tanto che è nata una rete dei “comuni virtuosi”. Ma anche alcune più in alto: ci sono regioni che hanno già fatto leggi a favore del commercio equo solidale e dei nuovi stili di vita, come l'Emilia Romagna, la Toscana; la regione Umbria è la prima che ha fatto una legge a favore dei gas, l'unica fino ad ora e poi altre, a favore della mobilità sostenibile». (marta pizzocaro, la provincia pavese, 26 novembre 2012)

20 novembre 2012

Dover spiegare un terremoto

El Rancho, El Progreso – Guatemala. 8 novembre 2012

Ieri l’ho sentito. Stavo leggendo un bel libro di Maurizio Chierici dal titolo La scommessa delle Americhe. Sono al primo piano di una struttura in mattoni, piuttosto ben fatta rispetto alla media delle abitazioni de El Rancho. Eppure la scossa è intensa, breve ma forte. Scendo a chiedere alla famiglia guatemalteca che mi ospita se stanno tutti bene. Apriamo internet e le notizie iniziano ad arrivare.
L’epicentro è stato nella zona di San Marcos, nella zona ovest del Paese, al confine col Messico. I morti sono molti e molte zone del Guatemala occidentale sono senza rete. La giornata è scandita dagli aggiornamenti su internet e dall’attesa di ricevere notizie dal mio referente che si trovava in quella zona. Finalmente arriva un messaggio. Sta bene. I soccorsi intervengono immediatamente ma si capisce dalle prime ore che il bilancio è ben peggiore di qualche strada inagibile e di energia elettrica interrotta.
La cifra dei morti è elevata. Più di 50 vittime, molti i feriti e 21 dispersi. La difficoltà delle comunicazioni non permette di sapere i dati con correttezza ma si parla di 17 mila individui coinvolti.
Mi immagino le tipiche domande da giornalista italiano: si poteva evitare? Non sarebbe il caso di incentivare maggiormente l’edilizia antisismica in un Paese estremamente sismico come il Guatemala?
Io però giornalista non sono. Sono cooperante e come tale ho un pessimismo innato. A quelle domande risponderei: Ma non lo vedi il Paese come sta? È uno dei paesi peggiori al Mondo per denutrizione cronica infantile, le case spesso non hanno acqua, lo stato è in grado di garantire solo la presenza dei soldati a proteggere gli interessi forti, le strade sono perennemente invase da detriti che si staccano dai pendii alla prima pioggia ed io dovrei pensare che si dovrebbe fare una legge per incentivare le strutture antisismiche?
Si, forse con un po’ di freddezza avrebbe ragione quel giornalista con le sue domande ma il morale non mi permette di assentire. Anche perché qua al Rancho la vita scorre come sempre. Mi arrivano i tanti messaggi preoccupati dall’Italia. Io mi guardo un po’ attorno, e dico che va tutto bene a prescindere, per tranquillizzare. Fa niente se stamane mi sono svegliato alle 6 col letto che ballava.
Poi vado dai “miei” bambini di un’aldea vicina con cui giochiamo, leggiamo e ragioniamo insieme. Un agglomerato di mattoni coperti da lamiere, una attaccata all’altra; giusto lo spazio per le galline che razzolano tra le hamache e le cucine. Qua non hanno televisione, non hanno radio; solo alcuni hanno i genitori che leggono El Diario, un quotidiano imbarazzante che ogni giorno bombarda la mente dei guatemaltechi con cronache per violenza. Il Presidente “mano dura” ringrazia il giornale dell’operato e ne raccoglie i risultati alle urne.
Ho accantonato l’attività tipica per parlare ai bambini di ciò che è successo. Ho preparato un po’ di immagini per spiegare loro cosa è un terremoto, immaginandomi che sarebbero stati contenti di sapere qualcosa sul proprio Paese. Si erano accorti che la terra tremava, e mimano un ballo latinoamericano ridendo. Guardano al pc le foto che gli mostro di San Marcos. Stanno un attimo in silenzio, con la faccia stupita e poi esclamano: guardiamo un cartone animato?
Li guardo e sì, qua a El Rancho forse va proprio tutto bene.

Incontro con Mario Cardenas, compagno della Kato Ki

Chimaltenango, Giovedì 27 ottobre 2012

Di ritorno da una tre giorni molto intensa che mi ha visto ad Antigua ad intervistare alcuni familiari di desaparecidos tra cui Rosalina Tuyuc e, successivamente, a Chichicastenango ad ammirare il mercato maya, sono andato a Chimaltenango dove sapevo di poter raggiungere due infermieri spagnoli impegnati in attività di formazione.
La motivazione principale della sosta è stata la forte volontà di conoscere l’esperienza della cooperativa Kato-Ki, organizzazione di cui avevo molto sentito parlare.
Nei primi passi in questa città caotica a me sconosciuta mi imbatto per pura coincidenza nella sede della cooperativa. Con un po’ di timidezza per il mio spagnolo precario e per non aver avvisato prima mi butto dentro.
L’ingresso ricorda molto una filiale di banca etica. Sportelli bancari classici ma con un’atmosfera meno asettica, più accogliente e cordiale. Kato-Ki nell’idioma Q’eqchi del luogo significa “aiutiamoci”.
Dopo pochi minuti giunge il presidente della cooperativa, Mario Cardenas. L’avevo già visto nel video Historias de Guatemala e mirare quel volto mi risvegliava un affetto come tra amici di vecchia data.
Mi parla con naturalezza, abituato a ricevere inaspettati visitatori interessati a fare due chiacchiere. Ha mal di testa. Anche lui oggi ha fatto su e giù dall’altipiano per accompagnare una studentessa che sta svolgendo la tesi proprio sopra l’attività della cooperativa.
Mi fa accomodare in un atrio senza gente e senza mobilio, solo due sedie. Dice che quella stanza è il luogo di incontro della cooperativa; per un attimo mi perdo, fantasticando, immaginandomi nel bel mezzo di quelle assemblee, cuore pulsante della cooperativa.
Beve un’aspirina e comincia, senza bisogno di chiedergli nulla. Siamo nati quarant’anni fa. Ne abbiamo viste tante. La prima attività fu l’acquisto di due grandi appezzamenti di terra e la loro successiva redistribuzione ai soci della cooperativa. Qua la condizione dei campesinos era quella tipica dell’America Latina. Grandi latifondi rivolti alla monocultura, condizioni lavorative da schiavitù e nessuna prospettiva di cambiamento, né per se né per la propria famiglia. Parla con semplicità Mario. Questa era la situazione, e noi abbiamo ridistribuito la terra. La questione fondiaria è la chiave di tutto. Stavamo iniziando ad allargarci, a crescere. Pensavamo che il conflitto potesse diminuire di intensità e abbiamo fatto questi investimenti. Si rattrista e prosegue. Ci sbagliavamo. Proprio in quel periodo arrivò la fase più violenta della guerra, con l’eliminazione sistematica dei leader delle comunità e di ogni realtà che cercava di aiutare la gente. In passato la politica del governo era di lasciare le popolazioni Maya sull’altipiano, come fossero in quarantena. La situazione cambiò quando il governo militare identifico le comunità indigene come sostegno alla guerriglia e procedettero con operazioni militari volte ad uccidere tutti, specialmente gli uomini. Fu il periodo più difficile per noi. Degli 8500 soci che eravamo ci siamo ritrovati nel 1984 con 3300 soci, tutte donne.
Il dramma è quello comune a tutto il Guatemala. Un popolo martire che dovette subire una violenza inaudita aggravata dall’assenza totale di leader comunitari o sindacali, uccisi prima degli altri insieme alle proprie famiglie.
Quello fu il periodo più difficile della cooperativa. I prestiti andarono in gran parte perduti. Lo stato di guerra e la mancanza di stato di diritto non permettevano di lamentarsi per ciò che era stato perduto. Fu un lavoro paziente e lungo, aggravato dalla paura della gente di concedere la propria fiducia. Ancora oggi molte persone pensano che un giorno la guerra possa tornare e non vogliono esporsi. Le ferite sono ancora aperte.
Oggi la cooperativa sta tornando a crescere e conta 4500 soci. Il capitale disponibile non è molto ma sono stati fatti recentemente degli investimenti importanti, primo tra tutti quello della scuola Monte Cristo. Mario con un sorrisetto prosegue. La gente che ha ricevuto prestiti ha avviato le sue piccole attività ma c’è una cosa curiosa. Le famiglie non hanno utilizzato il denaro per fare il pavimento nuovo nella propria casa. Hanno deciso di spendere quei soldi per mandare i propri figli a scuola. Perché è sull’educazione che come cooperativa abbiamo deciso di puntare. È una scuola speciale. Anche i genitori partecipano, per apprendere nozioni, per imparare nuove professioni e per sentirsi parte del progetto. La maggioranza della popolazione è maya e la vita della cooperativa è pienamente impregnata dell’aspetto comunitario di questa cultura. Abbiamo bisogno di ricreare la classe dirigente delle nostre comunità, e senza educazione non si va da nessuna parte.
Ride ancora. Vent’anni fa le ragazzine a 14 anni andavano in giro con il bambino in spalla. Oggi a 18 vengono nella nostra scuola con lo zaino in spalla!
Sia essa l’educazione dei ragazzi, il coinvolgimento dei padri nella formazione, il microcredito o la redistribuzione della terra delle grandi piantagioni… tutto questo è parte della stessa lotta per emanciparsi. Mi fa ridere, dice, che con tutto quello che succede nel mondo e in Guatemala, gli unici che non hanno problemi a mangiare sono proprio i nostri soci e le loro comunità che in passato hanno saputo creare degli orti per potersi rendere autonomi dal mercato. Sembra una cosa da poco, ma un tempo qua le coltivazioni erano le grandi fincas dei latifondisti. Poi abbiamo cominciato a studiare possibili utilizzi diversi della terra che finalmente avevamo a disposizione, ed oggi Chimal è famosa in tutta la zona per la vendita di tante verdure differenti. Anche questa è una vittoria.
Sono tanti i progetti che Mario ha in mente ma i soldi non sono molti. Ricorda con molto affetto le ong italiane che lo hanno aiutato e mi spiega come il loro aiuto sia sempre stato doppio. Ogni persona ed ogni aiuto che viene nella cooperativa è essenziale perché rappresenta sia un appoggio economico che un supporto politico importante. Sapere che la cooperativa ha tanti amici in europa e nel Mondo è una cosa che frena molto chi ci vuole male. E tutto questo ci fa sentire meno soli ed in qualche modo ci da un’ulteriore ricompensa degli sforzi portati avanti.
Un mesetto fa ha ricevuto una attestato dalla FAO che lo ringrazia per quanto fatto per il proprio popolo per migliorare la condizione alimentazione. Durante la guerra l’esercito bruciava le coltivazioni per affamare la gente. La denutrizione era enorme. Il governo non sarà contento di questo attestato.
I suoi occhi. Mi ci perdo ancora un po’ sapendo che l’incontro sta per finire. Insolitamente chiari per essere in Guatemala. Occhi buoni che si rattristano al parlare dei tanti momenti difficili della guerra e dei mali del mondo di oggi. Occhi di speranza, pronti a illuminarsi e a contagiare, quasi meccanicamente, ogni volta che dalla bocca di Mario esce un racconto di resistenza.
Con un po’ di supponenza giovanile e pensando di ricevere una risposta negativa chiedo se è cambiata la situazione dopo la firma dei trattati di pace. Si illumina più di prima. È cambiata si. I problemi continuano ad esserci però c’è una differenza sostanziale, soprattutto negli ultimi tempi. Durante la guerra se ti esponevi morivi o sparivi. Oggi puoi lottare. Continuano ad esserci fatti gravi, come quello di Totonicapan dove l’esercito ha sparato sui manifestanti, ma anche in quel caso si può vedere come l’esercito non può più fare quello che vuole. Siamo tornati a chiedere i diritti ed il rispetto della legge e a questo non sono pronti. Reagiscono e non è una lotta facile. Prima della pace non avevamo la libertà di poter lottare. Oggi torniamo ad avere una comunità che vuole emergere e pretende di essere ascoltata, ed è questa la strada da percorrere. Per i nostri compagni e familiari morti in questi anni e per il futuro dei nostri ragazzi.

Festa del Patrono - Santa Gertrudis

Trascrivo dal mio diario di bordo.
Una precisazione: Santa Gertrudis è l'aldea dove opero per la maggior parte del mio tempo. Una sorta di baraccopoli dimenticata dal commercio, dallo stato e dalla chiesa.
Tornato dalla messa a Santa Gertrudis. Siamo arrivati in tuc tuc e nela strada già c'era la processione. La piccola statua portata in spalla insolitamente da 4 donne. Molti bambini, molte donne, pochi uomini. Alcuni bambini mi vengono a fianco abbracciandomi. Di solito non lo fanno, in particolare i maschietti. Invece oggi si, mi abbracciano e non mi mollano mentre camminiamo.
4 o 5 musici facevano da banda. A chiudere il piccolo corteo un camioncino che piazzava della musica che copriva la "banda". Tutti, comunque, ubbidienti alla legge del più forte, pronti a cedere il passo alle mitraglie e ai mortaretti che aprivano il passaggio alla processione.
Legge del più forte dicevo? Già! ...E allora tutti fermi che un tir della Chiquita deve passare. Non può aspettare due minuti. Pare fatto apposta per farmi incazzare.
Poi si arriva alla scuola, addobbata. Il parroco non c'è. Anche oggi avrà avuto di meglio da fare che non stare con gli ultimi della sua parrocchia.
Mi chiedo cosa possa intendere questa gente delle preghiere che si recitano una volta l'anno. Sicuramente i bambini che si sono accalcati attorno a me non colgono nulla della messa. Soprattutto keier che si supera estraendo una pistola giocattolo durante la comuniione, puntandola verso il prete.
L'alcalde ha offerto i fuochi d'artificio e la gente gradisce. Unico problema è che li sparano bassi bassi. Sembra sia l'unico a preoccuparmene. Nonostante tutto, gradisco anche io!
Le mamme e i bambini sono stati molto affettuosi. Anche al segno della pace molte venivano da me, alcune donne solo perché ero bianco. Ancora non ho capito come cavolo si deve fare qua a salutare o a dare il segno della pace. Alcune toccavano il gomito, altre davano la mano, altre l'avanbraccio, altre abbraccio, altre bacio... mbah!
Sicuramente sono più a mio agio con questi bambini e le loro famiglie che in ogni altro luogo del Guatemala.

«Io nell’inferno dell’Afghanistan»

«Gli afghani avrebbero amato Giacomo Leopardi non perché siano degli inguaribili pessimisti. Credo che ne avrebbero apprezzato la malinconia e la profonda sensibilità poetica che costituisce una cifra fondamentale della loro stessa natura. È strano che un popolo che si sente vivo solo se impugna un fucile abbia un debole per la poesia». Inizia così un capitolo del libro “L'inferno chiamato Afghanistan. Storie del paese dei talebani” (Lampi di stampa, 2012) che l'autore Giuseppe Bresciani ha presentato lunedì 19  alle 21 al Collegio Senatore (via Menocchio 1), nell'ambito del Festival dei Diritti. Dialogando con Marco Dotti, l’autore ha parlato della sua esperienza in Afghanistan durante la quale - munito solo di un visto turistico e privo di credenziali, senza mansioni e scorta armata - ha scoperto quanto questo paese dilaniato dalla guerra sia diverso da come viene raccontato nei reportage giornalistici. Nato a Como, 57 anni, ex imprenditore umanista, scrittore, opinionista e giornalista del quotidiano la Provincia di Como e già autore di romanzi pubblicati con lo pseudonimo “Astor”, Giuseppe Bresciani ha esordito con il suo nome anagrafico con questo terzo libro: non un saggio né un romanzo, ma un mosaico narrativo che delinea i contorni della vita “infernale” del popolo afghano, scandita da momenti felici e momenti disperati, mettendo a nudo le condizione femminile e quella non meno drammatica dei bambini, la quotidianità nelle carceri e nei campi per sfollati, i retroscena delle operazioni di guerra e di pace del nostro contingente militare, la vera destinazione degli aiuti umanitari, il fenomeno dilagante della droga, il vuoto sanitario, la corruzione politica, ma cogliendo anche gli aspetti poetici di un popolo condannato alla guerra.
Bresciani, perché è andato in Afghanistan?
«Per curiosità: quando mia figlia ha accettato un lavoro in una organizzazione non governativa afgana ho deciso di accompagnarla e poi sono rimasto tre mesi. Tre mesi trascorsi con la sensazione di essere invisibile, per quanto sia impossibile esserlo in un paese in guerra, in cui sono passato per pazzo e per agente segreto del Sisde perché non avevo credenziali e tutela e perché alla Franesina non c'erano faldoni a mio nome. Ho vissuto nelle case degli afgani e, libero da ogni vincolo, mi sono mosso dappertutto, molto più di quanto possano vedere giornalisti e funzionari aggregati alla colonna militare».
Per esempio?
«Mi sono fatto accompagnare nel carcere della morte, sono entrato in una moschea di venerdì pomeriggio durante la preghiera e ho fatto un pic nic in un territorio controllato dai talebani, perché ero al seguito di un signore della guerra. In Afghanistan ho imparato che il fattore sorpresa è destabilizzante, ho capito che gli afgani fanno più attenzione a chi è particolarmente protetto, ma per loro trovarsi di fronte un occidentale che passeggia liberamente per le strade di Kabul, spesso vestito da afgano, non era motivo di preoccupazione. Anche se non è stata una passeggiata: ho subito due attentati e sono stato arrestato».
Di chi ha avuto più paura?
«Dei militari americani. Mentre i nostri militari hanno l'ordine di sparare solo dopo essere stati attaccati e mai prima di un colpo di avvertimento, americani e inglesi girano per le strade con le armi spianate e il colpo in canna, con l'ordine si sparare al minino sospetto di pericolo. Questo causa migliaia di morti civili innocenti. Noi italiani non siamo esenti da accordi e baratti con i signori della guerra, ma tra gli “occupanti” siamo di sicuro quelli che si comportano meglio: abbiamo costruito strade, scuole e rifugi per le donne e per questo gli afgani, anche se non ci amano, ci rispettano».
Marta Pizzocaro

Gianmaria Testa, a Pavia c’è un poeta con la chitarra

Gianmaria Testa, classe 1958, è italiano, vive nelle Langhe, in Piemonte, eppure c’è voluta la Francia per scoprirlo. Da quando ha mandato al Festival di Recanati la sua cassetta registrata chitarra e voce, vincendone il primo premio una prima volta nel ’93 e poi di nuovo nel ’94, sono passate un bel po’ di cose: otto dischi (Da Montgolfières nel 1995 all’ultimo Vitamia del 2011), più di duemila concerti in Francia, Italia, Germania, Austria, Belgio, Canada, Stati Uniti, Portagallo, quattro serate tutte esaurite all’Olympia e una lunga teoria di articoli omaggianti sui principali giornali (“Le Monde” in testa). In Italia il percorso è stato un po’ più complicato e difficile perché condotto senza compromessi, con pochissime apparizioni tivù o passaggi radiofonici e nessun tipo di pubblicità. La sua vera forza è stata ed è ancora il passaparola. Chi va ad un suo concerto non riesce a dimenticarlo: l’emozione nasce palpabile e si divide tra tutti; Gianmaria Testa scherza coi suoi musicisti ed è naturalmente comunicativo; i testi sono belli, sono semplici, sono piccole poesie che parlano della vita e che vivono anche al di là della musica; e lei, la musica, insieme ad una voce che si muove tra rauche asprezze e teneri velluti, i testi li trasporta, li puntualizza, li sottolinea. Perché le cose cominciassero a cambiare anche in Italia c’è voluto,paradossalmente, “Il Valzer di un giorno”, quarto disco della sua carriera e il primo di produzione totalmente italiana, che è forse il suo lavoro più “difficile”: canzoni riportate alla loro forma più nuda ed essenziale, due chitarre e voce soltanto.
Domenica sera  Gianmaria Testa ha tenuto un concerto presso l’Aula Magna dell’Università  nell’ambito del Festival Dei Diritti promosso da Centro Servizi Volontariato di Pavia.
Dopo le centinaia di date che hanno portato Gianmaria Testa in tutto il mondo con il suo “Vitamia Tour”, cominciato subito dopo l’uscita dell’omonimo album prodotto da Paola Farinetti, distribuito in Italia da Egea Records e nel resto del mondo da Harmonia Mundi – Le Chant du monde, ora il cantautore piemontese decide di tornare a regalare al pubblico lo spettacolo intimista del “Solo Tour”, accompagnato solo dalla sua chitarra. Può sembrare curioso che proprio Gianmaria Testa, uno degli artisti italiani più aperti alle collaborazioni, agli incontri e ai progetti speciali che mescolano generi e carte (ha collaborato e collabora con Erri De Luca, Paolo Rossi, Paolo Fresu, Gabriele Mirabassi, Enrico Rava, Rita Marcotulli, Stefano Bollani) scelga di tornare ad esibirsi con un concerto in solo, voce e chitarre. Ma a pensarci bene, strano non lo è poi così tanto. Da sempre, infatti, Testa parla di “forma canzone”, di quell’equilibrio perfetto di testo, melodia ed armonia che da solo sa reggere il tutto. Ripete spesso che se le canzoni non vivono ed emozionano da sole, suonate semplicemente alla chitarra, non c’è arrangiamento, non c’è invenzione che le possa salvare.
Ed ecco spiegato il motivo di questa operazione coraggiosa che cerca di guardare alla sostanza delle cose. “Solo dal vivo” è un concerto che restituisce alle canzoni di Testa -alcune delle sue più note- la stessa emozione di quando sono nate, una sorta di grado primo, molto emozionante e intimo, della musica.
 

3 novembre 2012

Il Festival dei diritti dedicato al viaggio

Ben 42 appuntamenti tra teatro, libri, musica, letture e riflessioni per muoversi nello spazio e nel tempo


fotografia di Giovanni Ferma

PAVIA Il Festival dei diritti arriva a Pavia con la sua settima edizione, carico di proposte culturali gratuite, per tutte le età e per tutti i gusti. Sono in tutto 42 gli eventi in cartellone dal 5 al 30 novembre, realizzati grazie al contributo di 44 associazioni del territorio, coordinate dal Centro servizi di volontariato di Pavia e tutte incentrate sul tema del “viaggio”. Viaggio inteso come viaggio nel tempo, nello spazio e nella mente, come diritto inalienabile di ogni individuo e quidi come occasione di evasione gratuita, accessibile a tutti. Tra gli eventi di punta di questa edizione ci sono: quello promosso da Ains in apertura del Festival dei Diritti, lunedì 5 novembre alle 21 al Collegio Senatore (via Menocchio 1), che vedrà protagonista Marco Boschini, autore del libro “Viaggio nell’Italia della buona politica”, viaggio in un'Italia diversa, composta di migliaia di cittadini e amministratori pubblici che quotidianamente realizzano una buona politica, nei loro comuni virtuosi; quello di sabato 24 novembre (ore 21, Aula del '400, Piazza Leonardo da Vinci) che porterà in scena per la prima volta a Pavia lo spettacolo teatrale “Il Grande Viaggio”, di Giuseppe Cederna e Francesco Niccolini, strana cronaca di un viaggio e di altre storie che portano in India, sull’Himalaya e alla sorgente del Gange; per i bambini, la “Biblioteca vivente” promossa da Babele onlus (sabato 24 novembre, ore 15.30, Santa Maria Gualtieri ) una vera e propria biblioteca con lettori e bibliotecari, in cui i libri sono persone in carne ed ossa, ognuna delle quali mette a disposizione la propria storia offrendo al lettore l'opportunità di abbattere i pregiudizi: infine, domenica 25 novembre (ore 19, Salone San Lanfranco, via San Lanfranco 4), la prima “Sunday Soup Pavese”, cena aperta alla cittadinanza, nella quale associazioni e gruppi giovanili hanno l’occasione di presentare un proprio progetto, sottoporlo al voto di ogni commensale (che con 15 euro avrà diritto alla cena e al voto) e cercare di accaparrarsi la maggioranza dei voti, per portare a casa l’intero incasso della serata per la realizzazione dell’idea proposta, con il supporto del Csv. Per il resto, la settimana “tipo” del Festival dei Diritti è ripartita in ambiti di interesse: i viaggi del lunedì porteranno tra libri e riflessioni, attraverso incontri con gli autori (tra i quali Giuseppe Bresciani, Flavio Bianchini e Adriano Sella); quelli del martedì saranno dedicati a “un altro modo di viaggiare”, con proposte di turismo responsabile e viaggi solidali proposti dalle associazioni del territorio, con l'accompagnamento musicale del duo Vercesi-Gusmaroli (flauto e pianoforte); il mercoledì si viaggerà tra cinema e arte, con gli appuntamenti dell’ormai consolidata rassegna cinematografia “MotoSolidale” a cura di Roberto Figazzolo e Filippo Ticozzi; il giovedì sarà il giorno di “Aperigiri e pensieri”, di chi parte, chi arriva e chi si ferma a pensare” (nell'Austria di Mozart, nel Parco del Gran Paradiso, nell'isola più verde della Grecia, nei meandri del sapere, in Kamchatka); il venerdì sarà un girovagare tra immagini e parole, aperitivi e racconti di cooperazione internazionale; i viaggi del sabato raccoglieranno grandi e piccini per portarli ad esplorare l'arte e il teatro; con i viaggi musicali della domenica, il Csv proporrà spettacoli, come quelli con Gianmaria Testa in “Solo” (18 novembre in Università, alle 21 ) e i Dodecacellos, (11 novembre in San Salvatore, via Riviera, alle 21). Tutte le iniziative sono ad ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Info:. 0382.526328; consulenza@csvpavia.it; www.csvpavia.it. (marta pizzocaro, la provincia pavese, 31 ottobre 2012)

Sono impegnate decine di associazioni del terzo settore

PAVIA Sono 44 le associazioni del terzo settore coinvolte nell’organizzazione del Festival dei diritti: Ados, Agape, Aiesec Pavia, Associazione Amici de “La Mongolfiera-Centro Interculturale”, Associazione Amici dei Boschi (Bosco Grande), Associazione Amici di San Mauro, Associazione culturale Antigone, Associazione genitori@scuola, Avvocati di Strada, Calypso, Cooperativa LiberaMente, In Scena Veritas, Italia Uganda Onlus, Parrocchia S. Salvatore, Associazione Filippo Astori, A Ruota Libera, Ains Onlus (per il Guatemala), Aleph Pnl, Amnesty International, Anffas Pavia, Arci, Associazione Momento, Auser Comprensoriale Pavia, Babele Onlus, Cafe (Commercio Equo e Solidale), Caritas Pavia, Centro Affidi del Comune di Pavia, Centro Diurno per la Salute Mentale della Casa del Giovane, Centro Migrantes, Centro Nuvole a Soqquadro, Centro Sportivo Italiano, Collegio Senatore, Consulta Comunale del Volontariato di Pavia, Coordinamento Genitori Democratici, Crm Villa Flavia, Emergency, Incontramondi, Lipu -sezione di Pavia (Bosco Negri), Parrocchia di San Lanfranco, Progetto Con-tatto, Radio Aut, Sogni e Cavalli Onlus, Teatro di Mutuo Soccorso, Uildm-Sezione di Pavia, Unicef – Comitato Provinciale di Pavia. Sostengono l'iniziativa con il gratuito patrocinio la Regione Lombardia, la Provincia di Pavia, il Comune di Pavia, e Aler Pavia, con la collaborazione di Cie Pv (proiezioni del Politeama).

Racconti e foto dei turisti per caso

Iniziativa “Il viaggio di...” E' prorogato fino alla fine del Festival dei diritti (30 novembre, anziché 31 ottobre) il termine per partecipare al contest “Il viaggio di...Raccolta di esperienze di viaggio”, promosso dal Centro servizi volontariato di Pavia e lanciato in agosto, in prospettiva del Festival dei diritti. L'obiettivo dell'iniziativa è quello di portare le persone di ogni età a raccontare il proprio vaggio: quello che è piaciuto di più, quello che ha cambiato la vita e il modo di vedere le cose, quello che semplicemente ha emozionato per un piccolo particolare o un ricordo o anche quello “nel cassetto” che, prima o dopo si vorrebbe fare e che man mano si arrichisce di particolari. «Perché anche sognare è un diritto di tutti» dicono dal Csv. Per partecipare basta inviare il proprio racconto scritto a computer (una pagina) e tre foto, all'indirizzo consulenza@csvpavia.it. Tutto il materiale verrà stampato su pannelli che seguiranno il Festival dei diritti nei vari luoghi della città che l'evento toccherà da qui al 30 novembre. Informazioni e regolamento sul sito www.csvpavia.it – tel. 0382.526328

30 ottobre 2012

Aiutare gli altri paga Nel volontariato l’antidoto alla crisi

Contratto fisso per oltre l’80% dei dipendenti di associazioni Balzamo: «Terzo settore investimento economico e umano»

PAVIA Danno lavoro le associazioni di volontariato e sembrano sostenere meglio i contraccolpi della crisi che sta dilaniando il sistema produttivo. Si privilegiano i contratti flessibili (il 54% sono collaboratori occasionali o a progetto, il 6% consulenti), ma se si vanno a guardare i dipendenti, si riscontra una netta prevalenza di contratti a tempo indeterminato che arrivano all’82%, contro il 30% delle imprese della provincia. E il rapporto di lavoro dura da più di tre anni nel 42% dei casi, mentre raggiungono quota 38% coloro che sono assunti da uno a tre anni. I dati si riferiscono a questi ultimi mesi del 2012 e sono stati raccolti dal Centro servizi volontariato. A rispondere al questionario sono state 248 organizzazioni di volontariato della provincia di Pavia. Ad essere assunti a tempo indeterminato sono amministrativi, consulenti contabili e fiscali, consulenti specialistici e quelle figure previste da progetti specifici. Il personale retribuito deve infatti avere competenze che siano di aiuto ai volontari che, bisogna ricordare, operano in base al tempo libero a disposizione. Negli ultimi anni sono state sottoscritte convenzioni con le pubbliche amministrazioni che fino a poco tempo prima gestivano da sole servizi che poi non sono più state in grado di sostenere. E così il welfare viene assicurato proprio dalle associazioni di volontariato, integrando quei servizi, fondamentali per la popolazione, che i Comuni faticano a garantire per la diminuzione progressiva delle risorse economiche. «Esiste una differenza tra le possibilità occupazionali fornite dalle organizzazioni di volontariato, ad esempio Avis o Auser, e le associazioni di promozione sociale, come Arci o Anfass – spiega Alice Moggi, direttore del Centro servizi volontariato –. Le prime offrono meno occupazione, ma più stabile, mentre le seconde, che prevalentemente svolgono servizi per i propri soci, danno maggiore occupazione, ma propongono contratti più flessibili». Quello che appare è un settore dalle grosse potenzialità, attento ai più deboli, un esempio di investimento economico e umano. «Il terzo settore ha un ruolo fondamentale, gestendo servizi importanti per i cittadini – sottolinea Pinuccia Balzamo, presidente del Centro servizi volontariato –. Il 2,5% del Pil nazionale è prodotto dalle cooperative sociali e qui l’occupazione ha tenuto, per questo sarebbe necessario investire nel mondo del no profit, un capitale sociale e civile, che può fare da volano allo sviluppo economico». E sono tanti i giovani che si stanno avvicinando al sociale. «Nell’ultimo anno – spiega Moggi – molti ragazzi, terminato il percorso di studi, in attesa di trovare lavoro, optano per fare un’esperienza nel volontariato».

Stefania Prato, la provincia pavese-29 ottobre 2012

L’ESPERIENZA/1 - Sanità e servizi agli anziani il no-profit che crea occupazione

PAVIA La cooperativa sociale Pallium offre servizi socio sanitari. Una sessantina di soci, 17 dipendenti. «Siamo ancora tra quelle realtà che, nonostante la crisi, riescono a creare occupazione – spiega il responsabile Nazareno Montanti –. Ci avvaliamo del contratto nazionale delle cooperative sociali. Siamo imprese no profit e quindi il nostro fine non è quello di lucrare ma di aiutare i nostri soci». Da poco è stata costituita Albanova, cooperativa di tipo B, cioè quelle che si occupano del reinserimento di persone svantaggiate. «Stiamo realizzando una serie di progetti che ci permetteranno di avvalerci di altro personale – spiega ancora Montanti – e presto apriremo una struttura per anziani a Santa Maria della Versa dove verranno realizzati anche ambulatori. E’ chiaro che questo porterà la creazione di nuovi posti di lavoro”. Per questa cooperativa sociale resta fondamentale l’apporto di personale qualificato e preparato. (st. pr.-la provincia pavese, 29 ottobre 2012)

L’ESPERIENZA/2 - «Con le onlus l’occasione di crescere»

Neolaureati al servizio di chi deve imparare l’italiano

PAVIA Babele onlus si occupa di mediazione linguistica culturale nelle scuole o negli ospedali, a sostegno dei ragazzi stranieri, quelli appena arrivati in Italia che hanno bisogno di aiuto per superare il gap linguistico. «Mettiamo a disposizione docenti molto preparati e competenti che li accompagnano nell’apprendimento della lingua, finalizzato allo studio – spiega il presidente Giancarlo Gatti –. L’attività prevede due livelli, quello che riguarda la comunicazione base e il livello che riguarda lo studio». Qui vengono impiegati collaboratori a progetto ed è tra i 25 e i 30 anni l’età media dei giovani occupati, neolaureati in materie umanistiche che approdano nel mondo del no profit per un primo rapporto di lavoro. «Per molti di loro questa è un’esperienza formativa, utile per il futuro – sostiene il presidente –. Imparano a lavorare in una realtà complessa e in piena autonomia». (st. pr. - la provincia pavese, 29 ottobre 2012)

22 ottobre 2012

Siamo forse tanto diversi?

pubblicata da Giovanni Ferma il giorno Sabato 20 ottobre 2012 alle ore 21.41

Ne avevo avuto il sentore quando stavo in Italia. Giorno dopo giorno è un pensiero che sta montando a certezza e, come tale, sta rischiarando i tasselli del mosaico che la compone.

Il Guatemala è uno dei paesi più poveri dell'America Latina. Terzo al mondo per morte infantile causata da denutrizione. I diritti umani sono ampiamente calpestati, sia contro gli indios che contro i ladinos poveri. Il presidente "democraticamente" eletto è un ex generale, tra quelli piu sanguinari della guerra civile. La terrà è tutta in mano a grandi latifondisti e altre multinazionali si occupano di distruggere il territorio per grandi opere mentre la gente muore di fame.
fotografia di Giovanni Ferma
Leggevo poco prima di partire un foglietto che diceva più o meno così: "non importa quale sia la causa che porta una comunità a star male. L'importante è aiutarla".
Bene, seppur possa capire l'alta caratura che in buona fede può portare a scrivere una frase cosi, credo che in essa stia un grave problema, comune spesso alla cooperazione. Il fatto di non interrogarsi sul perché un popolo vive una certa realtà.
Ed è proprio nel cercare di individuare le responsabilità della situazione guatemalteca che ci si ritrova a capire quella specificità di cui parlavo all'inizio. La capacità di essere un concentrato di enfatizzazioni negative del sistema che, ad un primo impatto, si mostra tanto distante da noi tanto da portarci a definirlo terzo mondo. Ad un analisi approfondita tutte quelle cause riportano sempre a individuarne le responsabilità nel sistema economico, politico e sociale di cui facciamo parte e che abbiamo imposto al continento latinoamericano.
Ecco, dico subito che non vorrei che si pensasse "il solito sinistroide che ricama la sua ideologia su una realtà che vede". Mi spiace di non saperlo fare a dovere e di non avere il tempo sufficiente per poter mostrare quello che penso, però il mio invito ad ognuno sarebbe quello di approfondire la realtà Latinoamericana (o per semplicità quella guatemalteca) per farsi un'idea propria di quelli che sono i meccanismi responsabili di tutto ciò. Sinceramente se c'è una cosa che mi da la nausea è sentire la gente che si impietosisce per la foto del bambino che non ha cibo ma che, appena si inizia a parlare del "perche" questo bambino è in una situazione simile, cambia "canale".
Ebbene, le risposte non le voglio dare io, poiché mi piacerebbe davvero che ognuno se le cercasse da se o mi esponesse le sue in modo da confrontarci. Io offro solo alcune parole chiave che mi vengono in mente a proposito... e la cosa tragicomica, e che quindi fa capire qual è la mia risposta che tanto volevo tenere nascosta :) è che ogni parola ha un filo che parte dall'america latina e giunge dritto nelle nostre case e nel nostro vivere. Nel bene e nel male.
Latifondo – ENEL – privato è meglio del pubblico – militarizzazione – risorse energetiche – grandi opere – diritto di pretendere diritti
Dicevo nel bene e nel male perché anche noi ci accorgiamo sempre più, in italia, di come ci stiamo trovando vittime di un sistema che ci priva del diritto al futuro, che sta comprimendo i diritti che ormai sono diventati una parola sporca, da non dire perché sennò sei un militante politico... però io non mi riesco a spiegare il perché di tanti miei coetanei iper laureati che non trovano uno sbocco professionale; non capisco perché la piccola borghesia si trova a dover chiudere baracca perché non c'è denaro nelle tasche dei lavoratori; non capisco perché la mia facoltà mi offre professori sempre più vecchi e sempre più inadatti... non capisco tutto questo se non stiracchiando un pò la realtà del Guatemala, dove le risposte, con un minimo di approfondimento, siamo bravi tutti a darle.
Concludo. Quando parlo con la gente mi stupisce il vedere come non siano in grado di rendersi conto di quello che gli manca. Di quello che gli viene tolto. Non riescono a sognare e a pretendere diritti, almeno qua dove sto io. Mi sembra assurdo, ma poi ripenso un’altra volta a noi in Italia. E infondo, noi sappiamo renderci conto di quello che ci stanno togliendo? Col nostro dover trovare un torto sempre in tutti; col nostro dover trovare una verità che sta nel mezzo e quindi senza mai trovarla; col nostro aver smesso di sognare senza essercene resi conto. Siamo forse tanto diversi?
Ma, tornando all’inizio, se alle esagerazioni del Guatemala ci sappiamo ancora indignare tanto, non dovremmo forse smettere di cercare soluzioni moderate e fare sogni un po’ più esagerati?!
"crea un'utopia per far spazio a un'idea"
ps. piccola postilla. il Guatemala è uno dei pochi paesi dell'America Latina a non avere mai rotto con il periodo delle ricette di austerità e liberismo degli anni 80' e 90'. E' anche l'unico paese a non aver visto diminuzione della disuguaglianza in questi ultimi dieci anni. Ci sarà un motivo.





un arcobaleno da capire

scritto da Giovanni Ferma il giorno Lunedì 15 ottobre 2012 alle ore 6.37

Scrivo questa prima nota da El Rancho, una città di El Progreso nel Guatemala. La scrivo non perchè abbia granché voglia di scrivere o ne senta il bisogno. Di solito scrivo per dar voce a miei pensieri o per provare a produrre o condividere una qualche emozione.

Questa nota la scrivo perché dopo 15 giorni è giusto che non scriva sul miodiario di bordo ma che scriva qualcosa che tutti possano vedere, per rendervi un pò partecipi della realtà che sto vivendo ma che ancora non capisco per nulla.
Ieri gli altri italiani che erano partiti con me sono ritornati a casa e ora inizia un periodo totalmente diverso. Con loro abbiamo viaggiato tutti i giorni andando a visionare i vari progetti che AINS contribuisce a mantenere in piedi. Ognuna di quelle realtà pare quasi fare a gara per vincere il premio del "non mi salverò mai", e su questo concetto ci tornerò dopo o sicuramente in altre note, poiché è stato parte integrante del tipo di cooperazione che mi sto trovando a portare avanti e, forse,lo è in generale per la cooperazione. 
fotografia di Giovanni ferma

Iniziamo col rispondere subito alle domande più comuni! Ho mangiato bene in questi giorni e la pancia è aumentata; certo, si mangia piu o meno sempre le stesse tre cose a tutti i pasti, ma in fondo sono un abitudinario. Dicevano dovesse essere un periodo senza pioggia e invece ha piovuto tutte le sere o quasi, producendo comunque grande piacere viste le alte temperature. Le zanzare ci sono, anche se ce ne sono altre molto piu piccole, come dei moscerini che mordono sempre nello stesso punto e i miei piedi sono arrivati a contare n+1 punture... il gioco è "quale di queste porterà la malaria"!
E' cara la vita? Chiaramente no, non lo è, anche se ancora devo prendere confidenza con i quetzales, la moneta locale. Mi sento un pò come un anziano alle prese col cambio lira-euro...
La gente com'è? Bella domanda! Visto il breve tempo non posso che avere una prospettiva parziale. Diciamo che alla Champa, il luogo in cui ho vissuto queste due settimane, la gente è molto cordiale, nel senso guatemalteco del termine. Ti guarda, ti saluta sorridendo e dopodiche non ti rivolge la parola mai. Non perchè gli stai sulle balle ma solo perchè qui parlano tutti poco. I bambini della mensa, quelli invece parlano un sacco. E se col mio spagnolo non capisco nulla, basta sapere due parole sole con loro: pelota e barileta, rispettivamente pelota e aquilone! Sono molto vitali e vengono tutti i giorni al comedor (mensa) a ricevere un pasto sano. Adesso inizia il periodo di vacanza da scuola che durerà per alcuni mesi. Il primo progettino meso in pidi con gli altri della ciurma è stato la creazione di un cineforum una sera a settimana con pellicole per bamibini, con buon risultato di pubblico anche tra i genitori. I fruitori principali sono i bambini della Champa che si appoggiano al comedor. Ho visitato un paio di volte la zona in cui vivono e penso che l’unica parola che possa vagamente farvi capire com’è la realtà in cui vivono è bidonville. Forse l’unica eccezione è che le loro case son fatte spesso di mattoni e non di cose trovate qua e là, ma il contorno, l’interno, il fumo che campeggia, la mancanza totale di igiene, la presenza di animali negli stessi spazi…tutto questo è della più tipica bidonville che ci si può immaginare. Non mi è stato facile fare il primo giro in questo luogo, non per la pericolosità, che assolutamente non si avverte, quanto piuttosto per la difficoltà ad entrare in una realtà che in parte ti colpisce per il suo degrado e in parte ti colpisce perché vorresti parlare con questa gente ma il mio spagnolo non me lo permette ancora. Sapessero l’inglese… ecco, infatti, non cambierebbe niente J
Comunque, apparte gli scherzi, un po’ mi son stupito del poco stupore che ho provato in quel luogo, o altri tipi di emozione particolare. Ma questo lo lascio al diario di bordo. Qua dico che l’unica sensazione è stata quella di voler fortemente imparare lo spagnolo per poter chiedere a questa gente che pensa, cosa prova, che aspirazioni ha sull’avvenire. Un po’ di rabbia viene, certo. Però in fondo bisogna anche bilanciare i propri pensieri con quello che mi immagino che pensino. Sembra che vivano bene con le loro “arretratezze”, e questo è importante e mi deve far riflettere sempre due volte prima di provare a sostenere un loro “cambiamento”. Quello che mi pare di capire che chiedano, sempre senza risposta se non dalle ong, è la sanità e l’educazione…e oltre a questo, ma è un’esigenza difficile da far uscire se non si soddisfano le altre due, la voglia di comunità, di aggregazione… quella gran voglia di stare insieme che noi in occidente abbiamo perso e che qua si trova molto più spontanea seppur non facilmente; la si trova negli adulti che giocano con gli aquiloni insieme ai bambini, nella comunità che viene a vedere una partita di calcio giocata da bambini e bambine con un pallone buco, nei genitori che se la ridono alla grande durante la proiezione dell’era de Hielo…
Ok, mi sto rendendo conto che sto andando un po’ troppo per le lunghe. Perché ci sarebbe in fondo molto da dire. Le foto forse parlano molto meglio, senza soggettività eccessiva.
Vi dico solo che ho visto cose di vario genere, che fanno pensare che qua non c’è più o meno un cazzo da fare. Ho visto una comunità di montagna che faceva la coda per ricevere un semplice consulto medico poiché lo sanità pubblica non li considera. E li cosa fai, ci siamo chiesti? Li fai sentire meno soli, gli dai un consulto medico un giorno al mese? Per loro è essenziale, ma è “come distrarre per un giorno un villaggio malato terminale”… stessa cosa in altri posti che ho visto, come alla champa, dove la caduta del ponte non permette il contatto diretto con il paese e taglia fuori da tutti i servizi, peraltro già scarsi nel paese del rancho. A fianco della champa però ci stanno due grandi appezzamenti di terra incolta. La gente della champa ha provato a metterci catapecchie negli anni passati. È arrivato l’esercito e li ha cacciati. E la gente è tornata a vivere in pochi metri quadri, senza zone da coltivare o senza zone per far pascolare maiali, capre o galline. Terra y libertad si dice… terra è libertà… su quella “e” che da congiunzione diventa verbo ci tornerò tante volte in questi due mesi, perché la causa dei mali qua passa sempre da li.
Volevo dire troppo e alla fine non ho detto niente. Vi ho dato flash sparsi di quello che è l’attività qua. Provare a rendermi conto di come è la realtà, provare a entrare nella loro cultura per capire se c’è qualcosa che possiamo fare per loro senza invadere il loro modo di vivere. Sono confuso, tra la bocca aperta nel vedere le rovine maya maestose e la natura magnifica di questo luogo da un lato; tra le città spagnole, bellissime anch’esse ma che rappresentano il popolo per cui qua c’è cosi tanto schifo… e la rabbia, l’ammirazione, il relativismo, la sconsolazione e la voglia di provarci comunque si mischiano tutti insieme, come se fossero un abito tipico guatemalteco, che in fondo si cura sempre di tenere dentro di se tutti i colori, perché loro lo sanno che i colori sono essenziali e il motivo lo sa bene il buon Magno! ;) per questo motivo che non mi sbilancio oltre, e mi limito a farmi un in bocca al lupo per questo nuovo periodo che inizia con la nuova settimana e che mi vedrà molto solo, molto lontano da casa, scosso tra le diverse sensazioni che la realtà ti sbatte addosso e concentrato a carpire anche solo qualcuna delle mille sfumature di quell’arcobaleno che è il Guatemala.




18 ottobre 2012

Wi´ih significa "Hambre"

" In lingua maya, Wi´ih significa "Hambre". Questo è il mio lavoro fotografico sulla denutrizione infantile in Guatemala. Chiedo scusa per la qualità delle immagini ma la connessione internet non mi permette fare di meglio. Guardate il video e, se potete, diffondetelo, affinchè si conosca quale è la situazione in Guatemala dove mi trovo da 18 giorni. "
Emilio Josè Mateo Hernandez

http://www.youtube.com/watch?v=wt_gGgkwruU&feature=youtube_gdata



A Oslo, un bambino di 11 anni pesa 35 kg. In Guatemala, 20.
Il guatemala è il primo paese in America Latina per mortalità infantile e denutrizione e il terzo nel mondo.
Quattro bambini su 10 soffrono di denutrizione cronica, otto su dieci sono indigeni.
Mentre il governo si occupa di dati statistici, sono le ONG e le associazioni che concretamente si occupano del problema cercando soluzioni al problema della denutrizione intervenedo direttamente, con progetti alimentari per le famiglie.

4 settembre 2012

Raccolta alimenti per il Comedor-mensa-in Guatemala

29 Settembre....14 Ottobre....si riparte per il Guatemala

Si chiama Comedor Infantiled è una mensa aperta presso l’aldea di Santa Gertrudis a las Champas in Guatemala, nei pressi di El Rancho, dove ogni giorno venticinque bambini disagiati vengono accolti e a cui viene offerto un pasto completo nonchè la possibilità di sostare in un luogo che non sia la strada. E’ l’ennesimo frutto del lavoro della nostra associazione realizzato insieme a tanti amici di San Martino che ci sostengono. Il “Comedor Infantil” è una scommessa che ci invita a interrogarci e a chiederci come mai nel 2012 si debba di nuovo investire denaro per consentire ad alcuni bambini di nutrirsi con regolarità. Tuttavia a noi di Ains onlus le scommesse piacciono. Se poi sono scommesse dove si vince con la possibilità di fare star bene qualcun' altro, ci piacciono ancora di più. I venticinque bambini scelti vivono con un solo genitore in case senza acqua e senza servizi igienici. Frequentano la scuola pubblica ma quando tornano a casa devono arrangiarsi perché la mamma o il papà sono al lavoro, il più delle volte precario, con un reddito mensile che si aggira attorno ai 100 euro. Il Comedor, inoltre, diventa anche un’opportunità educativa; infatti, oltre a pranzare, i ragazzi fanno i compiti, giocano e apprendono, attraverso il gioco, l’importanza dell’igiene, della condivisione di spazi comuni con altri bambini e, soprattutto, i fondamenti dell’educazione civica. Ci piace pensare al Comedor come ad una g rande centro giovanile in netta alternativa alla strada e vorremmo che diventasse, nel prossimo futuro, un ambiente dove anche gli adulti possano collaborare ed essere coinvolti nella gestione di un luogo sicuro per i troppi bambini e ragazzi abbandonati che vivono a Las Champas e nelle aldee limitrofe come quella di Santa Gertrudis.
Siamo convinti, data la necessità di tale servizio, che gli amici di San Martino, che ci sostengono da anni, possano diventare essi stessi gli amici della mensa di Santa Gertrudis.
Per diventarlo, cosa vi chiediamo?
Di aiutarci come generosamente fate da parecchi anni donandoci alcuni generi alimentari di prima necessità come:pasta, riso, legumi secchi, zucchero.
Poche cose, facilmente trasportabili in quanto il 29 settembre Simona, Laura, Serena, Marco, Lorenzo, Giovanni, e Ruggero partiranno per un nuovo viaggio e saranno nuovamente in Guatemala a visitare i progetti di Ains Onlus.
Per cui, vi invitiamo a prendere in considerazione questa proposta e aderire all’annuale raccolta di materiale che, per l'occasione, non sarà di dentifrici e spazzolini ma, appunto di generi alimentari.
Nel retro del volantino trovate la comunicazione mail che il nostro referente progettuale, Alvaro Aguilar Aldana, ci ha inviato per raccontarci quanto i bambini, settimanalmente mangiano.
La raccolta si effettuerà presso
l’Edicola Chiodini
a San Martino Siccomario
in via Roma

Cari amici di Ains onlus,
queste sono le informazioni che mi avete chiesto riguardo alla spesa settimanale per l’acquisto di cibo alla mensa di Santa Gertrudis
Verdura
Si comprano:carote, patate, zucchine, cipolle, pomodori, ecc….per una spesa totale di 125 quetzales alla settimana, circa 13 euro.
Frutta: anguria, melone, papaia, arance, banane, ananas….per una spesa totale di 75 quetzales alla settimana, circa 8 euro.
Il pane non si compra in quanto non è previsto nella dieta dei bambini preferendo acquistare tortillas.
Tortillas: se ne comprano 20-25 quetzales (circa 2-2,5 euro)al giorno di tortillas. Con un quetzal (circa 0,10 euro) la tortilleria ne da 3 quindi 60-75 tortillas. Dipende dalla fame che hanno i bambini. A volte arrivano con molta fame, soprattutto quando non hanno fatto colazione. Altre volte il consumo di tortillas dipende dal tipo di pranzo che viene cucinato.
Riso: 6 libbra alla settimana (circa 3 kg ) con un costo approssimativo di 36 quetzales (circa 3,50 euro)
Pasta: 3 libbra alla settimana (circa 1,5 kg ) con un costo approssimativo di 18.50 quetzales (circa 1,90 euro)Carne: si comprano salsicce, pollo, manzo, maiale. Diamo carne due volte alla settimana (più o meno 8 libbra alla settimana (circa 4 kg ) variando il menù. Settimanalmente la spesa è di 140 quetzales, ciurca 14 euro
Margarina: si compra una libbra alla settimana con il costo di 8 quetzales, circa 0,80 euro
Olio: settimanalmente si spendono 34 quetzales, circa 3,50 euro.
Uova: 45 uova settimanalmente per una spesa di 37,50 quetzales, cira 3, 70 euro
Zucchero: 10 kg alla settimana per una spesa di 84,50 quetzales circa 8 euro.
Fagioli neri e colorati, 4 kg alla settimana con una spesa di 40 quetzales, circa 4 euro.
Gas propano: due bombole da 12,5 kg al mese per una spesa di 210 quetzales, cira 20 euro
Occorrente per le pulizie: sapone, detergente, cloro, disinfettante, spugne, scope,ecc…..per una spesa settimanale di 100 quetzales, circa 10 euro.
Acqua pura: giornalmente si consumano 20 litri d’acqua con una spesa di 6 quetzales, circa 1,60 euro
Settimanalmente si spendono 35 quetzales, circa 3,5 euro, di condimenti vari utilizzati per cucinare.
Settimanalmente il menù varia per cui le quantità di cibi acquistati non è sempre uguale.
Ains onlus aiuta economicamente per l’85% del costo totale; alcune persone aiutano donando, non sempre, verdura, zucchero, frutta, ecc.
Va ricordato che le mamme dei bambini aiutano mensilmente versando 5 quetzales, circa 0,50 euro; che ci serve per l’acquisto dei cibi.
Grazie amici per tutto l’aiuto che ci date
Alvaro Aguilar Aldana

Con un cambio di 1 euro=10,19 quetzales, la spesa settimanale e di 96,614317 euro
Tipo de cambio
1 Dollaro7.86227 Q
Euro 10.19 Q







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8 agosto 2012

AINS ONLUS: RASSEGNA STAMPA "LA PROVINCIA PAVESE"

05 agosto 2012, pag. 14

Il clip sui bambini del Guatemala
"Un cammino lungo un giorno" sta facendo il giro di tutti i festival del mondo (e ha raccolto diversi premi), dedicati al sociale e alla cooperazione. Non se lo aspettava nemmeno il suo autore, il rEgista Filippo Ticozzi che ha girato il documentario su richiesta dell’associazione pavese Ains, onlus di nursing sociale che opera ormai da molti anni tra le popolazioni più povere del Guatemala. E’un piccolo grande film che racconta una giornata come tante nella vita di un gruppo di bambini di El Poshte, uno sperduto paesino del Guatemala. Non è molto lontano dalle città, ma l'unico modo per raggiungerlo è un lungo e impervio sentiero, perciò raramente ci si sposta dal villaggio. La maggior parte degli abitanti sono bambini (e sono in tutto una quindicina. Il documentario racconta l’infanzia vissuta dall’altra parte del mondo. Vissuta con serenità e con un ritmo diverso dal nostro ma altrettanto vitale. «Le azioni, gli eventi di tutti i giorni (la colazione, la scuola, il lavoro, il gioco) segnano ancora più l’estraneità col nostro mondo. Estraneità: vivere senza luce, lavorare la terra, portare grosse cataste di legna sulle spalle – dice Ruggero Rizzini, presidente Ains – .Per contro essere sempre insieme, essere diventati una piccola società di bambini che lavorano, “producono”, studiano. Vanno d’accordo perché sanno istintivamente che non andar d’accordo vivendo in un bosco sarebbe difficile». (m.g.p.)
16 luglio 2012, pag. 14

Parmigiano terremotato in mensa
Doppia solidarietà da San Martino, all’Emilia terremotata, a Pavia: lunedì scorso il consigliere di minoranza Emanuele Chiodini e Elisa Moretti di Ains, aiutati da Giuseppe Modini sono andati a Sorbara (Modena) a ritirare circa 60 chili di parmigiano acquistati con la raccolta fondi fatta in paese da Ains e sostenitori. I 700 euro sono serviti a comperare il grana dal caseificio “4 Madonne” di Medolla, lesionato dal sisma. Il parmigiano è stato consegnato alle mense di Canepanova e del Fratello.
2 luglio 2012, pag. 11

Ains si gemella con una onlus «Insieme si va più lontano»
Ains onlus e La Giostra del Sorriso Onlus, (una piccola associazione di Cernobbio nata nel 2004) faranno rete. «Nel volontariato si parla tanto di lavorare insieme, collaborare; concretamente lo fanno in pochi» dice Ruggero Rizzini, presidente Ains, la onlus di nursing sociale che opera da molti anni in Guatemala grazie all’aiuto di molti pavesi. «Fare rete è difficile, ogni associazione è gelosa di quello che fa e non vuole cedere nulla, inoltre c’è una guerra ad accaparrarsi il poco denaro a disposizione – spiega Rizzini –. Noi invece abbiamo deciso di fare un passo in più, di non rimanere chiusi nella nostra casetta ma di aprire le porte convinti che da soli stiamo facendo molto, insieme, facendo rete, faremo ancora di più». I direttivi delle due associazioni si sono incontrati e hanno posto le basi per un a collaborazione. Intanto ci sarà uno scambio di volontari: l’1 agosto ne partiranno tre da Cernobbio. Faranno tappa a El Rancho per incontrare il referente Ains. A ottobre partiranno i volontari Ains .(m.g.p.)
20 giugno 2012, pag. 15

S. Martino compra grana emiliano
Solidarietà chiama solidarietà,San Martino guarda lontano senza dimenticare ciò che è vicino. Così l’associazione Ains onlus, l’associazione di Nursery sociale presieduta da Ruggero Rizzini, gli amici della mensa del povero di Canepanova e della mensa del fratello di San Mauro di Pavia hanno lanciatoi un’iniziativa a doppio senso. Si raccolgono fondi per a favore dei terremotati dell'Emilia. Si compra il parmigiano caduto dagli scaffali delle ditte emeiliane toccate dal sisma. E si regala alle mense che ogni giorno si occupano dei poveri pavesi. «Abbiamo lanciato una campagna per l’acquisto di due forme di parmigiano reggiano delle ditte colpite dal terremoto che, una volta acquistate, saranno destinate alla mensa del povero di Canepanova e alla mensa del fratello di San Mauro. Con una semplice azione possiamo aiutare queste persone che stanno vivendo momenti terribili e i bisognosi che vengono quotidianamente ospitati alle mense di Canepanova e San Mauro». I fondi per l’acquisto delle forme vengono raccolti all’edicola Chiodini (via Roma 65 - San Martino) e al Girasole (frazione Frua - Travacò). su Twitter @anna_ghezzi
17 giugno 2012, pag. 14

Sala annunciata. Il documentario sul Guatemala Martedì 19, alle 21, Dante Liano, uno dei più importanti scrittori guatemaltechi, presenterà in sala dell’Annunciata il documentario girato daNicola Grignani e Anna Recalde Miranda dal titolo "Historias del Guatemala" realizzato insieme ad Ains, associazione di nursing sociale.
25 maggio 2012, pag. 48

Donn, danè e dispiasì Commedia dialettale dei Saltaciuenda
S'intitola “La cumedia di 3 d: Donn, danè e dispiasì” lo spettacolo in due atti che la compagnia amatoriale dialettale Saltaciuenda porta in scena questa sera alle 21.15, al Teatro Mastroianni di San Martino Siccomario (via Piemonte), per iniziativa del Comitato Genitori Scuole del Siccomario e con il patrocinio del Comune di San Martino Siccomario. Protagonisti della storia – che è stata scritta da Mino Speroni e Santino Marchiselli - sono nove bizzarri personaggi, che, tra gag e malintesi si giocano questa “partita”, al centro della quale ci sono mariti, mogli sorelle e vicini di casa. In ordine di apparizione si avvicenderanno sul palco la moglie di Bortolo (Mino Speroni), il marito di Angioletta (Andrea Delfini), la sorella di Angioletta (Santino Marchiselli), Menalat (Silvano Barbieri), la presentatrice tv (Gabriella Parimbelli), figlia di Luigina (Jessica Castellani), Mondina, ragazza madre (Patrizia Campi), la vicina di casa (Enrico Mainetti). Il ruolo di suggeritrice spetta a Barbara Castellani, mentre scenografie e trucco sono a cura di Manuela Castellani, musiche e testi di Silvano Barbieri e Mino Speroni ed infine, tecnici audio e luci sono Marco Moraschi e Biagio Castellani. Composta interamente da attori non professionisti che si mettono in gioco per diletto, la compagnia dialettale Saltaciuenda è nata per allestire i suoi spettacoli tra Pavia e provincia, a scopo benefico, come conferma questa versione sanmartinese della “Cumedia di 3 d”, con ingresso a offerta libera in favore dell'associazione Ains. L'intero ricavato verrà destinato al progetto di Ains legato alla Casa d'Accoglienza di Mazatenango "Santa Maria de Jèsus" (Nord/Ovest del Guatemala, Costa del Sur), che ospita bambine e ragazze tra i 7 mesi e i 18 anni, provenienti da situazioni di violenze o grave disagio familiare e sociale, ed è gestita dalle suore della Carità di Maria Immacolata (maggiori informazioni sul blog di Ains – ainsonlus.blogspot.it). Raccolgono prenotazioni per lo spettacolo la Farmacia San Giovanni (via Gravellone 1/3) e l'edicola Chiodini (via Roma 65), entrambe a San Martino Siccomario. Informazioni al numero 339.6860069.
24 maggio 2012, pag.21

Dialetto, tutti a teatro con l’Ains Onlus Domani sera alle 21.15, al teatro Marcello Mastroianni di San Martino in via Piemonte, ci sarà un importante appuntamento solidale, a favore dell’Ains Onlus, con lo spettacolo "La cumedia di 3D: donn, danè e dispiasì" della compagnia amatoriale dialettale "I saltaciuenda" di Garlasco. L’ingresso è a offerta libera.
19 maggio 2012, pag. 17

Nel giardino del volta Ecco i laboratori di Costituzione Oggi, dalle 9.30 alle 12.30, nel giardino del Volta, appuntamento con i laboratori di Costituzione per i bambini da 5 a 10 anni, per il progetto Cittadinanza, con Casa del giovane, Babele, Cafe, Ains, ImprovvisaMente, Caritas, Pax Christi.
10 maggio 2012, pag. 15

C’è «Volta Giardino» per i bambini L’istituto Volta organizza nel suo giardino laboratori per bambini da 5 a 10 anni sulla cittadinanza attiva e sulla costituzione. L’appuntamento è per sabato 19 maggio dalle 9.30 alle 12.30 al Volta in via Abbiategrasso insieme a Babele, C.a.f.e. Improvvisamente Pavia, Ains, Caritas e Pax Christi..
09 marzo 2012, pag. 32

Broni, incontro con la fotografa che si batte per i diritti
Domenica prossima presso il salone di Villa nuova Ital.ia a Broni sarà inaugurata la mostra fotografica di Elisa Moretti. La mostra, organizzata dall'assessorato alla cultura del Comune di Broni rimarrà aperta fino a sabato 17 marzo . La mostra a cui saranno invitati gli studenti delle scuole di Broni, è dedicata ai «Diritti umani nel mondo». Durante l'inaugurazione Elisa Moretti presenterà un reportage fotografico da lei realizzato in Guatemala insieme all'associazione Onlus Ains che presenterà i progetti di aiuto all’America Latina. Le immagini della mostra sono una carrellata di scatti eseguiti dalla stessa Moretti e da altri autori in diverse parti del mondo. La mostra , come lei stessa tiene a sottolineare, è ispirata all'articolo 1 della Costituzione: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». Quindi l'obiettivo è di creare un momento di riflessione su quelli che sono i diritti fondamentali di ogni persona e su quale sia la condizione di tutela della dignità .Elisa Moretti ,pavese di nascita, risiede San Martino Siccomario. E’ stata insegnante alle scuole superiori di Pavia; da anni si interessa di fotografia naturalistica, di problematiche legate al territorio, all'ambiente e, al mondo del volontariato. E' stata docente dei corsi di formazione «L'immagine naturalistica e la salvaguardia del territorio» ed anche «L'immagine e il sociale» presso il Csv di Pavia e provincia per conto del quale ha realizzato il libro fotografico «Dove c'è un bisogno c'è un dovere» e due cataloghi fotografici dal titolo «Diritti Umani nel mondo» e «Immagini per i diritti». Tiene corsi di fotografia di base e avanzati con ragazzi delle scuole medie.
23 febbraio 2012, pag. 18

Ains assume coordinatrice in Guatemala
I volontari di Ains, la onlus pavese di nursing sociale formata da infermieri e presieduta da Ruggero Rizzini, sono rientrati dal Guatemala. E coltivano un’idea: sciogliere l’associazione tra qualche anno, quando le comunità che stanno assistendo dal 1998 saranno totalmente autonome per camminare da sole. «E’ il nostro sogno – dice Rizzini –. Fare cooperazione senza sussidiarietà. Mettere chi abbiamo aiutano finora in grado di reggersi in piedi con le proprie forze». E un primo tassello in questo senso è stato posto: Ains ha fatto la sua prima assunzione a distanza: una donna guatemalteca, Genoveffa, 34 anni e una figlia di 6 mesi, che ha il compito di coordinare tutti i progetti, dalle 160 adozioni a distanza (alcuni bimbi nella foto) al sostegno di anziani in casa di riposo. (m.g.p.)
21 febbraio 2012, pag.41

Lavorare senza padroni? Il metodo argentino in un libro
Ains onlus e Centro servizi del Volontariato di Pavia invitano alla presentazione del libro “Lavorare senza padroni. Viaggio nelle imprese recuperadas d'Argentina” di Elvira Corona (Emi, 14 euro). L’incontro è in programma venerdì alle 18 nella sala conferenze del Centro servizi del volontariato di Pavia, in via Bernardo da Pavia. Succede spesso che iniziative assunte per stato di necessità si trasformino, poi, in proposte di grande portata politica. È accaduto con il commercio equo e solidale. È avvenuto in Brasile con la rete di economia solidale ed è successo in Argentina con il rilevamento delle imprese da parte dei lavoratori. Un modo di fare impresa che potrebbe aiutare a trovare nuove vie per risolvere il problema occupazionale e nuove vie per gestire in maniera efficiente e partecipata beni e servizi comuni come acqua, rifiuti, sanità. Ma l'autogestione argentina riapre anche vecchi dibattiti che la sinistra italiana ha messo in soffitta: la natura e la legittimità del profitto, la proprietà dei mezzi di produzione, la programmazione economica, i rapporti di subordinazione fra mercato e politica.
19 febbraio 2012, pag. 14

Alla sede del CSV Ains presenta il libro sulla cooperazione “Lavorare senza padroni. Viaggio nelle imprese recuperadas in Argentina” è il titolo del libro di Elvira Corona. L’autrice lo presenterà venerdì 24, alle 18, nella sede del Csv di via Bernardo da Pavia 4. L’incontro è organizzato da Ains, onlus pavese che opera in Guatemala.
21 gennaio 2012, pag. 18

In Guatemala. Con i volontari una nonna di 80 anni Elisa Nicolini, 80 anni il 6 febbraio, parte questa mattina in missione come volontaria per il Guatemala insieme alla figlia Giulia e a Ruggero Rizzini, infermiere, presidente di Ains, associazione di nursing sociale che da anni ormai si occupa di cooperazione con alcume comunità molto povere del Guatemala.



















7 agosto 2012

Il documentario sui bambini del Guatemala


"Un cammino lungo un giorno" sta facendo il giro di tutti i festival del mondo (e ha raccolto diversi premi), dedicati al sociale e alla cooperazione. Non se lo aspettava nemmeno il suo autore, il regista Filippo Ticozzi che ha girato il documentario su richiesta dell’associazione pavese Ains onlus di nursing sociale che opera ormai da molti anni tra le popolazioni più povere del Guatemala. E’un piccolo grande film che racconta una giornata come tante nella vita di un gruppo di bambini di El Poshte, uno sperduto paesino del Guatemala. Non è molto lontano dalle città, ma l'unico modo per raggiungerlo è un lungo e impervio sentiero, perciò raramente ci si sposta dal villaggio. La maggior parte degli abitanti sono bambini (e sono in tutto una quindicina. Il documentario racconta l’infanzia vissuta dall’altra parte del mondo. Vissuta con serenità e con un ritmo diverso dal nostro ma altrettanto vitale. «Le azioni, gli eventi di tutti i giorni (la colazione, la scuola, il lavoro, il gioco) segnano ancora più l’estraneità col nostro mondo. Estraneità: vivere senza luce, lavorare la terra, portare grosse cataste di legna sulle spalle – dice Ruggero Rizzini, presidente Ains – .Per contro essere sempre insieme, essere diventati una piccola società di bambini che lavorano, “producono”, studiano. Vanno d’accordo perché sanno istintivamente che non andar d’accordo vivendo in un bosco sarebbe difficile».

(maria grazia piccaluga-la provincia pavese, 5 agosto 2012)

29 luglio 2012

Si chiama “Comedor Infantil” ed è.....

Si chiama “Comedor Infantil” ed è una sorta di mensa dove ogni giorno venticinque bambini disagiati vengono accolti e a cui viene offerto un pasto completo e la possibilità di sostare in un luogo che non sia la strada. E’ l’ennesimo frutto del lavoro di Ains, l’Associazione pavese di infermieri (e non solo) che presta opera di volontariato in Guatemala dal 1998. Il “Comedor Infantil” è stato aperto presso l’aldea di Santa Gertrudis a la Champas. “Un progetto come questo, innanzitutto, ci invita a interrogarci e chiedersi come mai nel 2012 si deve investire denaro per consentire ai bambini di nutrirsi con regolarità -spiega il presidente di Ains Ruggero Rizzini- a noi di Ains onlus le scommesse piacciono. Se poi sono scommesse dove si vince la possibilità di fare star bene qualcun altro, ci piacciono ancora di più.” I venticinque bambini scelti vivono con un solo genitore in case senza acqua e senza servizi igienici. Frequentano la scuola pubblica ma quando tornano a casa devono arrangiarsi perché la mamma o il papà sono al lavoro, il più delle volte precario, con un reddito mensile che si aggira attorno ai 100 euro. Con altri fondi sono state realizzate 12 giornate mediche nei primi 6 mesi dell'anno che hanno portato all’acquisto di farmaci e spese mediche. Sono stati in totale 1.005 i pazienti visitati, in maniera assolutamente gratuita, con un investimento medio per paziente 95.00 quetzales (9 euro circa). A fronte delle patologie riscontrate sia negli adulti che nei bambini si è evidenziata la necessità di acquistare farmaci essenziali, che stanno diventando sempre più costosi ed incrementare la piccola farmacia creata (un altro progetto prezioso) con lo scopo di vendere a prezzi popolari i farmaci per auto-finanziare i programmi sanitari dell’associazione.


Infine l’ultima bella notizia è il gemellaggio appena realizzato tra Ains e “La Giostra del Sorriso”, una piccola associazione di Cernobbio nata nel 2004 sempre con l’obiettivo di aiutare le popolazioni guatemalteche. “Nel volontariato è importante unire le forze -spiega Rizzini- anche se in concreto pochi lo fanno, perchè le associazioni sono gelose del proprio “orticello”. Noi abbiamo deciso di aprire le porte, perchè insieme si riesce sempre a fare di più e meglio”. Il 31 luglio partirà per il Guatemala una delegazione da Cernobbio e seguirà i progetti di ambedue le associazioni. A ottobre la “cortesia” sarà ricambiata dai volontari di Ains.

Daniela Scherrer, settimanale il ticino