31 luglio 2011

carcere e interesse collettivo

Qualche tempo addietro al Centro Servizi Formazione di Pavia s’è tenuto un workshop sul tema del reinserimento dei detenuti, sull’importanza della rete a lavorare all’insegna dell’integrazione e della concertazione delle risorse disponibili.

Il padrone di casa, Dott. Riccardo Aduasio, ha sottolineato che fare rete intorno ai bisogni della persona consente di accrescere l’efficacia degli interventi evitando che possano trasformarsi in disagio, se non addirittura in esclusione sociale. Perché l’agire congiunto è strumento vincente per raggiungere obiettivi di qualità, non solo per i beneficiari degli interventi ma anche per gli stessi componenti della rete.
Ospiti graditi Lucia Castellano Direttrice della Casa di Reclusione di Bollate, e Piergiorgio Reggio, pedagogista, formatore, ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Ben composto il parterre, gli Istituti Penitenziari, Uffici di esecuzione penale esterna, la Provincia, alcuni Comuni, i Piani di Zona, le Caritas, le Cooperative e le Associazioni del territorio.
Pungolatore e stratega della moderazione, il Prof. Reggio ha “obbligato” tutti i presenti a formulare interrogativi, a evitare la moltiplicazione di verità destinate ad arenarsi su uno stato delle cose terribile qual’è il carcere italiano, per non parlare dei soliti mercantilismi e merceologie di pensiero, rispetto alle modalità di interazione che intervengono nel sistema, per rinsaldare connessioni esistenti e inaugurarne di nuove.
Occorre mantenere alta l’attenzione e il proprio entusiasmo, quale unica strada possibile per leggere i cambiamenti e le trasformazioni, e pensare al futuro con gli strumenti che ci sono, con gli investimenti reperibili, con le lauree del conoscere, anche con quella, come ha detto qualcuno, “in scienze confuse”, che obbligano a guardare in faccia il vissuto e le storie delle persone.
Poi è stata la volta della Dott.ssa Lucia Castellano, “ la Direttrice “ timoniere di ben altra cabina di pilotaggio, un vero e proprio coach efficiente e efficace, uno di quei personaggi “capaci” nel rispondere ai quesiti, e nel condurre a ritrovata buona vita tanti cittadini detenuti, una persona semplicemente coerente al suo mandato da apparire l’ultimo dei Mohicani.
Con poche battute ha messo al centro la persona, ha indicato la necessità di tradurre correttamente i mutamenti che coinvolgono le istituzioni, il territorio, il detenuto, affinché non risulti una utopia mascherata l’abbattimento della recidiva, attraverso una carcerazione dignitosa, con una nuova punteggiatura sull’importanza del lavoro, della formazione.
La rete è importante quando consolida i legami e favorisce il confronto, la ricerca di un’idea, da non licenziare sotto il coperchio del solito sovraffollamento carcerario, ma anzi sollecitando rinnovate energie tra pubblico e privato, chiedendo alle Istituzioni di svolgere la propria parte, accompagnando ciascuno nelle proprie responsabilità, disinnescando la prigione “patogena”, illegale, contenitrice di occupanti abusivi, drogati e extracomunitari, quindi rafforzando il valore del diritto di cittadinanza persino dentro una cella.
Ma a questa rete per il reinserimento dei detenuti, per poter riconoscersi e quindi conoscere dove stanno le assenze e le mancanze autorizzate a passare inosservate, manca uno spazio condiviso, dove contribuire collettivamente allo scopo, che fa sicurezza, nel riconsegnare equilibrio e dignità al carcere e al detenuto.
Manca una squadra per fare diventare sopportabile questa fatica disumana, spesso relegata in solitudine, sovente sminuita del suo valore assoluto e inalienabile, affinché diventi un preciso interesse collettivo rendere migliore la società, il carcere, e gli uomini.

vincenzo andraous

30 luglio 2011

Olmi, 80 anni pieni di futuro

Una responsabilità che oggi poco si avverte. Domina l’indifferenza, non sappiamo più indignarci e vergognarci per quanto d’inaccettabile accade su tutti i versanti della vita pubblica e privata.

«Forse l’indifferenza è un po’ un’autodifesa. Abbiamo constatato che siamo continuamente traditi dai prodotti che compriamo, dai modelli di vita che c’impongono. Per difendermi non ho che l’indifferenza o l’indignazione. Ma l’indignazione dovrebbe provocare la ribellione. Cristo ha avuto la forza di ribellarsi al tempio, dove si vendevano “le quotazioni in borsa”. Noi, quando avremo la forza di ribellarci a quel tempio fasullo che è la nostra società attuale, dove la felicità pare dipendere dai soldi? Nel momento in cui ci ribellassimo, non in tre giorni, ma in tre secondi, potremmo costruire un nuovo tempio. Ci sarebbe un’esplosione di luminosa felicità che inonderebbe l’aria di un profumo mai prima avvertito».


Intervista di Mariapia Bonanate a Ermanno Olmi

http://www.famigliacristiana.it/costume-e-societa/cultura/visto/articolo/olmi_250711145308.aspx

Nel paese delle donne

Chi non vorrebbe vivere nel paese delle donne? E' questo il titolo dell'ultima fatica di Gioconda Belli, affascinante scrittrice di lontane origini italiane, cittadina nicaraguense e oggi residente a Los Angeles, già autrice del famoso romanzo 'La donna abitata', il romanzo degli inizi che l'ha lanciata come talento virtuoso, cuore e anima congiunti, della letteratura contemporana ispanoamericana.

America latina nel cuore. E nella mente. Mediterraneo, latinità nel sangue. I mari del Sud e la passione di una vita fortissimamente spesa per l'affermazione di dignità e diritti.
"Nel paese delle donne" è tutt'altro che un racconto scontato.
Certo, c'è la fiaba del vulcano che erutta e che annulla, temporaneamente, grazie al soffio dei suoi veleni cocenti, lapilli e zolfi, il testosterone maschile.
Anche questo aspetto, - che fa da collante al romanzo in sè - tuttavia non è secondario.
In questa narrazione Gioconda Belli tocca le vette più alte della necessità della liberazione sessuale, del compimento di questo processo che, negli ultimi vent'anni, ha subito di certo un'onda di arresto.
La necessità di una parità reale e non surrettizia; la necessità di un vivere libero in alleanza vera e convinta tra sessi differenti, tra generi - il maschile e il femminile - finalmente recuperati ad un umano decoro troppo spesso perduto o calpestato.
La proiezione di un futuro, qui idealizzato, ma utopisticamente da raggiungere, da mantenere vivo come mèta sempre valida finche' non tagliata, dell'abbandono di certi istituti patriarcali accumulati in una storia lunga (almeno) seimila anni e che hanno generato solo violenza e sopraffazione.
Il maschilismo, la sottomissione delle donne, la riduzione in servitù del genere femminile, la violenza nei confronti di colei che la natura, la creazione, l'evoluzione del mondo e della specie ha posto a generare.
La violenza, di per sè, e' qualcosa da respingere. La violenza sulle donne è qualcosa di oltremodo infame, osceno, spaventosamente doppiamente criminale.
Gli uomini, maschi, quanto ancora dovrebbero riflettere su questi aspetti, decisivi, fondamentali per la loro vita, e assimilare dentro se stessi il rifiuto totale di ogni capacità aggressiva, belluina e come tale infra-umana. Quale universale vantaggio deriverebbe da questo traguardo acqusito! Quale armonia! Quale dimensione recuperata al vero dell'esplosivo (e creativo) dono dell'Eros!
Questi aspetti si evincono con chiarezza, trasparenza cristallina dalle pagine di questo libro; scritto, a mio parere, senza fatica, in scioltezza, senza difficoltà, in una rincorsa di parole giuste e di eventi che stimolano la lettura e il lettore a pensare, a riflettere, ad appassionarsi e non fermarsi finchè non si giunge, soddisfatti, all'ultimo capitolo.
E' un 'Manifesto' che dovrebbe apparire tra i cardini portanti della rifondazione del socialismo del XXI secolo....(scoprirete, leggendo, cos'è il PIE....)
Uomini e donne finalmente alleati sul serio per costruire un mondo più giusto, più onesto e più eguale.
Gioconda Belli è un programma anche nel suo nome. I nomi non sono mai casuali.
E l'onomastica in questo caso assume un senso profondo di grande attrazione: il lido da raggiungere, la spiaggia ove approdare, un grammo di felicità, qui sulla terra, da assaporare.
Insieme. Uomini e donne. Insieme.


"Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem/ hunc nostrum inter nos perpetuumque fore./
Di magni, facite ut vere promittere possit / atque id sincere dicat et ex animo/ ut liceat nobis tota perducere vita/ aeternum hoc sanctae foedus amicitiae/ (Catullo, da ' Carmina Catulli')


["Nel paese delle donne" di Gioconda Belli, ed. Feltrinelli, 2011]

Emanuele Chiodini

«NON È QUESTO LO SVILUPPO»

Non è disposto a mollare. «Non posso:come faccio a lasciare sola la mia gente?», dice ad Avvenire in perfetto italiano monsignor Álvaro Ramazzini, vescovo di San Marcos, cittadina del Guatemala a 300 chilometri dalla frontiera messicana. Una zona difficile.
La violenza della guerra civile è impressa col fuoco nella carne e nella memoria degli indigeni, la quasi totalità degli abitanti. All’epoca – è arrivato qui nel 1988 – Ramazzini difendeva le comunità di San Miguel Ixtahuacan e Sipakapa dagli abusi dei gruppi armati. A 15 anni dalla firma degli accordi di pace, don Álvaro – come ama farsi chiamare – continua a combattere per i diritti degli indios minacciati, ora, dalla miniera Marlin del colosso canadese Goldcorp. Tanto da essersi Aggiudicato il soprannome di "vescovo ecologista". «Non sono un ambientalista radicale. Ma la miniera sta avvelenando i villaggi», spiega. Impossibile negare il forte impatto di Marlin su San Marcos: la cava si estende per 573 chilometri. Qui, dal 2003, le ruspe ingoiano 5 milioni di tonnellate di roccia al giorno, alla ricerca dell’oro di cui la terra è ricca: nel 2008 ne sono state estratte oltre 241 mila once. Dal 2005 al 2010, l’impresa ha guadagnato quasi 1,5 miliardi di dollari dalla vendita di oro e argento.
Per isolare il metallo, il metodo è quello classico del bagno di cianuro e acqua. Molta acqua: 12 litri al secondo. Una famiglia contadina deve farsene bastare 30 per l’intera giornata. «Vengono utilizzate 9 tonnellate di esplosivo al giorno per creare voragini che non verranno mai più ricoperte. Le detonazioni fanno tremare le case, di continuo. Il cianuro, poi, filtra contaminando terra e acqua. E gli abitanti non ricevono alcun beneficio: appena l’1 per cento della ricchezza prodotta resta in Guatemala, in base alla legge sulle concessioni minerarie del 1997. Gli indigeni sono rimasti poveri e per di più devono vivere in un ambiente devastato».
Una visione estremista e parziale, ribatte la Goldcorp. Eppure, alle ripetute denunce di Ramazzini e della Conferenza episcopale guatemalteca, che si è schierata contro la miniera, ha creduto un anno fa anche la Corte interamericana per i diritti dell’uomo. Che, nel maggio 2010, ha ordinato la chiusura di Marlin.
A San Marcos, però, niente è cambiato: ruspe ed esplosioni continuano a ferire la terra. E l’oro fluisce abbondante dalle sue viscere. Il governo guatemalteco del progressista Alvaro Colom ha ignorato per oltre un anno la sentenza della Corte. E lo scorso 12 giugno ha detto esplicitamente che non c’è motivo per bloccare l’attività di Marlin.
Ramazzini e le comunità di San Marcos, però, non sembrano intenzionate ad arrendersi:
«Le miniere a cielo aperto non sono una via per lo sviluppo del Paese. Che deve essere in armonia con l’ambiente e rispettoso dei diritti dei suoi popoli. Credo che il sogno di un Guatemala più giusto non sia irrealizzabile. Certo, la strada sarà lunga. Per questo non possiamo fermare la nostra marcia…».
Lucia Capuzzi, Avvenire 7 luglio 2011

pubblicato anche sul sito http://orizzonte-guatemala.blogspot.com/

29 luglio 2011

BIENVENIDOS AL RANCHO, MASSIMO Y LUCIA.

"orto scolastico": un momento per imparare e socializzare

Non c’è un progetto “orti scolastici” presso il collegio San Josè a El Rancho perché mancano i soldi per comperare le sementi e chi possa insegnare alle studenti come si coltiva il mais, le verdure, le carote e altri ortaggi. Nonostante questo alcune insegnanti hanno creato delle piccole, piccolissime coltivazioni per insegnare a coltivare alcune verdure. Queste iniziative hanno sicuramente un alto valore didattico e fanno si che gli studenti possano socializzare e scambiarsi opinioni e conoscenza.

23 luglio 2011

"LA POPOLAZIONE HA DIRITTO DI SAPERE DA DOVE PROVIENE IL DENARO PER FARE LE CAMPAGNE ELETTORALI"

Alvaro Leonel Ramazzini Imeri, vescovo della Diocesi di San Marcos, oltre a guida spirituale del popolo cattolico, si è trasformato in un difensore degli emigranti e dell'ecosistema. Il religioso di 64 anni si riferisce all'attuale processo elettorale nel paese riaffermando il diritto dei cittadini di conoscere l'origine delle risorse economiche che i partiti politici utilizzano per le loro campagne.

Come analizza lo sviluppo dell'attuale processo elettorale?
La campagna elettorale è stata anticipata, cosa che è deplorevole, perché i partiti non hanno aspettato la convocazione ufficiale della Corte Suprema Elettorale.
Che messaggio dà questo atteggiamento alla popolazione?
Questo è negativo, perché quando non si rispettano i termini delle autorità elettorali si sta dando una immagine negativa alla popolazione, poiché sono state scavalcate le norme e leggi stabilite.
Come vede il tema del finanziamento delle campagne politiche?
Sono ammirato al vedere quanta pubblicità si sta facendo, e come noi vescovi abbiamo chiesto in un comunicato, la popolazione ha diritto di sapere da dove proviene il denaro per realizzare queste campagne di divulgazione. È importante che i partiti politici ed i loro candidati dicano pubblicamente quali sono le loro fonti di finanziamento, soprattutto ora che siamo in una congiuntura nella quale vediamo dappertutto il fantasma del narcotraffico e del crimine organizzato, per quello che rimane il dubbio se ci sarà o no un finanziamento sotterraneo.
È importante per il processo elettorale la divulgazione della provenienza dei finanziatori ?
Ritengo che se i politici vogliono fare una campagna elettorale di alto livello civico, la trasparenza è una parola che deve trasformarsi in azioni tangibili e realiste. Le istituzioni politiche devono essere chiare con la popolazione, non solo informando su quali sono le fonti del loro finanziamento, ma anche essendo molto obiettivi affermando che cosa è ciò che si può fare realmente per il paese, con che mezzi si pensa di riuscire a farlo e che cosa non è possibile fare.
Crede che sia possibile agire con trasparenza in un processo elettorale?
Continuo a sostenere che la menzogna non deve essere mai un strumento utilizzato dai politici per ottenere voti a loro favore. E se ciò si fa, continueremo a vedere nella situazione guatemalteca un deterioramento tanto grande nei valori etici.
Crede che è necessario che gli elettori conoscano le proposte dei candidati prima di decidere per chi voteranno?
La società civile non può rimanere inerte aspettando il giorno 11 settembre per emettere il suo voto. Si deve fare un lavoro forte di sensibilizzazione affinché le comunità sappiano chi sono i candidati e che cosa propongono, per prendere una decisione responsabile al momento di scegliere i nuovi governanti.
È corretto che i candidati alla presidenza facciano conoscere come si integrerà il loro gabinetto di governo?
Sì. Non è corretto che le nomine di alti funzionari del Governo si facciano per amicizia, perché hanno aiutato a sostenere la campagna o perché hanno messo al servizio del partito qualche mezzo di comunicazione, per poi ripagare quei servizi.
Le hanno proposto qualche volta la candidatura presidenziale?
Circa tre mesi fa, dirigenti dell'Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca (URNG) di San Marcos mi hanno visitato per propormi la candidatura alla presidenza della repubblica, cosa che ho rifiutato.
Perché ha respinto la proposta?
Chiaramente ho detto loro di no perché la mia missione cristiana è essere vescovo. E questo è il senso della mia vita.

pubblicato sul blog http://orizzonte-guatemala.blogspot.com/
articolo tratto e tradotto da Diario de Centro America del 01/07/2011





22 luglio 2011

Dal monte Lesima a Baires. Una porta aperta sul mondo

Verso la fine d'agosto, ai piani di Lesima, cominciava a far freddo. La sera, in particolare, si presentava con la sua veste di colori, luci e penombre; un abito sempre nuovo calato su vallate, campi e vegetazione. Il preludio quotidiano della natura annunciante la notte con il suo carico di stelle, più vicine da lassù, a scorgersi e vedersi in fantastici nomi di costellazioni eterne; una ricerca colma di stupore perduta in mezzo al cielo terso, tirato a specchio dal crocevia dei venti che in questo luogo, di confini d'alta quota, trovano spazi agiati in cui assortirisi. I confini, il vento non li conosce. Ed è sua la presenza più somma, tra gli agenti atmosferici, concepita per ricordarci quanto siamo piccoli quando ci lasciamo ingannare e incastrare da queste linee immaginarie, forse messe lì apposta per limitare, regolare, restringere in recinti definiti la libertà della natura umana. Spesso anche le nostre menti e i nostri cuori sono pieni di confini. Un segno di debolezza e sottomissione a parametri contrari all'immaginazione e alla coscienza sapiente, la “sofia”, anche questa un soffio, spesso perduto. Il vento che soffia sui piani di Lesima ci invita, cortese, ad abbatterli per lasciar spazio a fantasia e a versatilità aristica. Questo l'humus che si respira nella casa di Serena e Maria Paola, una depéndance adagiata sulle vette dell'Oltrepo Pavese del loro studio di architettura posto invece in pianura laddove il Ticino compone uno dei più attraenti paesaggi naturalistici sciogliendosi in una valle dai lineamenti sinuosi e galanti. La discesa dai Piani di Lesima verso Torre d'Isola non fu diretta. Ci dovemmo fermare a recuperare una serie di documentazione d'archivio presso la mia edicola in via Roma a San Martino, dove conservo una raccolta di riviste e quotidiani d'epoca, alcuni abbastanza antichi. Ricordi di generazioni e storie passate, carta e inchiostro, sinonimi di vite reali, accadute tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, e poi più su fino ai giorni nostri. Bisognava progettare una porta da consegnare - pensate un po’ - ad una grande musicista pavese, Floraleda Belli, violoncellista solista presso l'ochestra stabile del Teatro Còlon di Buenos Aires. La porta del suo camerino. Dall'ingegno di Maria Paola e Serena scaturì un manufatto di gran pregio. Una porta gialla con impressi in diagonale alcuni articoli e titoli di prima pagina tra i più significativi della storia del mondo e di quella locale. In questa composizione non potevano mancare certi memorabili numeri della Provincia Pavese. Il giallo e l'obliquo furono il filone ideale che accomuno' questa realizzazione. Giallo oro come le messi bionde del grano maturo, delle spighe di riso pronte ad essere raccolte, della paglia addormentata sui campi, del sole a mezzogiorno che spacca i sui raggi sui tetti, le teste, le strade le terre della bassa. Il giallo è l'oro, il giallo non ingiallisce. Il giallo è vita piena. Non ha caso e' il colore che simboleggia la misericordia di Dio. E l'obliquo è la cima dei pioppi accarezzati dal vento, il volteggiare noncurante in capriole fiabesche delle rondini sopra i nostri paesi, è il corso del Ticino mai lineare nella sua andatura verso il Po, è il cammino di ciascuno, è il ruotare della Terra intorno al suo asse , inclinato, obliquo...Il giallo e l'obliquo, elementi ideali di libertà ed energia spazio-temporale... L'idea piacque così tanto a Floraleda che ci invitò al primo concerto della stagione del Teatro Còlon, nel novembre successivo. Io, Maria Paola e Serena a Buenos Aires: una particella di pavesità calata in una delle più affascinanti e cosmopolite città del Sud America. Floraleda ci dedicò il pezzo più pregiato della musica per violoncello solo: il preludio della suite numero 1 in sol maggiore di Johan Sebastian Bach. Alla fine del concerto vedemmo, con soddisfazione, la nostra porta campeggiare dal suo camerino. Un concentrato di libertà vera: il vento dei piani di Lesima: senza confini. Via Roma a San Martino, la spina dorsale di questo paese: passaggi e miraggi di storia e società tra il capoluogo lombardo e l'approdo del porto di Genova e da lì per chissà dove attraverso l'autostrada del mare: senza confini. La valle del Ticino a Torre d'Isola: senza confini. Buones Aires e la Musica: senza confini... Anche Nietzche lo ricorda: “senza musica la vita sarebbe un errore”. Senza confini.

Emanuele Chiodini
L’autore del racconto è edicolante, in via Roma, a San Martino Siccomario.

20 luglio 2011

La rossa primavera dei fratelli Severini

In epoca di dischi a perdere & Mediaset-style è ancora possibile scrivere senza imbarazzi di ascolti necessari? Di cd (sacro)santi e benedetti, la cui fruizione riconcilia con la canzone sociale che fu, e - perchè no? - un poco anche con la vita? Al cospetto di questo corposo, impeccabile, struggente, politico (nel senso più pieno del termine) La rossa primavera (Latlantide, 2011) dei Gang, la risposta non può che essere affermativa, e senza tema di smentita. Con il conforto che ne deriva a chi ha davvero a cuore il destino della ballata di impegno e peso specifico, senza passare dalle circonlocuzioni simil-liceali dell’hip hop.
"La rossa primavera" è un album coraggioso (da quand’era che in un cd non mi imbattevo nella parola “fascista”?), propedeutico, a tesi, come quelli che andavano una volta.
Quindici tracce legate strette al filo rosso della Resistenza. Un itinerario sonoro che attraversa d’un fiato canzoni partigiane e d’autore. A rivendicare, ora e sempre, la voglia di resistere, stazionare dalla parte giusta: quella della fratellanza tra i popoli, della loro libertà.
Per gli amanti delle ballate di contenuto la scaletta è, a dir poco, succulenta: rivisita in strepitosa forma Gang canti “storici” della Liberazione ("Fischia il vento", "La brigata Garibaldi", "Pietà l’è morta", "Festa d’Aprile"), brani di Claudio Lolli, come cantante, ("Poco di buono"), De Gregori & De Andrè ("Le storie di ieri"), Francesco Guccini ("Su in collina"), Massimo Priviero ("Pane, Giustizia e Libertà"), Stormy Six ("Dante di Nanni"), Yo Yo Mundi ("Tredici"), e altri del repertorio militante dei fratelli Severini ("Eurialo e Niso", "Aprile", "Il 4 maggio 1944").

Progetto Pelibuey a El Poshte


Il progetto "Pelibuey" nasce per dare una possibilità di crescita
alle 13 famiglie dell'aldea de El Poshte in Guatemala.
Grazie ad Elisa, Lotte, Francesca, Giuseppina e Cesarina, Marisa, Giacomina,
Federica, Elisabetta, Ruggero e Giulia siamo riusciti a comperare e regalare una pecora ad ogni famiglia del villaggio aldea.



 .....per creare benessere è indispensabile essere solidali....
 


Spero che Cuba continui a considerarmi, ha detto Rigoberta Menchù

La guatemalteca Rigoberta Menchú, Premio Nobel della Pace, ha onorato con la sua presenza la XX Fiera Internazionale del Libro Cuba 2011, accettando l’invito dello spazio Encuentro, condotto dalla giornalista Magda Resik, nella sala Nicolás Guillén della Fortezza di San Carlos de la Cabaña.
Un numeroso pubblico, tra il quale s’incontravano Abel Prieto Jiménez, membro del Burò Politico e ministro di Cultura, la presidentessa dell’Istituto Cubano del Libro, Zuleica Romay, e Estuardo Meneses Coronado, ambasciatore del Guatemala in Cuba, ha ascoltato le parole della carismatica leader indigena, che tra l’altro ha parlato soprattutto del suo vincolo con la letteratura, e ha rivelato d’averlo sviluppato lavorando con lo scrittore e critico letterario guatemalteco, Premio Nazionale di Letteratura, Dante Liano.
In una calda conversazione con un pubblico che ha ascoltato con enorme interesse qusta personalità mondiale, la Menchú ha riferito il desiderio che l’ha spinta a partecipare a questa festa culturale ed il piacere che ha provato nello scrivere. "Non sono una grande scrittrice, ma racconto storie", ha puntualizzato.
Liano ha sottolineato che la famosa guatemalteca è erede della cultura orale maya ed ha il dono e la magia della parola.
Uno squisito lavoro di correzioni ha caratterizzato il lavoro dei due narratori, che hanno già realizzato insieme sei libri di racconti, dei quali uno, intitolato El legado secreto, sarà prossimamente presentato in Cuba.
Aneddoti personali, riferimenti alla sua storia di combattente per i diritti sociali della sua etnia e alla sua millenaria cultura, colma di valori e leggende, e alla quale appartiene, sono state al centro della conversazione, durante la quale ha detto che: “Qui si legge più che in qualsiasi altro paese del continente e si leggono i migliori pensieri che si producono nel continente e nel mondo”.
Ratificando il suo appoggio alla causa dei Cinque antiterroristi prigionieri nelle carceri dell’impero e il suo immenso affetto per Fidel, Rigoberta ha espresso il desiderio che “Cuba continui a considerarla”, ha detto, al termine del suo intervento.

Madeleine Sautié Rodríguez

(Traduzione Granma Int.)




19 luglio 2011

Alfio al casolare in rovina ritrova i tempi andati

«Ascoltare i luoghi, stare loro accanto, senza una volontà dissennata di impadronirsene…
Una grammatica fondata sulle stagioni, parole declinate alla fisicità del lavoro, duro, dei campi, sintassi della pianura…
Con questi pensieri Alfio andava spesso al Goredo per "interrogare" quel che restava del bel cascinale immerso nella pianura pavese ai confini con il Lodigiano.
Mandamento e parrocchia di Villanterio, l'azienda agricola era tuttavia molto più vicina alla frazione Ranera e quindi a Sant'Angelo Lodigiano.
E lui immaginava che la nonna Aneris, ultima di 14 figli, doveva recarsi spesso oltre quei filari di pioppi che delimitavano le due province per le parche provviste di quel primo difficile dopoguerra del '900.
Una tipica cascina lombarda il Goredo, con l'ala principale dove abitavano i proprietari, poi la stalla, il fienile, l'aia e sullo sfondo le umili casette degli "ubligà".
La vita contadina ora non esiste più, il luogo è stato abbandonato e il nuovo proprietario del fondo arriva ogni settimana dal Novarese per dare acqua alle risaie e così favorire il radicamento delle deboli piantine di riso.
Sui fusti di alcuni alberi sono ancora fissate le crocette delle "rogazioni", le funzioni serali estive promosse dallo zelante arciprete don Emilio per propiziare un raccolto sano e abbondante.
La casa padronale è stata preventivamente murata nei suoi accessi principali, i tetti sono pericolanti, gli intonaci scrostati.
Eppure - pensava - la facciata di una casa è come il volto di una persona.
Sorridente, triste, vistosamente intarsiato da grinze, solcato da rughe, screpolato.
Il tempo ha depositato sulla sua superficie il peso degli anni.
Dalla sagoma di gronda, da cui parte il tetto, alle modanature intorno alle finestre, all'intonaco, tutto si consuma e si fonde in un attimo bloccato nel tempo.
In fondo alla corte, amplissima, le casette dei contadini paiono ancora più piccine ed Alfio si ricorda della nonna quando frugando nel suo portacarte ne rinviene il ritratto con una breve didascalia sforbiciato da una pubblicazione del Museo Contadino della Bassa Pavese: "Aneris, donna feriale e verace, senza tempo, con le mani gentili solcate dalle ferite di umili faccende, viveva da stagioni immemorabili come sullo sfondo di quei muri sbeccati, chiazzati qua e là da lecerti d'intonaco".
La penna di un giornalista milanese aveva fissato così i contorni di quella figura di donna, dalla fede coriacea e dai tratti genuini.
Così ogni estate Alfio scappava dal suo confortevole nido metropolitano per venire nella bassa a spigolare emozioni e ricordi.
Qui non rimbombavano le ossa di ferro dei rutilanti tram milanesi e non si intossicava per il rombato sgassare delle quattro ruote motrici della suv-manìa, in corsa verso i set smaniosi di nottata.
Niente a che fare con lo spreco di sprint e miscele, di veicoli cromati in fiondanti lamiere: qui era la pace.
Anche quel mattino pedalando meditabondo tra spigoli e tagli d'aria Alfio aveva varcato il cavo Marocco per spingersi fino al Goredo e faceva come rivivere nella sua fantasia quegli scampoli di vita contadina impressi nella sua mente negli anni dell'infanzia.
Quando, in cucina, la nonna apriva la generosa sporta sul gramo tavolaccio familiare ed era come se i colori ed i sapori stessi delle rive vi si versassero con tutte le loro striature e screziature.
Poi al primo brontolìo della minestra, il vapore scappava a sbuffi per la cappa del camino e diffondeva il suo aroma amarognolo.
Ed era come sedersi di nuovo a tavola e risentire le sue parole rassicuranti e invitanti "sa vòt a stà servì…!"».

Edoardo Peviani
L’autore è sacerdote dal 1987 e vicario parrocchiale di Villanterio-Gerenzago dal 2009.
la provincia pavese, 19 luglio 2011

12 luglio 2011

Hogar Fundaniñas Mazatenango: documentazione relativa al primo semestre

Con la presente mi permetto di inviarvi la seguente documentazione relativa al primo semestre dell’anno 2011 relativo alle spese sostenute presso l’Hogar Santa Maria de Jesus all’interno del progetto denominato “Associazione Siervo de Dios Moises Lira Serafin” finanziato dalla vostra associazione Ains Onlus (Associazione Italiana Nursing Sociale).

Con il vostro finanziamento abbiamo potuto migliorare:
Nutrizione. Durante questo primo semestre si è potuta rafforzare l’alimentazione bilanciandola e includendo verdure, frutta, formaggio, latte, carne, pollo, pesce, farina, olio, grassi, legumi, pane e cereali. Grazie ai vostri finanziamenti si è potuto garantire un’alimentazione più verigata affinché le bambine possano cibarsi di ogni elemento nutrizionale. L’alimentazione, data la loro età, è molto importante per il loro sviluppo fisico e psichico. Con il vostro apporto economico si è potuto comperare anche il latte.
Educazione. Con il vostro contributo si è potuta affrontare e sostenere la speza per 6 mesi di collegiatura a 5 ragazze che studiano nel ciclo basico e diversificato. Inizialmente si era pensato al finanziamento solo per 4 mesi però mancavano altri fondi per coprire altri due mesi in quanto il gruppo di sostenitori degli Stati Uniti ha deciso di finanziare solamente 6 mesi e non otto. Grazie al vostro contributo il gruppo degli Stati Uniti ha potuto anche finanziare e rafforzare il mantenimento della struttura e del bus.
Terapia. Si sono realizzati esami di laboratorio a 5 bambine i cui padri sono morti per aver contratto l’HIV. Il risultato dei test è stato negativo. Con il vostro aiuto si è potuto finanziare un progetto di aiuto psicologico per ogni bambina ospite dell’Hogar. Attualmente la psicologa ha realizzato un programma personalizzato. Tale terapia continua seguendo soprattutto, tra le bimbe, colore che presentano maggiori problemi e necessità vista la loro provenienza e storia familiare. Con la terapia psicologica è migliorato il comportamento delle bambine.
Materiale per l’igiene personale e dell’Hogar. La pulizia dentro l’Hogar è molto importante anche perché la zona dove sorge l’Hogar è in aperta campagna, con molti alberi e numerosi animali. Con il vostro finanziamento abbiamo potuto acquistare diverso materiale per le pulizie: sapone, cloro, detergenti, detersivi per lavare i vestiti e i pavimenti, detersivo per lavare le posate, i piatti, le pentole e gli elettrodomestici (cucina e frigorifero) oltre al necessario per tenere puliti i bagni. Avendo la possibilità di pulire adeguatamente l’Hogar, si è potuto prevenire alle bambine alcune infermità legate alla mancanza di igiene.
Mantenimento dell’Hogar. Non c’è un finanziamento per il mantenimento dell’Hogar. Si è potuto pagare un idraulico per l’assistenza dei due pozzi dell’acqua in quanto si sono presentate due perdite. Questa assistenza ha permesso di risparmiare acqua e risparmiare l’elettricità per il funzionamento dei due pozzi. Con queste due manutenzioni il livello di acqua nella cisterna si è mantenuto al suo livello originario con un notevole risparmio. Altro appoggio economico ha riguardato l’acquisto di 35 paia di scarpe ad uso scolastico per ciascuna bambina, acquisto che ha causato loro grande felicità visto che non tutte disponevano di calzature in buono stato.

Il presupposto totale annuale ammonta a Q. 50,100.00 (Quetzales, moneta del Guatemala) dei quali, al 30 giugno 2011 sono stati depositati Q. 26080, il 52,06% del progetto corrispondente ai mesi da gennaio a giugno. Mancano finanziamenti per Q 24,020, circa il 47,94% del totale del progetto corrispondente al secondo semestre.
Ringraziamo per l’appoggio all’Hogar Santa Maria de Jesus.


H.Ma. Del Refugio Carreòn Lara

directora



Oggetto: Hogar Fundaniñas Mazatenango



Da: Anita Laura gomez manuel anamanuel27@hotmail.com

Oggetto: Hogar Fundaniñas Mazatenango

A: "Ruggero Italia" , "Emanuele Italiano" emanuele.chiodini@email.it

Data: Venerdì 8 luglio 2011, 18:22


Ciao Ruggero ed Emanuele,

è sempre un piacere salutarvi da questa terra guatemalteca e dall’Hogar delle bambine. Scusate se non vi ho scritto prima ma sono dovuta ritornare in Messico per un mese per impegni interni alla Congregazione; ora però sono nuovamente a Mazatenango all'Hogar.

La comunità delle suore di Mazate vi ringrazia infinitamente per l’aiuto economico che fate pervenire a ciascuna bambina.

Grazie per averci acquistato le scarpe, le abbiamo ricevute la settimana scorsa.

Ora vi racconto alcune novità che sono accadute all’interno dell'Hogar nelle scorse settimane.

La prima:

Malena ha deciso di ritirarsi dall’Hogar perché non è più disposta a rispettare le regole della Casa. Ultimamente non si relazionava più con tre suore ma comunicava solamente con madre Cuca, la direttrice dell’Hogar.

Malena è andata a vivere con Perla in una casa in affitto pagata dai loro padrini degli Stati Uniti.

Tuttavia a Malena, ancora per quest’anno, sono state pagate le tasse scolastiche.

Lei stessa, con cio', ci ha comunicato che ha già provveduto ad accantonare la somma necessaria per il pagamento delle tasse scolastiche per l'anno successivo in modo tale da poter concludere il proprio ciclo di studi in regolarità.

Manuela ha chiesto il permesso di uscire dall’Hogar durante il mese di giugno per tornare a casa, perché aveva avuto alcuni problemi con due giovani ragazze delle Casa.

Al termine della sua permanenza a casa ha deciso di rimanere con la sua famiglia.

Era molto felice e molto grata all’Hogar per ciò che ha ricevuto negli otto anni in cui è stata ospitata e per le persone che come voi che appoggiano progetti di solidarietà così importanti.

Esmeralda nel mese di giugno è stata ricevuta in udienza dal giudice il quale ha disposto l'affidamento ad uno zio che si occuperà di lei. Karla Maribel, una bambina di 3 anni, è stata ricevuta in udienza dal giudice la settimana scorsa ed è stata integrata nella sua famiglia. Questa la decisione giudiziale. Karla era all’hogar per problemi di denutrizione. Dopo un anno trascorso insieme a noi, essendo migliorata moltissimo la sua situazione psico-fisica, il giudice ha ordinato il reinserimento della bambina nella sua famiglia d'origine.

Questa sopradescritta è la situazione aggiornata dell’Hogar.

Ad oggi le bambine ospiti sono 27 le quali sempre ringraziano per il vostro appoggio e la vostra amicizia e sempre vi ricordano.
È un piacere salutarvi e... speriamo di vederci prestissimo!!!
Che Dio vi benedica.
Carissimi saluti a tutto il gruppo di Ains Onlus!!!

Hasta pronto!!!

H.na Ana Laura



Hola Rougero y Enmanuele,
es un gusto saludarte desde estas tierras guatemaltecas y desde el Hogar de niñas. Disculpa que no había escrito pero tuve que salir a México por 1 mes, pero ya estoy nuevamente a la orden. Agradecemos infinitamente la ayuda que nos proporcionan para cada una de las niñas; gracias por los zapatos que nos enviaron, anexo al presente las fotografías, los recibimos la semana pasada. Con algunas novedades dentro del Hogar que seguramente ya sabes, pues las jóvenes grandes se comunican con ustedes; Malena decidió retirarse del Hogar, debido a que no quiso seguir aquí porque no estaba dispuesta a cumplir con el reglamento del Hogar y decidió salirse, de hecho, estando aquí no nos hablaba a 3 de las madres, solamente se dirigía con la directora. Se fue a vivir con Perla, ya que los padrinos de Estados Unidos les están pagando la renta de una casa aquí en Mazatenango; a Malena ya se le pagaron las colegiaturas de su colegio por el resto del año y el pago de traje para prácticas del próximo año escolar. Manuela pidió permiso para irse durante el mes de junio a su casa, por algunos problemas que tuvo con 2 de las jóvenes, pero después del mes decidió quedarse de una vez con su familia, adelantar salida, pues ella se iba a retirar del hogar en el mes de octubre, se fue muy contenta y muy agradecida por todo lo que el Hogar le dio en estos 8 años que estuvo aquí, gracias al apoyo de personas como ustedes que colaboran en esta hermosa obra. Esmeralda tuvo audiencia en el mes de junio y fue entregada con unos tíos que cuidarán de ella. Karla Maribel, la niña de 3 años, tuvo audiencia la semana pasada y también fue entregada a sus familiares, ya que ella se encontraba aquí por el problema de su desnutrición; después de haber pasado 1 año con nosotras, ya se recuperó bastante y la juez ordenó su reinserción con su familia que la quería tener con ella. Así es que a la fecha el total de niñas es de 27, quienes agradecen su apoyo y su amistad.
Un gusto saludarte Rougero y Enmanuele y esperamos pronto vernos por aquí y Dios los bendiga. Saludos a todo el equipo.

H. Ana Laura

Un Cammino Lungo un Giorno



El Poshte è un piccolo villaggio sulle montagne del Guatemala.
Non è molto lontano dalle città, ma l’unico modo per raggiungerlo è un lungo e impervio sentiero, perciò raramente ci si sposta dal villaggio.
La maggior parte degli abitanti sono bambini.
Il documentario ne racconta una giornata.

Volevo raccontare una storia di bambini dall’altra parte del mondo per i bambini “nostri”. Per questo ho scelto una comunicazione elementare, che non significa povera, lasciando alle inquadrature lunghe il compito di aprire quel mondo senza interpretare e senza guidare troppo la narrazione. Ho voluto anche fare interviste, ma sempre ad “altezza bimbo”, cioè seguendo i piccoli, senza forzature, nei loro rapidi e naturali ragionamenti.”
Filippo Ticozzi, regista
Festival ai quali ha partecipato:
·Priverno Film Festival-Menzione Speciale della Giuria

Per la poesia, la verità e la semplicità delle immagini. Per essere fuori dagli schemi commerciali e perchè si respira una boccata di aria pulita.”
·Valsusa Film Festival
·Lago Film Festival
·Festival delle Identità
·Sguardi Puri
·L’Altro Corto, Collecchio Video Film Festival
·Festival del cinema invisibile di Lecce




Per richiederne una copia contattare:

associazione ains onlus – cell. 339 2546932

email: associazioneains@yahoo.it

10 luglio 2011

Giovani studenti di Buerto Barrios



La nostra associazione da quest’anno sostiene tre studenti originari di un'aldea a Buerto Barrios e ospitati a El Rancho grazie alla disponibilità del nostro amico Alvaro Aguilar Aldana.

Il sostegno è fondamentalmente alimentare in quanto dell’ospitalità e delle spese scolastiche se ne fa carico personalmente Alvaro. Se i tre ragazzi fossero rimasti a Buerto barrios, nella loro famiglia, non avrebbero potuto studiare per cui i genitori hanno chiesto un aiuto ad Alvaro.

In questi anni le spese per il loro mantenimento sono aumentate per cui Alvaro ci ha chiesto aiuto che noi abbiamo subito accettato contribuendo, appunto, alle spese alimentari.

I tre ragazzi si chiamano: FREDY (frequenta il TERCERO BASICO), GIOVANNI (4o. PERITO CONTADOR) e RENE (4o. BACHILLERATO).

5 luglio 2011

CORPO CELESTE

'Corpo Celeste' non è solo il titolo del film di Alice Rorhwacher da poco nelle sale cinematografiche italiane.
E' un corpo in carne e ossa. Di una ragazzina, Marta, che incarna nel suo essere e agli albori di divenire donna a tutto campo, la fragilità e la contraddizione del labirinto, spesso ostile, del mondo intorno a se' e dentro di se'.
Incomprensioni di una Calabria dominata dai palazzoni di Reggio, dove ritorna, catapultata da una delle vergogne più grandi di questo tempo: il lavoro precario (della madre, sola per giunta), segno del più grande ed esteso ritorno, in grande stile, di un fuedalesimo padronale e borghese.
Segno di contraddizione che dovrebbe incitare alla ribellione e alla lotta. Degli sfruttati di oggi, nipoti o pronipoti degli sfruttati di ieri. Ieri le braccia, oggi le teste.
I palazzoni di Reggio (che andrebbero abbattuti con la dinamite e perseguiti senza pietà i malfattori pubblici e privati che hanno consentito, nei decenni, questi scempi) e le montagne, le rocce, la natura selvaggia e il mare mediterraneo che s'infrange ancora
con la sua forza, dolce e superba, sugli scogli, imperturbabili nella loro atavica autorità.
La Natura è in debito: presto si riprenderà a suon di ceffoni tutto il male che le è stato inflitto.
Il cemento armato delle 'ndrine del Sud quanto del Nord Italia non avra' la meglio.
Il Corpo di Marta è tutt'altro che celeste. E' carne viva.
Nel pieno massimo della curiosità biologica e dell'espansione ormonale di cui è fucina il corpo femminile a quella età. Bellezza somma dell'energia vitale. Ed è corpo che pensa e che non accetta un ordine sciocco e degradato: urbano, politico, civico, patriarcale, parrocchiale.
E' un corpo che pensa in mezzo a tanti esecutori idioti.
E' un corpo, una testa che legge e vuole passare in mezzo alle contraddizioni e per questo motivo non accettato dall'ambiente circostante sclerotizzato e fossilizzato. E visibilmente infastidito.
Non è celeste nemmeno la Casa che dovrebbe contenere le particelle, più preziose, raffinate e reali di questo Cielo.

E nemmeno i suoi abitanti, ridotti a coprotagonisti acefali di una farsa di quart'ordine.

La Chiesa? Dove va la Chiesa?
Ridotta, e scolorata nella sua carne viva, a ufficio di piccoli traffici in cui si perseguono interessi di parte e di corto respiro; dove la fede viene venduta come un prodotto di marketing; dove chi ha responsabilità formative non sa nulla del messaggio, vero e profondo, dell'Evangelo e si accontenta di formulette prive di senso; dove non si ragiona nella libertà ma si deve rendere una falsa obbedienza a istituti superati dal tempo ancorati a un passato remoto, oggi improponibile.
Non alla tradizione, ma a manie, a paranoie divenute ordine.
La Chiesa si salverà se tornerà ad essere davvero Sacramento Universale di Salvezza, aperta ad ogni donna e ad ogni uomo in ricerca, Serva del Bene e dell'Amore gratuito, non giudicante ma accogliente, Maestra della libertà nel libero linguaggio della corporeità di ciascuno. Se smetterà i panni del potere temporale oggi sintetizzati nei dogmi di una morale fuori dal tempo. Se smitizzera' la figura di Cristo e di sua Madre, se de-sacralizzera' un impianto di credenze e devozioni più contigue alla superstizione che ai concetti della fede stessa: giornate della Vita (?), miracoli, visioni , canonizzazioni da bancarella. Se abbandonerà parole d'ordine vuote e accettera' il confronto sereno con la scienza a-biologica e biologica.
Se smettera' di imporre e tornerà a proporre.
I valori non si impongono; si pro-pongono.
Se tornera' alle sue origini di povertà e sobrietà. Se tornara' a narrare la gioia unica di una Storia unica.
Cosi come ha fatto, a suo tempo, l'uomo di Galilea.
Così come si evince dalla visione di 'Corpo Celeste'. Non un film contro qualcosa o qualcuno.
Una storia che parla e fa pensare.
La storia del corpo di Marta e di un crocifisso-uomo finalmente libero di navigare in mare aperto. Senza i chiodi di nessun padrone.
Celeste il mare alto. Celeste il cielo degli occhi di Marta.

"Anima Christi santifica me/ Corpus Christi salva me/ Sanguis Christi inebria me/ Aqua lateris Christi lava me/
Passio Christi conforta me/ O bone Iesu exaudi me/ Intra vulnera tua absconde me/
Ne permettis a te me separari/ Ab hoste maligno defende me/ In hora mortis meae voca me/
Et iube me venire ad te/ ut cum sanctis tuis laudem te/ per infinita saecula saeculorum/
Amen/"

emanuele chiodini