10 gennaio 2015

Vaticano, riconosciuto dopo 35 anni il martirio di monsignor Romero

CITTA' DEL VATICANO - Trentacinque anni dopo il suo assassinio, la Congregazione delle Cause dei Santi ha finalmente riconosciuto il martirio dell'arcivescovo salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, ucciso "in odio alla fede". Ne dà notizia in il quotidiano cattolico Avvenire: "I membri del Congresso dei teologi presso la Congregazione delle cause dei santi hanno espresso il loro voto unanimemente positivo sul martirio subito dall'arcivescovo di San Salvador il 24 marzo 1980. Si tratta di un passo decisivo per il vescovo latinoamericano ucciso mentre celebrava l'Eucaristia e che già il popolo acclama come santo". Ora, secondo la prassi canonica, per la beatificazione non resta che il giudizio del Congresso dei vescovi e dei cardinali e infine l'approvazione del Pontefice, atti formali che a questo punto appaiono scontati perché Papa Francesco si è pronunciato più volte pubblicamente in merito al sacrificio di questo grande vescovo latino-americano. Il Pontefice "chiamato quasi dalla fine del mondo", ha citato Romero anche durante l'ultima udienza generale: l'arcivescovo di San Salvador, ha ricordato Bergoglio, "diceva che le mamme vivono un 'martirio materno'. Nell'omelia per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte, egli disse, riecheggiando il Concilio Vaticano II: 'Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore... Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Sì, come la dà una madre, che senza timore, con la semplicitá del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. E' dare la vita. E' martirio'". La causa, iniziata nel marzo 1994 e della quale l'anno seguente si concluse la fase diocesana, era approdata a Roma nel 1997, promossa dal postulatore monsignor Vincenzo Paglia. Purtroppo poi l'iter si era arenato in attesa di un via libera della Congregazione della Dottrina della Fede arrivato solo quasi alla fine del pontificato di Benedetto XVI. Tratto da: http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/09/news/vaticano_romero-104574445/?ref=HREC1-15

1 gennaio 2015

“Presi nella rete”, per un regalo originale e di qualità ma anche etico

La nuova bottega di corso Garibaldi gestita da un’associazione di sole donne attive nella promozione sociale “Presi nella rete” è il suggestivo nome della nuova bottega di corso Garibaldi – via storica di Pavia che in numerosi punti ormai davvero si distingue per un bel modo di acquistare solidale – che si trova proprio nella zona limitrofa alla basilica di San Michele e che punta forte sull’equo solidale a Km 0. A gestirlo una “squadra” di sole donne, che hanno dato vita all’omonima associazione di promozione sociale “Presi nella Rete” (per cui la vendita è solo una delle attività) e che hanno tutte alle spalle significative esperienze nel mondo della solidarietà: la presidente è Giulia Dezza, vicepresidente è Serena ragni, segretaria Vittoria calabrese e consiglieri Pinuccia Balzamo e Antonella Scabini. Un’associazione che in pratica è costola dell’Associazione Ains, da anni in prima linea a favore del Guatemala. “Presi nella Rete” è un nome scelto appositamente per racchiudere due messaggi: sentirsi coinvolti da un progetto così interessante e valorizzare sempre di più quella rete del sociale che si apre alle realtà fragili del disagio. “La filosofia della nostra bottega è semplice – spiega Giulia Dezza – si acquistano i nostri prodotti, che sono tutti provenienti da cooperative che favoriscono il reinserimento dipersone appartenenti a categorie fragili e l’avanzo di cassa va a favore della Casa del “Comedor Infantil” in Guatemala, quindi sarà impiegato per assunzioni in loco andando a creare occupazione per aiutare questo Paese nel Sud del mondo a risollevarsi economicamente. In pratica si tratta di una bottega di commercio “equo” al contrario, che grazie alla vendita di prodotti di cooperative sociali a Km 0 sostiene un progetto in Guatemala”. In occasione delle feste natalizie, ad esempio, un’ottima idea è quella del cesto o della scatola di generi alimentari (anche la scatola arriva da una cooperativa sociale di persone disabili, la CLS di saronno), che oltretutto partono da cifre veramente accessibili a tutet le tasche. Si possono comporre a partire da poco più di sei euro. Alcuni generi alimentari (dai biscotti al caffè) provengono dalle tre cooperative che lavorano rispettivamente con laboratori nelle carceri di Bergamo, Vigevano e Pozzuoli. Molto interessante anche l’esperienza di un’altra cooperativa, Shadhilly-Storie di uomini e caffè, che ha sede a Fano e lavora il caffè prodotto in Guatemala e Uganda da Cooperative locali. E merita una sottolineatura anche il buon vino della Cooperativa La Vigna, di Montecalvo Verseggia, che da oltre vent’anni coltiva i terreni viticoli in maniera biologica, ossia preservandoli dall’impoverimento provocato dalla coltivazione convenzionale e intensiva. Le cooperative con cui lavora “Presi nella rete” fanno dunque lavorare persone con disagio fisico e psichico, rifugiati politici, utenti dei centri diurni della nostra provincia e va segnalato anche un contratto privato con un giovane affetto da schizofrenia che dipinge magnificamente su seta. Non solo generi alimentari, quindi, ma anche tessuti e gioielli di UroBuro, cooperativa milanese dove ha preso vita un laboratorio per la produzione artigianale rivolto ai sofferenti psichici. E poi ancora tante altre idee regalo, dagli oggetti in carta ecologica e in ceramica della Cooperativa “Radici nel Fiume” di Somma Lombardo agli ormai celebri gatti neri prodotti proprio da Giulia Dezza che 2vestono” stipiti e pareti. Entrare in questa nuova bottega significa quindi davvero lasciarsi “prendere nella rete” da tanti valori e progetti eticamente e socialmente validi, trovare idee originali a prezzi accessibili senza accantonare un elemento fondamentale: la qualità dei prodotti. Perché quella, davvero, non manca. Daniela Scherer Il Ticino, 19 gennaio 2014

S. Martino, donati 300 chili di cibo

SAN MARTINO Circa 300 chili di generi alimentari distribuiti, nel giorno di Natale, ad oltre venti famiglie bisognose. Questo centro di quasi 6mila abitanti ha il volto della povertà che cresce, ma anche della generosità di chi sa offrire. «In questi ultimi due mesi – spiega l’assessore ai servizi sociali Andrea Viola – i cittadini hanno risposto in modo positivo alla richiesta di aiuto arrivata da Comune, parrocchia, istituto comprensivo e alcune associazioni del territorio. Il primo tassello è stato inserito durante le feste per il patrono, quando sono state organizzate iniziative che hanno consentito di raccogliere circa 300 chili di prodotti alimentari, ma anche spazzolini, dentifrici e oggetti per l’igiene personale». Un progetto, quest’ultimo, coordinato da Ains per distribuire un kit di prima necessità per le persone più bisognose ricoverate nel reparto malattie infettive del San Matteo. Natale all’insegna della solidarietà anche per i più piccoli: i bimbi infatti hanno consegnato quaderni, biro, pastelli e altro materiale didattico da destinare ai piccoli che appartengono a famiglie in difficoltà economica. «Un evento che si è svolto al teatro Mastroianni, durante lo spettacolo teatrale “Cercasi Babbo Natale” – fa sapere Viola -. In cambio i bimbi hanno ricevuto biscotti e cioccolato del commercio Equo Solidale». Per quattro domeniche, il Comune ha concesso la Sala Calabresi per il “Progetto Alegria–Incontri con i bambini venzuelani malati di cancro in cura in Italia”, che ha previsto attività ricreative per i bimbi del reparto di oncoematologia pediatrica che si trovano sul territorio comunale. «E’ stato un bel momento di condivisione e di scambio culturale», sottolinea l’assessore al volontariato Stefania Zanda. E ancora: il concerto organizzato dal Comune, in collaborazione con la Pro Loco Sicut Mare, in cui sono state raccolte offerte per l’acquisto di materiale per le aule d’informatica. (st.pr), la provincia pavese, 27 dicembre 2014

Da bimbi e anziani pigiami e dentifricio per chi non ce li ha

PAVIA Un pigiama, uno spazzolino, un dentifricio. Un kit di sopravvivenza in ospedale per chi arriva e non ha nulla e magari non ha nessuno da chiamare. È “L’armadio dei pigiami”, un’iniziativa che parte dalle cliniche di Malattie infettive e Ains, associazione italiana di nursing sociale, sostenuto dal San Matteo e dal Sitra, e dai tanti che stanno donando materiale. «In ogni reparto c’è un armadio dove si trovano i pigiami, lavati e stirati, che servono per quei malati che non hanno un pigiama quando vengono ricoverati – spiega Ruggero Rizzini, presidente Ains e infermiere nel reparto di Malattie infettive – Sono sempre di più. Non solo i senza fissa dimora e i tossicodipendenti, ma tanti anziani. La nostra associazione, composta da infermieri del San Matteo, osserva quotidiane situazioni di precarietà, soprattutto in persone anziane che, ricoverate, arrivano sprovviste di tutto, dallo spazzolino alle ciabatte, dalla saponetta ad una maglietta di ricambio». L’idea è stata esportata da Mondovì dove l’associazione volontari ospedalieri si è inventata un kit composto da asciugamano, saponetta, dentifricio e spazzolino, pettine e specchio, fazzoletti, salviette umidificate, carta igienica, tovaglioli, ciabatte, sciarpa e maglietta. «Al S. Matteo – spiega Rizizni – in accordo con la coordinatrice infermieristica di malattie infettive e malattie infettive e tropicali, il direttore di malattie infettive e tropicali Gaetano Filice, il Sitra e il personale infermieristico, il progetto partirà entro fine anno perché l’attuale crisi economica ha fatto emergere situazioni di povertà che ci devono far riflettere». I materiali sono stati raccolti dagli alunni delle scuole di San Martino Siccomario, dalle aps Brusaioli e Borgo Ticino di Pavia. «Le malattie infettive – spiega Filice – sono spesso legate alla povertà. Noi da sempre accogliamo pazienti ai quali manca tutto, siamo un punto di riferimento, si è sempre cercatodi aiutarli, gli infermieri agiscono sempre bene e in silenzio. In questi ultimi due o tre anni però i casi di disagio sono cresciuti in maniera esponenziale. Questo progetto ben cerca di rispondere a un’esigenza molto concreta». Anna Ghezzi, la provincia pavese, 11 dicembre 2014

Ana Maria “adottata” negli studi dai clienti dell’edicola

PAVIA Anna Maria era in quarta elementare quando si è imbattuta nei volontari di Ains, l’associazione pavese che coopera con una delle zone più povere del Guatemala. Viveva a El Rancho, con la mamma. Una delle tante famiglie poverissime uscite dalla vicina baraccopoli di Santa Gertrudis. Per strapparla alla strada Ains, nel corso degli anni, ha realizzato un entro di accoglienza che offre non solo istruzione e assistenza medica ma anche un pasto. La mensa del Comedor Infantil ospita 18 bambine e 17 bambini. Ana Maria Aguilar era una di quelle bambine dai grandi occhi neri. Capace di sorridere per le cose semplici e di accontentarsi di poco. Quando Emanuele Chiodini ha accompagnato Ruggero Rizzini, presidente di Ains, in Guatemala ha conosciuto la famiglia di Ana Maria. «Quella bambina era speciale – racconta Chiodini – Ha sempre avuto le idee molto chiare, era molto brava a scuola. Così abbiamo iniziato a sostenere i suoi studi. Ho messo sul banco della mia edicola a San Martino un bussolotto per la raccolta delle offerte a favore di Ains e con parte di queste abbiamo pagato gli studi ad Ana Maria». La raccolta fondi è partita, circa dieci anni fa, con i resti in moneta che i clienti infilavano nella cassetta. Poi sono cominciate le offerte più consistenti. E ci sono stati clienti che hanno “adottato” la causa di Ains. Nel frattempo Chiodini è tornato altre 5 volte in Guatemala con l’associazione pavese. E ogni volta ha incontrato Ana che si faceva sempre più grande e sempre più brava a scuola. Un impegno, quello di Chiodini e dei suoi clienti, ricompensato. La ragazza, che il 26 agosto ha compiuto 18 anni, si è diplomata a pieni voti . A questo punto l’adozione scolastica sarebbe dovuta terminare. «Ma sarebbe stato un peccato perché è una ragazza studiosa – spiega Chiodini –. Così suo zio Alvaro, che è uno dei referenti locali per Ains all’interno di El Rancho, ci ha fatto una proposta: inserirla al Comedor per lavorare part time, mezza giornata, nell’organizzazione e gestione della struttura. Con quello stipendio Ana Maria potrebbe pagarsi gli studi. Vorrebbe infatti iscriversi all’Università per seguire un corso di Magistero. «Il costo dell’assunzione è contenuto (100 quetzal al mese, circa 110 euro)e abbiamo accettato con piacere, vogliamo aiutarla a realizzare il suo sogno» dice Chiodini. (m.g.p.)La Provincia Pavese,15 settembre 2014