Ixcanal è una comunità non tanto distante da Santa Gertrudis dove abbiamo il nostro Comedor Infantil. A Ixcanal, qualche giorno fa, è scoppiato il finimondo dopo aver diagnosticato alcuni casi di COVID-19. Tutto chiuso, arrivo della polizia e dell'esercito, tutto fermo.
Un casino!!!! Ora la gente ha fame, chiede aiuto e quel poco che possiamo fare, attraverso i nostri volontari, lo facciamo più che volentieri come ad esempio preparare sacchetti di cibo e distribuirlo.
Per aiutare con una piccola donazione l'IBAN è IT46R0306909606100000161660 intestato ad AINS onlus (causale: Bolsa Solidaria)
28 aprile 2020
In Guatemala una BANDIERA BIANCA messa sulla porta di casa o fuori da una finestra, significa FAME, MANCANZA DI CIBO. Significa che in quella casa c'è una famiglia che non ha nulla per sfamare i propri figli, che in quella casa c'è un anziano solo che non ha nulla nella dispensa. Questo significa una BANDIERA BIANCA fuori da una casa.

Per aiutare con una piccola donazione l'IBAN è
IT46R0306909606100000161660
intestato ad AINS onlus
(causale: Bolsa Solidaria)

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26 aprile 2020
Vi chiediamo di non pensare questa immagine come un modo da parte nostra di impietosirvi. Non è questo il nostro intento! Vogliamo farvi conoscere la realtà di un paese dove ancora prima del COVID-19 gli anziani dovevano arrabattarsi per sopravvivere. Ora tutto è peggiorato e la signora nella foto è un esempio.
Per aiutarci e continuare ad aiutare l'IBAN del progetto "Bolsa Solidaria"è IT46R0306909606100000161660
Quello che potete donare è utile.
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Quello che potete donare è utile.
LA FAME NON ASPETTA.
Questa che vedete è un’immagine forte però purtroppo è la realtà, è il quotidiano in Guatemala, ancora di più in questi tempi di COVID-19.
E’ per questo che ancora prima del virus il nostro impegno era e continua ad essere per quella fascia di popolazione fragile, gli anziani, senza pensione, senza servizi sociali e sanitari, spesso senza famiglia a cui appoggiarsi. Anziani soli.
Il signore nella foto è Ruben, 79 anni.
Nonostante tutto non perde la speranza che un giorno di questi arrivi l'aiuto promesso dal Governo del Guatemala.
Intanto noi di Ains onlus insieme ai volontari dell'Asociacion Moises Lira Serafin ci siamo attivati per dargli una mano perchè LA FAME NON ASPETTA.
Per aiutarci a continuare ad aiutare l'IBAN è IT46R0306909606100000161660
20 aprile 2020
16 aprile 2020
PAVIA - Giovedì 16 Aprile 2020
In centinaia (tanti gli italiani) si rivolgono agli sportelli di Pavia per avere generi alimentari di prima necessità
Più poveri per il virus in fila alla Caritas. Borsa per mangiare a precari e badanti
Un piccolo esercito silenzioso, che ogni giorno si mette in fila davanti alle saracinesche della Caritas centrale di Pavia in via Pedotti e delle Caritas parrocchiali. Alla Sacra Famiglia, Santa Maria di Caravaggio, San Luigi Orione, San Francesco, Sant'Alessandro, Crocifisso, San Lanfranco. Operatori e volontari incontrano questa popolazione che, rispetto agli standards abituali, si è decisamente incrementata. Tanti, tantissimi gli italiani rimasti senza lavoro e poi le badanti e poi che, d'improvviso, anche quella professione da strada non l'ha più.Boom che allarma
Gli effetti del Covid-19 si leggono anche negli occhi preoccupati di chi si trova con il frigorifero vuoto e i figli da sfamare. C'è chi apre la saracinesca una volta la settimana e chi -come alla Sacra Famiglia- ha scelto di aprire tutti i giorni perché la zona popolare di via Tasso e via Colesino vive sprofondata nel baratro della paura che ha il volto della povertà. Settanta famiglie seguite normalmente, nelle ultime settimane sono state duecento le borse della spesa consegnate in parrocchia. Generi di prima necessità, come pasta, riso, latte, biscotti, pelati, legumi e tonno che provengono dal Banco Alimentare. Ma anche tanto altro, frutto di una solidarietà che è il volto buono di queste settimane oscure. Ci sono marmellata, cioccolato, salumi, ravioli, mozzarelle, caffè. Persino colombe e uova di Pasqua: le prime donate dalla catena Carrefour e le seconde dalla Croce Rossa di Pavia. Il resto con donazioni di negozi e semplici cittadini che hanno voluto dare un contributo. C'è chi ha portato un cartone pieno di farina, chi ha fornito le bottiglie di olio d'oliva, chi i succhi di frutta per i bambini. «L'altro giorno ad esempio -spiega il parroco don Vincenzo Migliavacca- è venuta da noi una signora. Ci ha detto che il marito non prende lo stipendio da due mesi, ma che per il momento loro riescono a farcela e ci ha consegnato cento euro». In fila ad attendere che si alzi la saracinesca, dietro alla quale si trova un'operatrice dipendente e un richiedente asilo politico che vuole ringraziare quella Pavia che lo ha accolto, ci sono le tipologie più varie di persone in difficoltà.
Gente che ormai è conosciuta e altri che arrivano per la prima volta, con la vergogna di chi fatica ad alzare lo sguardo. Nessuno ora chiede l'Isee perchè i volti raccontano più dei numeri. Ci sono le famiglie finite in cassa integrazione in cui da un mese non entra più un euro. Uomini e donne che hanno bruciato tutte le ferie ed ora sono costretti a stare a casa. E per molti di loro, che lavorano in piccole aziende, il futuro è veramente incerto, perché i titolari sono in ginocchio e la ripartenza è poco più di un sogno. Ci sono tutte quelle persone che riuscivano a sopravvivere con piccoli lavoretti in nero ora non più richiesti, come le pulizie o il lavaggio dei piatti nei ristoranti. Ci sono tante badanti, colpite dalla morte degli anziani che accudivano e che insieme al lavoro hanno perso anche la casa in cui vivevano finendo nel buio più totale. E ci sono anche le cosiddette "sex workers" a cui il "#iorestoacasa" ha sottratto la clientela. Italiani e stranieri in proporzione uguale, perché le conseguenze del Covid-19 non guardano al colore della pelle. Persone sole tra cui qualcuno uscito da poco dal carcere, con la paura di essere costretto a tornare a delinquere per sopravvivere e famiglie di dieci persone. Tutti in fila, con guanti e mascherina oppure con una sciarpa alzata a coprire naso e bocca. Lasciano sulla porta d'ingresso le borse della spesa vuote agli operatori in maniera da limitare al minimo i contatti. E le riprendono piene. «Che Dio vi benedoca»"Che Dio vi benedica" è la frase più ricorrente. Viviana, nel salutare, sorride: «Per me queste borse valgono più dell'oro». In tasca ha l'ultima busta paga ricevuta proprio ieri: 145 euro. Fa la lavapiatti, questo mese non ha praticamente lavorato. E con quei soldi deve mantenere anche il figlio disoccupato, il nipotino di due anni e la nuora che tra un mese partorirà nuovamente.
«Ditemi come posso farcela, sono disperata», sospira. E sul tavolo della distribuzione anche qualche farmaco da banco: Tachipirina e Moment sono i più ricercati. «Non si sa mai che cosa può accadere con questo virus, dicono che febbre e mal di testa sono i sintomi più comuni» commentano tutti. E quando la saracinesca si abbassa per gli operatori è tempo di conteggiare quanto distribuito e di compilare le nuove liste per il giorno seguente. Il bisogno non conosce pause.
Daniela Scherrer
La Provincia Pavese
La Provincia Pavese
11 aprile 2020
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CUORECLOWN |
Oggi prima spesa e prima distribuzione delle VOSTRE "buste della spesa solidali".
Tra i nostri contatti abbiamo il Comune di Gropello Cairoli e il Sindaco insieme all'assistente sociale, ci hanno segnalato 6 nuclei familiari con bambini, in un momento di particolare difficoltà e bisognosi di aiuto.
Quindi stamattina "super spesa" e poi composizione dei pacchi alimentari da distribuire, come vedete nelle foto.
Nel pomeriggio abbiamo effettuato le consegne, con grande emozione per noi e per loro che lo hanno ricevuto, ringraziandoci veramente di cuore.
Abbiamo distribuito:
- 30 Kg di pasta
- 30 Kg di riso
- 30 Litri di latte
- 48 scatolette di tonno
- 48 scatolette di carne
- 48 barattoli di legumi
- 24 barattoli di pomodori pelati
- 6 Litri di olio di oliva
- 8 dozzine di uova
- 14 confezioni di pane a fette
- 9 reti di patate
- 3 cassette di mele
- 15 pacchi di biscotti
- 6 confezioni di caffè
- 12 confezioni di doccia schiuma
Il grazie di queste mamme, papà e bambini di ogni età è arrivato forte e assolutamente sincero a noi di CuoreClown, che lo abbiamo raccolto e lo giriamo a TUTTI VOI che ci avete dato fiducia aiutandoci con il vostro contributo.
Ancora grazie e alla prossima super spesa solidale!
Un abbraccio da tutti i volontari di CuoreClown❤️
In questo periodo di Coronavirus è veramente dura e viene un po’ d’ansia se si pensa a cosa sarà domani, cosa sarà quando tutto sarà finito, sarà terminato e ricominceremo ad affollare le strade e le piazze. Intanto godiamoci questo nostro rimanere in casa per leggere, rimettere a posto alcune cose, ripensare e riprogettare. Alcuni dei nostri soci sono Infermieri per cui continuano a lavorare, come è logico che sia. Altri si sono fermati con le attività: la bottega PRESI NELLA RETE, è chiusa e le amiche de IL MONDO GIRA hanno bloccato le attività culturali, i volontari Clown di CUORE CLOWN si sono presi un momento di riposo e tutto è rimandato compreso il percorso teatrale con gli amici senza fissa dimora di IN&OUT. Ricominceremo al più presto con più idee, creatività e voglia di fare. Questa è l’unica certezza! Sicuramente il coronavirus ci sta dimostrando che i muri non funzionano e nessuno si salva da solo se non costruiamo ponti! Punto e basta! Non c’è altro da dire e aggiungere! Se ragioniamo su volontariato e associazionismo, invece, tante realtà rischiano veramente di non essere più di sostegno ed aiuto a chi ha bisogno, a chi è fragile, nella nostra provincia e all’estero. Non iniziamo proprio ora a piangerci addosso perché non lo vogliamo fare e non è nel nostro stile perché si continua nonostante tutto e siamo abituati a tirarci su le maniche, ad esser positivi, e a continuare a fare le cose che facciamo prendendoci le nostre responsabilità. Pero è un dato di fatto che il coronavirus ha fermato ance noi di AINS onlus sia in Guatemala che a Pavia.
E’ notizia di questi giorni che il virus è arrivato anche in Guatemala. Speriamo non si diffonda come qui da noi perché a differenza dell’Italia, in Guatemala non ci sono strutture sanitarie adeguate a curare tante persone e se dovesse capitare un contagio diffuso ci sarebbero veramente tanti, troppi morti. Sarebbe veramente un disastro. Speriamo bene! Le ultime notizie arrivate da Alvaro, il nostro referente progettuale, sono che tutte le scuole in Guatemala sono chiuse, tutti sono a casa e si cerca di rispettare l’isolamento imposto dal governo. Il Comedor è chiuso, i bambini non vengono a pranzo e per le attività e solo l’ambulatorio medico ed infermieristico è aperto il sabato per chi avesse bisogno. Le attività che stanno facendo sono un’attenzione agli anziani distribuendo dei pacchi alimentari una volta alla settimana in quanto, già erano lasciati soli, ora con il coronavirus, di più. I bambini, tutto sommato, per due settimane, non soffrono rimanendo a casa con i genitori. Speriamo che l’isolamento non si prolunghi perché se continua sarà sicuramente un problema per i genitori che non potendo lavorare non guadagnano e, anche qui, potete immaginare cosa potrebbe succedere.
Abbiamo deciso di andare un poco controcorrente, ma sapete quanto ci teniamo al Guatemala, proponendovi un aiuto per raccogliere fondi da inviare per acquistare cibo per gli anziani. Non so quanto questo progetto può fare breccia nella sensibilità di ognuno di voi che legge però ci proviamo perché il coronavirus ci sta dimostrando che nessuno di noi è scollegato agli altri, siamo un’unica cosa e darci una mano, oltre ad essere etico è necessario indipendentemente dove viviamo.
Ecco in cosa consiste la nostra richiesta:
Con 9 euro al mese si garantisce un pacco alimentare ad un anziano che seguiamo a Santa Gertrudis, nella comunità dove siamo ed operiamo. Gli anziani da aiutare, ad oggi, sono 26, e l’impegno, l’aiuto è per tre mesi sperando che tra tre mesi si ritorni alla normalità. L’IBAN per aiutarci è IT90V0335901600100000161660
(Causale: Borsa alimenti Anziani Guatemala)
Grazie per quello che riusciremo a fare e continuiamo a rimanere solidali.
Ogni “forma d’arte” (letteratura, poesia, musica, cinema…) aiuta a riflettere: il suo scopo è appunto questo. La riflessione, il ragionare, stimolano l’uomo a capire, prima, e ad agire, poi. In una parola: a fare. Per tale motivo siamo convinti che riflessioni, romanzi, poesie, canzoni, films, siano in grado di promuovere e orientare la cultura (anche in campo sociale), forse meglio dei convegni “tecnici” e di qualunque trattato filosofico o sociologico."
Andrà tutto bene". Lo leggiamo sui cartelli, dipinti con cura commovente, dagli scolari di tante nostre località. Pendono dalle finestre di case dove intere famiglie sono consegnate da giorni. Dunque anche il tener occupati figli piccoli, nipoti, con matite, pennarelli e grandi fogli da riempire, può essere una soluzione. Per fronteggiare un tempo che si è fatto interminabile. Per sviare pensieri angosciosi.Non è vero. Va bene per i più piccoli. Ma non sono parole adeguate per prendere per mano pensieri adulti. Meglio dire - come suggerisce la matita di Altan in una vignetta che tutto riassume - "Ce la faremo. E se no, ce la faremo...". Rappresentarci dunque le cose che ci stanno succedendo con la veridicità dell'intelligenza. Non con la superficialità effimera di un ottimismo che non ha ragione di essere. O, peggio, con la teatralità un po' scomposta delle cantate da balcone, assai poco in sintonia con le immagini terribili che ci arrivano da questa Lombardia diventata il punto più colpito dal contagio che investe il mondo. Immagini che mai avremmo potuto immaginare. Come lo sfilare notturno dei camion militari che portano fuori regione, ai forni crematori, le salme degli uccisi dal corona virus in una Bergamo martoriata. E a noi così vicina. Per pensieri adulti occorre la veridicità nell'intelligenza delle cose, unita alla caparbia volontà, che gli italiani hanno sempre tirato fuori nei momenti più drammatici, di non demordere. Appunto: "Ce la faremo. E se no, ce la faremo". Certo, la verità è durissima. Nessuno di noi può sapere - al di là di queste settimane, forse dei mesi, terribili e lunghi, e delle perdite che ci aspettano per andare oltre questa epidemia - se ci sarà ancora. Tuttavia - al di là del nostro destino individuale e di quello dei nostri cari (non poca cosa, come ci dice in ogni istante la paura che ci afferra il cuore, l'angoscia che cerchiamo di tenere sotto controllo) - rimane una considerazione inoppugnabile. Averne consapevolezza sembra irrilevante, rispetto al nostro esserci al singolare. Tuttavia può fare la differenza.
Almeno nel come affrontiamo questa prova. Come ha scritto il saggista Yuval Noah Harari, autore del best-seller "Homo Deus. Breve storia del futuro", la considerazione inoppugnabile è che, nonostante la tragedia immane che stiamo vivendo, "...l'umanità sopravviverà. La maggior parte di noi resterà viva...". Il mondo, insomma, ci sarà ancora. Non solo: come sarà questo mondo, sia nelle grandi come nelle piccole cose, lo stiamo decidendo ora. Proprio nel corso di questa prova che ci coinvolge tutti. Perché quello che stiamo affrontando non è solo un virus micidiale. E' anche un rimodellamento radicale del nostro modo di vivere. L'architettura sociale che ne verrà fuori - priorità di valori e modalità di vita, dinamiche comunitarie e stili di governo, egoismi e solidarietà - dipenderà non solo dalla svolgersi dell'epidemia, né dalle scelte delle leadership che ci governano ( rivelatisi così fragili davanti ai compiti caduti sulle loro spalle). Dipenderà anche da come agisce, qui ed ora, ciascuno di noi. Il virus ci ha messo davanti il vuoto profondo di stili di governo - mondiale, nazionale, regionale - mirati solo alla tattica e all'immediato. Di penosi ping-pong tra chi deve decidere. Di annunci spesso slegati dalla realtà. Un esempio? L' emblematica decisione del governo di Roma di rendere abilitante la laurea di medicina senza però sbloccare le relative risorse per i contratti di formazione per gli specializzandi. Quindi i diecimila medici in più ci sono. Ma solo in teoria. Il problema da affrontare ora, con assoluta priorità, è l'epidemia. Ma chi non sa affrontare adeguatamente un problema diventa parte del problema stesso. Cerchiamo di non dimenticarcelo.
Almeno nel come affrontiamo questa prova. Come ha scritto il saggista Yuval Noah Harari, autore del best-seller "Homo Deus. Breve storia del futuro", la considerazione inoppugnabile è che, nonostante la tragedia immane che stiamo vivendo, "...l'umanità sopravviverà. La maggior parte di noi resterà viva...". Il mondo, insomma, ci sarà ancora. Non solo: come sarà questo mondo, sia nelle grandi come nelle piccole cose, lo stiamo decidendo ora. Proprio nel corso di questa prova che ci coinvolge tutti. Perché quello che stiamo affrontando non è solo un virus micidiale. E' anche un rimodellamento radicale del nostro modo di vivere. L'architettura sociale che ne verrà fuori - priorità di valori e modalità di vita, dinamiche comunitarie e stili di governo, egoismi e solidarietà - dipenderà non solo dalla svolgersi dell'epidemia, né dalle scelte delle leadership che ci governano ( rivelatisi così fragili davanti ai compiti caduti sulle loro spalle). Dipenderà anche da come agisce, qui ed ora, ciascuno di noi. Il virus ci ha messo davanti il vuoto profondo di stili di governo - mondiale, nazionale, regionale - mirati solo alla tattica e all'immediato. Di penosi ping-pong tra chi deve decidere. Di annunci spesso slegati dalla realtà. Un esempio? L' emblematica decisione del governo di Roma di rendere abilitante la laurea di medicina senza però sbloccare le relative risorse per i contratti di formazione per gli specializzandi. Quindi i diecimila medici in più ci sono. Ma solo in teoria. Il problema da affrontare ora, con assoluta priorità, è l'epidemia. Ma chi non sa affrontare adeguatamente un problema diventa parte del problema stesso. Cerchiamo di non dimenticarcelo.
Giorgio Boatti - "Andrà tutto bene”? Le fragilità micidiali di superficiali ottimisti.
Coronavirus, per aiutare e donare
Per le persone più fragili - I senza tetto, le persone che stanno in dormitorio, non sono immuni, e continuano ad avere bisogno. Così Ains lancia una sfida: "In questo momento giustamente, tutte le attenzioni e gli aiuti si stanno concentrando sugli ospedali della nostra provincia, sugli operatori sanitari, tutti, impegnati ad assistere chi sta male e ha bisogno di cure. Arrivano tanti aiuti e tante raccolte fondi sono partite. Noi di AINS onlus siamo rimasti in attesa perché non aveva senso, le prime settimane, fare cose che non si sapeva se potevano veramente servire. Ora è arrivato il momento anche per noi di esserci e fare la nostra parte""Abbiamo parlato con Elena
Raschini, coordinatrice del Centro IN&OUT dove siamo volontari da più di due anni, che ci ha detto che le ore di attività sono ridotte, non è garantito il pranzo e gli ospiti sono abbastanza spaventati per quello che sta succedendo. Alla domanda “di cosa c’è bisogno?” ci ha risposto che serve cibo, alimenti da consegnare a loro che sono comunque persone fragili spesso senza una casa o se ce l’hanno sono soli e non autonomi, con difficoltà a gestirsi il quotidiano. Altri sono ospitati nei dormitori pubblici di Pavia e non potendo uscire hanno difficoltà a reperire ciò che gli serve. Queste righe per lanciare un appello di solidarietà per alcuni dei cosi detti altri, che in questo periodo rischiano veramente di diventare ancora più fragili di quello che sono. La nostra proposta è quella di garantire loro una busta della spesa contenente pasta e riso (almeno un chilogrammo), pane in cassetta, latte a lunga conservazione, scatolame vario (piselli, fagioli, tonno), pelati, qualche frutto. Sono utili anche saponette per lavarsi".
Raschini, coordinatrice del Centro IN&OUT dove siamo volontari da più di due anni, che ci ha detto che le ore di attività sono ridotte, non è garantito il pranzo e gli ospiti sono abbastanza spaventati per quello che sta succedendo. Alla domanda “di cosa c’è bisogno?” ci ha risposto che serve cibo, alimenti da consegnare a loro che sono comunque persone fragili spesso senza una casa o se ce l’hanno sono soli e non autonomi, con difficoltà a gestirsi il quotidiano. Altri sono ospitati nei dormitori pubblici di Pavia e non potendo uscire hanno difficoltà a reperire ciò che gli serve. Queste righe per lanciare un appello di solidarietà per alcuni dei cosi detti altri, che in questo periodo rischiano veramente di diventare ancora più fragili di quello che sono. La nostra proposta è quella di garantire loro una busta della spesa contenente pasta e riso (almeno un chilogrammo), pane in cassetta, latte a lunga conservazione, scatolame vario (piselli, fagioli, tonno), pelati, qualche frutto. Sono utili anche saponette per lavarsi".
Come aiutare - Si può comprare senza esagerare, questi prodotti e poi chiamare Ruggero al 339 2546932 per il ritiro - Fare una donazione all’IBAN IT70 W076 0111 3000 0004 6330 429 di AINS onlus (causale: busta della spesa). Compreranno loro quello che serve in accordo con chi fa la donazione consegnando lo scontrino a dimostrazione dell’avvenuto acquisto
Pavia, Concetta Barbato lavora al S. Margherita: «Portate dai parenti perché gli ospiti non possono ricevere visite. È un conforto»
«Leggo le lettere agli anziani
Così si sentono meno soli»
Così si sentono meno soli»
L'obiettivo è quello di tornare tra le corsie, tra i pazienti più anziani, e leggere loro le lettere che i parenti - soprattutto figli o nipoti - consegnano al personale insieme ai cambi di vestiti. Una sorta di ritorno all'antico, in tempi di messaggi e video-chiamate, ma che per gli ospiti più anziani resta ancora il metodo più efficace e gradito. «Sappiamo che è un momento difficile per chi è ricoverato da noi e sente in maniera particolare la solitudine perché non può ricevere visite dei propri cari - spiega Concetta Barbato - per questo tutti noi infermieri cerchiamo in qualche modo di fare alcuni piccoli gesti in più, per cercare di
dar loro conforto».
Ed ecco allora la possibilità di sedersi accanto al letto, aprire la busta del parente e leggerne insieme il contenuto visto che spesso le persone più anziane non riescono più a farlo da soli. E in quel contesto nasce un rapporto di grande sintonia, apprezzato sia da chi si trova in un letto che dai parenti all'esterno. «Spesso noi infermieri diventiamo anche il tramite tra familiare e ospite della struttura - sorride - insieme alla borsa con i vestiti si cerca anche un momento per scambiare due parole, per chiedere come sta la persona, per raccomandarsi di dare una carezza o un bacio in questa lunga assenza che pesa tanto su entrambi i fronti». L'opera di conforto passa anche per gesti semplici. I figli chiedono agli infermieri di aiutare il genitore ad accendere il cellulare o a metterlo in carica. E spesso insieme si gioisce anche per il successo di una videochiamata in cui si riescono a vedere e salutare i nipotini. «È dura per loro rinunciare ai momenti ludici, alla messa, semplicemente a festeggiare un compleanno insieme - conclude Concetta - ma grazie alla disponibilità dei fisioterapisti è rimasta questa attività, svolta singolarmente nelle camere. La attendono con ansia, perché diventa occasione anche per scambiare quattro chiacchiere».
D. Scherrer – La provincia Pavese.
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