5 aprile 2016

Ricerca volontari

AINS onlus (Associazione Italiana Nursing Sociale) CERCA 1 VOLONTARIO/A per attività di narrazione e documentazione dei progetti, nello specifico per raccontare l'evoluzione di un progetto denominato "L'armadio dei Pigiami" che vede la collaborazione in rete della nostra associazione, dell'APS Borgo Ticino, dell'Ordine dei Medici di Pavia e del Collegio Infermieri della Provincia di Pavia. 
Il progetto si pone l’obiettivo di mappare i bisogni della popolazione anziana che vive nel quartiere Borgo Ticino a Pavia.
Al volontario viene richiesto di scrivere articoli, documentare conferenze, intervistare relatori, narrare l'evoluzione del progetto, ecc. 
Per maggiori info contattare il Presidente 
Ruggero Rizzini al 339 2546932

29 marzo 2016

"Oggi curiamo noi", la sfida ai medici dei nuovi infermieri

Dall'ambulanza al pronto soccorso, mansioni più ampie. Ma i camici bianchi protestano: invasione di campo


NON chiamatelo piccolo medico, si offenderebbero i camici bianchi e anche lui. Ma non scambiatelo più nemmeno per quello che passa con la pillola tra i letti dei reparti, fareste un torto a ciò che è diventato. E cioè ricercatore, professore universitario, esperto di emergenze, direttore di reparto, coordinatore dell'assistenza alle famiglie. L'infermiere italiano sta cambiando, il percorso iniziato nei primi anni duemila con l'avvio del corso di laurea triennale sta dando i suoi frutti.
 
Come tutte le mutazioni, anche questa incappa in diversi problemi. È dei giorni scorsi la battaglia dell'Ordine dei medici di Bologna, che non accetta infermieri da soli sulle ambulanze. E così colpisce dove può, cioè tra i suoi iscritti. Sono sette, tutti nomi di vertice del 118 e dei pronto soccorso cittadini, quelli sospesi per sei mesi perché hanno approvato linee guida che prevedono appunto le ambulanze "infermieristiche". Non è giusto far soccorre i cittadini da quei professionisti, è la motivazione che secondo molti nasconde più che altro la volontà di far assumere camici bianchi oggi senza lavoro. È così iniziato un muro contro muro con la Regione Emilia, convinta invece della qualità di quel tipo di organizzazione che tra l'altro di recente è stata solo rinnovata, visto che esisteva da anni. È pure presente in quasi tutte le realtà locali italiane, in Toscana come in Piemonte, in Lombardia come in Puglia.
 
E sempre in tema di emergenza ci sono state grandi polemiche riguardo al "see and treat". Si tratta di quel meccanismo che prevede nei pronto soccorso la possibilità per alcuni pazienti non gravi di essere appunto visti e trattati solo dall'infermiere, ad esempio per medicare una ferita non importante. Questo perché, come spiega Barbara Mangiacavalli, la presidente del Collegio degli infermieri-Ipasvi "in questo caso non c'è diagnosi e nemmeno prescrizione, che sono prerogative esclusive del medico. E quindi possiamo occuparcene noi, seguendo i protocolli che regioni come Toscana e Lazio hanno fatto sull'argomento".

In Italia ci sono 350mila infermieri attivi, circa 270mila nel servizio pubblico e da tutti i sindacati sono considerati troppo pochi. Il reclutamento è uno dei punti spinosi, viste le difficoltà economiche attraversate dal sistema sanitario. E finisce che a migliaia vanno a lavorare all'estero, soprattutto in Gran Bretagna dove grazie a stipendi più alti attraggono molto e sfruttano la formazione svolta nelle università italiane. Tra l'altro si attende di fare un passo in avanti in questo campo. Da tempo è ferma allo Stato-Regioni una norma che prevede l'avvio di specializzazioni universitarie per gli infermieri, un po' come avviene per i medici.
 

La bozza individua sei aree: dei servizi territoriali, intensiva e dell'emergenza, medica, chirurgia, neonatologica e pediatrica, della salute mentale e delle dipendenze. È tutto fermo perché ai medici non piace come è scritta la norma nel passaggio in cui fa riferimento alle loro competenze. Ma se questa novità ancora non è stata introdotta, ci sono già infermieri che grazie al percorso di studi fanno i docenti universitari, oppure dirigono reparti dove il dottore è solo un consulente. Per ora si tratta di strutture sperimentali, dove vengono ricoverati pazienti stabili dal punto di vista clinico ma che non possono essere dimessi. E poi ci sono gli "infermieri di famiglia", un nome che richiama quello dei medici più noti ai cittadini. Assistono soprattutto a casa persone fragili da vari punti di vista. "La nostra professione si sta evolvendo - dice Mangiacavalli - Del resto è nata per stare vicino ai bisogni dei cittadini, che negli ultimi anni sono cambiati perché sono aumentate le malattie croniche. E problemi come questi o la disabilità e la fragilità in generale di cosa hanno bisogno? Di assistenza qualificata da dare dopo l'inquadramento diagnostico e l'impostazione terapeutica del medico". E qui entra in gioco il nuovo infermiere.

tratto da: http://www.repubblica.it/salute/2016/03/29/news/_oggi_curiamo_noi_la_sfida_ai_medici_dei_nuovi_infermieri-136482203/?ref=search

28 marzo 2016

QUESTO NON È UN LAVORO PER VECCHI

Tra gli infermieri è corsa all'inidoneità
di MICHELE BOCCI
ROMA - Spostare i pazienti, aiutarli ad affrontare le cure più pesanti, fronteggiare lo stress provocato dalla gestione dei casi urgenti, magari a notte fonda. Quello dell’infermiere non è un mestiere per vecchi eppure in Italia l’età media di chi lavora in corsia continua a crescere, con buona pace di chi pensa che il lavoro negli ospedali sia molto duro. Anche per la sanità i blocchi del turn over e le assunzioni con il contagocce hanno contingentato il ricambio, costringendo molte persone con acciacchi vari a lavorare fianco a fianco con trentenni assai più in forma dal punto di vista fisico. E il trend è preoccupante: con gli anni aumentano in modo consistente i lavoratori più anziani e di minuiscono i giovani, come attestano i dati di Osservasalute.

Nel 2012 infermieri e operatori sanitari tra i 40 e i 49 anni erano il 43%, il 4% in più del 2009. I "giovani", tra i 30 e i 39 anni erano invece il 20%, contro il 25% di tre anni prima e gli "anziani", oltre i 50, sono passati dal 25 al 29%, quindi erano in salita. E i dati non fanno distinzioni tra zone del Paese. Le tendenze di calo e di crescita a seconda dell’età si registrano al Nord, al Sud e al Centro.

"Bisogna farla finita con questo blocco del turn over – attacca Cecilia Taranto, segretaria nazionale per il settore sanità della Cgil – Ormai la situazione è insostenibile, i servizi si fondano su personale che invecchia e per di più è sempre meno numeroso. Questo significa mettere a rischio gli stessi lavoratori ma peggiora anche i servizi, quindi crea un danno ai pazienti".

Fanno capire quale sia la situazione nei reparti anche le inidoneità, cioè le certificazioni che escludono il singolo lavoratore da una o più mansioni per motivi di salute. Il Cergas della Bocconi (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'assistenza Sanitaria e Sociale) ha fatto uno studio su questo fenomeno nel dicembre del 2015. Ebbene, il 12% dei lavoratori in organico di Asl e ospedali ha una inidoneità. I problemi ovviamente aumentano con l’età: riguardano meno del 4% di chi ha tra 25 e 29 anni, e vedono picchi fino al 31% per gli ultra sessantenni. La maggior parte delle inidoneità hanno a che fare proprio con l’impossibilità di muovere dei carichi (quasi 50% dei casi), con posture particolari legate alla professione (12,6%) e con lavoro notturno e reperibilità (12%). Le più colpite, quasi l’80%, sono le donne. Riguardo al personale, quello più a rischio è quello cosiddetto socio-assistenziale, cioè gli ex ausiliari. Si tratta dei cosiddetti Oss o Ota. Seguono infermieri e ostetriche. "Il problema della sanità è il taglio continuo di risorse – dice ancora Taranto – Bisogna smettere di dire che si investe in questo settore".

Gli infermieri più anziani che restano al lavoro, perché non hanno inidoneità formalizzate, ma magari sono comunque un po’ acciaccati, si trovano costretti anche a sobbarcarsi una quantità maggiore di lavoro perché gli organici sono sempre più ridotti. "E invece dovrebbero mettere la loro esperienza e le loro capacità a frutto aiutando i colleghi più giovani – spiega la responsabile della Cgil – Per come la vedo io i lavoratori più anziani non devono essere spostati a ruoli amministrativi ma stare in reparto con mansioni meno pesanti e diventare figure di riferimento per chi è nei primi anni di lavoro. E invece abbiamo anche una pessima legge sulle pensioni che allunga inverosimilmente l’età di uscita dal sistema".
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/03/28/news/non_ho_piu_l_eta_per_fare_questo_lavoro_-134477960/?ref=HREC1-7#sanita

Santa Gertrudis - Guatemala: il nostro nuovo progetto per i poveri

22 febbraio-4 marzo 2016. Pochi giorni. 10+2 di viaggio. Chilometri e chilometri in aereo. 2 scali all’andata e 3 al ritorno. Ne vale la pena. Sempre!!!! 5 giorni al Comedor Infantil e 5 in giro per il Guatemala con Alvaro, il nostro referente progettuale. 5 giorni passati tra Città del Guatemala, Chimaltenango e Patzún accompagnandolo agli incontri di formazione che lo hanno visto docente per 54-67-85 lavoratori della Fondazione Statunitense UNBOUND. 3 libri letti in 10 giorni, incontri saltati per poco tempo a disposizione e tante idee che aspettano di diventare microprogetti.   
Santa Gertrudis - Guatemala: il nostro nuovo progetto per i poveri
Torno da questo viaggio, sempre a mie spese come tutti i viaggio in Guatemala e come tutte le partenze e i ritorni dei volontari della nostra associazione, con due certezze:

“ Abbiamo inventato una montagna di consumi superflui. E li buttiamo, e viviamo comprando e buttando…e quello che stiamo sprecando è il tempo di vita perché quando io compro qualcosa, o lo fai tu, non lo compri con il denaro, lo compri con il tempo di vita che hai dovuto utilizzare per guadagnare quel denaro. Ma con questa differenza: l’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si consuma. Ed è miserabile consumare la vita per perdere la libertà.”                                                                                                                                               José Mujica (Pepe Mujica).

“ La fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero “scandalo” che minaccia la vita e la dignità di tante persone – uomini, donne, bambini e anziani. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con questa ingiustizia, mi permetto di più, con questo peccato; in un mondo ricco di risorse alimentari, grazie anche agli enormi progressi tecnologici, troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere; e questo non solo nei Paesi poveri, ma sempre più anche nelle società ricche e sviluppate. “                                                                                                                                Papa Francesco

Sono tornato a Pavia e……quanto tempo stiamo perdendo mentre la gente, tanta gente vive nella precarietà, nella fragilità e ha fame. Noi di Ains onlus non possiamo fare grandi cose perché siamo piccoli  anche se sono convinto che “piccolo è bello, piccolo è meglio” il nostro essere piccoli ha dei grossi limiti aggravati dal fatto che tutto quello che facciamo lo facciamo fuori dall’orario di lavoro non essendo professionisti della solidarietà ma semplici volontari che vivono grazie alla stipendio che a fine mese portiamo a casa lavorando come Infermieri, negozianti, pensionati. Però dal 1998 ci siamo e quel poco che possiamo fare lo facciamo in maniera continuativa, tutti i giorni, da 18 anni. Per noi lotta alla povertà è il piccolo gesto continuativo e quotidiano. È viaggiare, partire, stare insieme alla gente del Guatemala per condividere ed ascoltare i loro bisogni e poi, ritornati a Pavia, impegnarsi per raccontare ciò che abbiamo visto ma non solo: fare!!!!. Lotta alla povertà e allo spreco è, per noi, lanciare un microprogetto chiamato “Bolsa Solidaria” che consiste, investendo 8 euro al mese, di comprare cibo (riso, fagioli, sale, pasta, incaparina, olio, latte in polvere e avena) per riempire una borsa da distribuire ad un anziano che vive nella baraccopoli di Santa Gertrudis,  che se può versa 10 quetzales (l’equivalente di 1 euro) per creare un fondo che verrà usato per finanziare le attività all’interno del Comedor Infantil perché l’assistenzialismo non ci piace per cui anche il povero, se appena appena può, è giusto che dia il suo contributo per non ricevere sempre tutto gratis. Lotta alla povertà è un piccolo gesto come questo che si pone l’obiettivo di aiutare ogni mese 25 anziani con un investimento totale di 2400 euro all’anno.  

Lotta alla povertà  è anche il microprogetto “Granai della Memoria” dove si decide di acquistare mais e fagioli direttamente dal contadino by-passando la grossa distribuzione che uccide quotidianamente la terra e chi la lavora. Lotta alla povertà è anche permettere a 25 donne, ogni mese, di eseguire un pap test,  una visita ginecologica e poter acquistare i farmaci necessari per curarsi. Lotta alla povertà è diritto alla salute e diritto all’accesso ai farmaci e alle cure mediche.  Ma lotta alla povertà è anche, a Pavia, attenzione alle fragilità  lanciando un progetto come “L’armadio dei Pigiami” dove ci si pone l’obiettivo di raccogliere vestiti, biancheria intima, dentifricio, spazzolino da denti e saponette da distribuire a tutte quelle persone (anziani, donne sole, stanieri, senza fissa dimora) che ricoverate in ospedale non hanno nulla. E poi lanciare un percorso di formazione per Infermieri e volontari in 4 tappe denominato “Educare alla fragilità” rivolgendosi agli Infermieri e, per ultimo, ma non vogliamo fermarci perché i bisogni da soddisfare sono tanti, il progetto “L’armadio dei Pigiami. Mappatura dei bisogni delle persone che vivono nel quartiere Borgo Ticino a Pavia”. Quest’ultimo è un progetto che partirà a brevissimo in collaborazione con l’APS Borgo Ticino e il Collegio Infermieri con l’obiettivo di fare una mappatura dei bisogni sociali delle persone, soprattutto anziani, di uno dei quartieri di Pavia. Progetto a cui crediamo molto perché è solo la prima fase di un percorso che, una volta che sappiamo quali sono i bisogni delle persone, ci attiverà nel soddisfarli. Concludo raccontandovi di un’ultimo progetto pensato per lottare contro la povertà. Progetto in collaborazione con il Centro servizi del Volontariato di Pavia e Provincia e denominato “La dispensa del volontario” dove vogliamo educare le associazioni e la cittadinanza all’acquisto mettendo inizialmente  in rete le associazioni che si occupano di cibo, fame, povertà e spreco, per educarci tutti insieme all’importanza del cibo buono, pulito e giusto. Tutto questo per noi è lotta alla povertà ed è ciò che un’associazione come la nostra ha il dovere di fare.
Concludo questo mio piccolo scritto chiedendovi, se lo volete, di darci una mano investendo 8 euro in un gesto semplice come quello di finanziare una “bolsa Solidaria” per un anziano di Santa Gertrudis  o in un esame ginecologico o in una donazione per acquistare dentifricio e spazzolino per chi non ha nulla e viene ricoverato in ospedale.
Perché? perché ne vale la pena e perché
Le buone idee hanno le gambe lunghe, e tanti hanno queste idee a ogni latitudine: il segreto sta nell’unire le forze”                                                                                                                                                  Carlo Petrini

Il codice IBAN del conto corrente postale di AINS onlus è:

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CIN: w

ABI: 07601

CAB: 11300

N.CONTO: 000046330429



GLI INFERMIERI STANNO DALLA PARTE DELLA PACE!