Si chiama “Un cammino lungo un giorno” l’ultimo lavoro del regista vogherese Filippo Ticozzi.
In questo documentario i protagonisti della scena sono i bambini guatemaltechi, i loro pensieri, la loro vita.
Le interviste scarseggiano, la realtà e la naturalezza hanno la meglio.
Era lo scorso ottobre quando Filippo Ticozzi, Ruggero Rizzini , presidente di Ains (Associazione italiana nursing sociale) e Nicola Grignani, lasciarono l’Italia facendo rotta verso il Guatemala con l’obbiettivo di raccontare come si vive l’infanzia in quel paese.
“Un cammino lungo un giorno”, è ambientato in Guatemala, a El Poshte, un paesino sperduto cui si accede solo tramite un angusto sentiero, quindi è raro spostarsi. Un luogo simile può essere sinonimo di prigionia?

Il documentario racconta una giornata dal punto di vista dei piccoli. La scelta di questo soggetto vuole far avvicinare il mondo dei grandi al loro?
«L’idea è stata di Ains. Io sono stato contattato per realizzare un lavoro sui bambini del Guatemala. Il documentario è indirizzato ad un pubblico di giovani, ma è sicuramente una buona occasione per far entrare in contatto i due mondi. Sulla scena appaiono anche degli adulti, visti in alcuni momenti della loro quotidianità. L’esito finale è stato sorprendente:spesso alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” alcuni bimbi hanno risposto “da grande voglio lavare i panni, raccogliere la legna e cucinare”, dunque riprendendo quella parte di vita da adulti che loro vedono vivere ai genitori. I due mondi si incontrano».
Mino Milani si è espresso riguardo al cinema dicendo che tale attività consiste nel “narrare per immagini ritmando velocemente l’azione”. Qual’è la sua idea di cinema?
«Il reale è ambiguo, poliformo, tragico. Il cinema deve farlo risuonare».
Nel 2006 ha realizzato a costo zero il documentario “Lettere dal Guatemala”; nel 2008 con un budget ridottissimo ha scritto, diretto e montato il mediometraggio “Lilli” interamente girato in Oltrepo. E’ possibile realizzare lavori validi con budget ridotti?
«Ci si deve arrangiare. In un contesto in cui l’appoggio economico scarseggia, è necessario rimboccarsi le maniche e cercare di fare ciò che si può. Tuttavia, il grande pubblico non si raggiunge mai con produzioni indipendenti, e in Italia il mercato del cortometraggio è quasi inesistente».
In un ambiente cinematografico in cui spopolano Avatar, fantascienza e lotte spaziali, la realtà è ancora apprezzata o rischia di fare paura?
«Ci sono film, un tempo considerati di nicchia ed ora molto apprezzati, che interrogano la realtà. Pellicole come “La bocca del lupo” di Pietro Marcello, o ancora “Le quattro volte” di Frammartino premiato al Festival di Cannes. Vengono trattate storie di esuli interrogando la realtà, facendo si che il pubblico rifletta su ciò che vede e sceglie di vedere. Il reale viene totalmente esposto, ma il regista non è onnisciente e lascia spazio all’interpretazione del pubblico. In questo modo anche la comprensione viene agevolata».
A Pavia i cinema hanno chiuso in favore dei multisala. Cosa ne pensa?
«Vince la legge del mercato e nel caso dei documentari è spietata. Si sente spesso dire che a Pavia non c’è nulla da fare e ci si rassegna. Io ho avuto modo di proiettare i miei lavori grazie, ad esempio alla rassegna Sguardi Puri di Figazzolo. Sarebbe opportuno un maggiore lavoro di pubblicità, oppure sarebbe più adeguato informarsi, perchè le manifestazioni cinematografiche in città ci sono; fermo restando che sempre più spesso ci si sposta a Milano per vedere un film in sala».
Quale film avrebbe voluto girare?
«Più di uno. Sicuramente La ballata di Stroszek di Werner Herzog e Le quattro volte di Frammartino». Progetti futuri? «Ci sono ma sono ancora embrionali, dunque non preannuncio nulla. Non è certamente un periodo facile per le produzioni: o si fa qualcosa da soli, altrimenti è pressochè impossibile».
Vacanze estive: Italia, estero, o casa dolce casa?
«Sono stato all’ Elba per ragioni pratiche. Ho due bambine piccole e l’ideale per questa estate 2011 era la combinazione offerta dall’isola nostrana: vicinanza e relax».
Stefania Campari
la provincia pavese, 24 agosto 2011
Una giornata nel villaggio dei bambini
El Poshte è un piccolo villaggio sulle montagne del Guatemala. Non è molto lontano dalle città, ma l’unico modo per raggiungerle è un lungo e impervio sentiero, perciò raramente ci si sposta dal villaggio. La maggior parte degli abitanti sono bambini. Il documentario di 15 minuti ne racconta una giornata. Spiega Ticozzi: «Volevo raccontare una storia di bambini dall’altra parte del mondo per i bambini “nostri”. Per questo ho scelto una comunicazione elementare, che non significa povera, lasciando alle inquadrature lunghe il compito di aprire quel mondo senza interpretare e senza guidare troppo la narrazione. Ho voluto anche fare interviste, ma sempre ad “altezza bimbo”, cioè seguendo i piccoli, senza forzature, nei loro rapidi e naturali ragionamenti». Vogherese, 38 anni, Ticozzi ha scritto e diretto il mediometraggio Lilli (2008) e il cortometraggio Dall’altra parte della strada (2010), che hanno ottenuto diversi riconoscimenti nazionali e internazionali, è autore di documentari indipendenti e per la televisione, scrive su Pulp libri e organizza rassegne di cinema.
la provincia pavese, 2 agosto 2011