
27 febbraio 2011
26 febbraio 2011
saluti da orizzonte guatemala

Cari amici,
vi porto i saluti di Mons. Ramazzini, che ho incontrato nei giorni scorsi in occasione del suo viaggio in Italia dal 18 al 25 febbraio.
E' venuto su invito della Diocesi di Milano, che ha organizzato un grande convegno sul tema "Amèrica Reaparecida" sabato 19 febbraio. Monsignor Ramazzini ha presentato la sua relazione sul tema "Una chiesa in stato di missione" parlando in particolare della chiesa del Guatemala e della situazione sociale del paese.
Lunedì mattina dopo una intervista con una giornalista di Avvenire, ha partecipato a un incontro all'università Bicocca di Milano, organizzato dalla Caritas per la campagna Zero Poverty, e a un gruppo di studenti ha presentato il suo paese, e le problematiche sociali economiche e politiche che si vivono in Guatemala oggi.
vi porto i saluti di Mons. Ramazzini, che ho incontrato nei giorni scorsi in occasione del suo viaggio in Italia dal 18 al 25 febbraio.
E' venuto su invito della Diocesi di Milano, che ha organizzato un grande convegno sul tema "Amèrica Reaparecida" sabato 19 febbraio. Monsignor Ramazzini ha presentato la sua relazione sul tema "Una chiesa in stato di missione" parlando in particolare della chiesa del Guatemala e della situazione sociale del paese.
Lunedì mattina dopo una intervista con una giornalista di Avvenire, ha partecipato a un incontro all'università Bicocca di Milano, organizzato dalla Caritas per la campagna Zero Poverty, e a un gruppo di studenti ha presentato il suo paese, e le problematiche sociali economiche e politiche che si vivono in Guatemala oggi.
Poi siamo andati a Torino, dove ha avuto un incontro con il Sindaco Chiamparino e alla sera un incontro organizzato dal Comitato di solidarietà con il Guatemala, erano presenti oltre 150 persone, una serata veramente molto bella, interessante, con un giornalista che dialogava con Ramazzini. 
Il giorno successivo era previsto un incontro con alcuni professori della facoltà di Scienze Politiche dell'università di Torino, che hanno "interrogato" a lungo il nostro amico vescovo, per capire la situazione del suo Paese. Al pomeriggio ha incontrato il vescovo di Torino e alla sera la cena di saluto e un ultimo incontro con gli amici.
Mercoledì siamo andati a Colognola ai Colli, in provincia di Verona, dove il parroco e la parrocchia hanno invitato Monsenor per una serata in amicizia, una cena e un incontro informale tra amici che da anni conoscono il Guatemala e sostengono alcuni progetti.
Monsenor è ripartito per il Guatemala ieri mattina, era molto contento per l'accoglienza ricevuta e per l'occasione di stare un po' insieme con tanti amici.
Ha detto di salutare e ringraziare tutti gli amici che ha incontrato in questa sua settimana italiana (milanesi, torinesi, bresciani e veronesi) e anche di salutare coloro che gli hanno mandato saluti, pur non avendo avuto la possibilità di incontrarlo in questa occasione.
Anche da parte mia, ovviamente, il ringraziamento a Piero, Maria Rosa e ai Torinesi, e a Aldo e Rosanna, don Luigi, Sandro e Rosa e a tutti i veronesi per l'ospitalità e la possibilità di condividere dei momenti belli e significativi con loro e con Monsignor Ramazzini.
Nei prossimi giorni metterò nel Blog Orizzonte Guatemala qualche domanda e risposta di Ramazzini sulla situazione del Guatemala.
Buona domenica a tutti!

Il giorno successivo era previsto un incontro con alcuni professori della facoltà di Scienze Politiche dell'università di Torino, che hanno "interrogato" a lungo il nostro amico vescovo, per capire la situazione del suo Paese. Al pomeriggio ha incontrato il vescovo di Torino e alla sera la cena di saluto e un ultimo incontro con gli amici.
Mercoledì siamo andati a Colognola ai Colli, in provincia di Verona, dove il parroco e la parrocchia hanno invitato Monsenor per una serata in amicizia, una cena e un incontro informale tra amici che da anni conoscono il Guatemala e sostengono alcuni progetti.
Monsenor è ripartito per il Guatemala ieri mattina, era molto contento per l'accoglienza ricevuta e per l'occasione di stare un po' insieme con tanti amici.
Ha detto di salutare e ringraziare tutti gli amici che ha incontrato in questa sua settimana italiana (milanesi, torinesi, bresciani e veronesi) e anche di salutare coloro che gli hanno mandato saluti, pur non avendo avuto la possibilità di incontrarlo in questa occasione.
Anche da parte mia, ovviamente, il ringraziamento a Piero, Maria Rosa e ai Torinesi, e a Aldo e Rosanna, don Luigi, Sandro e Rosa e a tutti i veronesi per l'ospitalità e la possibilità di condividere dei momenti belli e significativi con loro e con Monsignor Ramazzini.
Nei prossimi giorni metterò nel Blog Orizzonte Guatemala qualche domanda e risposta di Ramazzini sulla situazione del Guatemala.
Buona domenica a tutti!
Daniela Sangalli
blog orizzonte guatemala
23 febbraio 2011
"Il diritto al delirio" di Edoardo Galeano

Le Nazioni Unite proclamarono le grandi liste dei diritti umani tuttavia la stragrande maggioranza dell’umanità, non ha altro che il diritto di vedere, udire e tacere.
Che direste se cominciassimo a praticare il mai proclamato diritto di sognare?
Che direste se delirassimo per un istante?
Alla fine del millennio puntiamo lo sguardo oltre l’infamia, per indovinare un altro mondo possibile.
L’aria sarà pulita da tutto il veleno che non venga dalla paure umane e dalle umane passioni.
La gente non sarà guidata dalla automobile, non sarà programmata dai calcolatori, ne sarà comprata dal supermercato, ne osservata dalla televisione.
La televisione cesserà d’essere il membro più importante della famiglia.
La gente lavorerà per vivere, invece di vivere per lavorare.
Ai codici penali si aggiungerà il delitto di stupidità che commettono coloro che vivono per avere e guadagnare, invece di vivere unicamente per vivere, come il passero che canta senza saper di cantare e come il b

In nessun paese verranno arrestati i ragazzi che rifiutano di compiere il servizio militare, solo quelli che vorranno compierlo.
Gli economisti non paragoneranno il livello di vita a quello di consumo, ne paragoneranno la qualità della vita alla quantità delle cose.
I cuochi non crederanno che alle aragoste piaccia essere cucinate vive.
Gli storici non crederanno che ai paesi piaccia essere invasi.
Il mondo non sarà più in guerra contro i poveri, ma contro la povertà e l’industria militare sarà costretta a dichiararsi in fallimento.
Il cibo non sarà una mercanzia, ne sarà la comunicazione un’affare,
perchè cibo e comunicazione sono diritti umani.
Nessuno morirà di fame, perchè nessuno morirà d’indigestione.

I bambini di strada non saranno trattati come spazzatura perchè non ci saranno bambini di strada
I bambini ricchi non saranno trattati come fossero denaro perchè non ci saranno bambini ricchi.
L’educazione non sarà il privilegio di chi può pagarla e la polizia non sarà la maledizione di chi non può comprarla.
La giustizia e la libertà, gemelli siamesi condannati alla separazione, torneranno a congiungersi, ben aderenti, schiena contro schiena.
In Argentina, le pazze di Plaza de Mayo saranno un esempio di salute mentale poichè rifiutarono di dimenticare nei tempi dell’amnesia obbligatoria.
La perfezione…la perfezione continuerà ad essere il noioso privilegio degli dei.
Pero' in questo mondo…in questo mondo semplice e fottuto, ogni notte sarà vissuta come se fosse l’ultima e ogni giorno come se fosse il primo.
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=External&id=13760
20 febbraio 2011
Corso di ricamo: 27 fotografie per raccontare un progetto

Frisone, Ipasvi: “Soddisfatti per la risposta degli infermieri”
Tante richieste per il progetto di interscambio culturale e professionale alla pari tra operatori sanitari
Sta riscontrando interesse il progetto “Interscambio culturale e professionale alla pari tra operatori sanitari”, che si pone l’obiettivo di dare un’opportunità a quattro infermieri in servizio nella provincia di Pavia di conseguire un’esperienza culturale e professionale analoga insieme a colleghi locali residenti in un paese straniero in cui opera un’associazione di volontariato o un’istituzione pavese legata al mondo della solidarietà. I soggetti principalmente interessati a questo progetto sono il Collegio Infermieri della Provincia di Pavia, il CSV Pavia (Centro Servizi del Volontariato) Ains onlus, associazione operante in Centro America (Guatemala), Associazione Italia-Uganda operante in Africa (Uganda), Comitato Pavia Asti Senegal onlus operante in Africa (Senegal), Canossiane Pavia operante in Africa (Uganda e Togo) e in India, FILDIS (Associazione delle donne laureate a Pavia) operante in Africa (Kenia).
La soddisfazione nelle
parole del presidente del Collegio Ipasvi Enrico Frisone.
Un’esperienza all’estero, in un Paese in via di sviluppo. Una scommessa, ma la state vincendo…
“Decisamente siamo soddisfatti della risposta avuta, sono pervenute al Collegio Ipasvi già dieci domande di colleghi, che intendono approfondire la loro esperienza in altri Paesi, dove c’è da sperimentare la professione infermieristica in ambiti particolari. La collaborazione con le associazioni ha portato i suoi frutti, ma soprattutto ha dato finalmente modo agli infermieri che avevano voglia di fare qualcosa in più di poter concretizzare la loro aspirazione”.
È bello però sottolineare che non si tratterà solo di dare, ma anche di ricevere qualcosa per la professione…
“Questa è l’innovazione vera. È un interscambio culturale dove si va anche a imparare un modo più vicino alla persona di fare assistenza. A volte si esporta tecnologia pensando che sia onnipotente, invece è importante recuperare quella semplicità nella quotidianità del rapporto paziente-malato che da noi a volte si perde”.
Pavia vanta associazioni infermieristiche impegnate sul fronte del sociale. Un orgoglio anche per lei?
“E’ vero. Basti pensare che noi a Pavia siamo stati tra le prime province ad attivare i gruppi professionali orientati al sociale. Ains nasce a Pavia, come Aislec e Anin. Con una punta di orgoglio posso dire che noi pavesi oltre all’aspetto tecnico della professione, curiamo anche l’aspetto più sociale della professione”.
Daniela Scherrer, il ticino-venerdì 18 febbraio 2011

La soddisfazione nelle

Un’esperienza all’estero, in un Paese in via di sviluppo. Una scommessa, ma la state vincendo…
“Decisamente siamo soddisfatti della risposta avuta, sono pervenute al Collegio Ipasvi già dieci domande di colleghi, che intendono approfondire la loro esperienza in altri Paesi, dove c’è da sperimentare la professione infermieristica in ambiti particolari. La collaborazione con le associazioni ha portato i suoi frutti, ma soprattutto ha dato finalmente modo agli infermieri che avevano voglia di fare qualcosa in più di poter concretizzare la loro aspirazione”.
È bello però sottolineare che non si tratterà solo di dare, ma anche di ricevere qualcosa per la professione…
“Questa è l’innovazione vera. È un interscambio culturale dove si va anche a imparare un modo più vicino alla persona di fare assistenza. A volte si esporta tecnologia pensando che sia onnipotente, invece è importante recuperare quella semplicità nella quotidianità del rapporto paziente-malato che da noi a volte si perde”.
Pavia vanta associazioni infermieristiche impegnate sul fronte del sociale. Un orgoglio anche per lei?
“E’ vero. Basti pensare che noi a Pavia siamo stati tra le prime province ad attivare i gruppi professionali orientati al sociale. Ains nasce a Pavia, come Aislec e Anin. Con una punta di orgoglio posso dire che noi pavesi oltre all’aspetto tecnico della professione, curiamo anche l’aspetto più sociale della professione”.
Daniela Scherrer, il ticino-venerdì 18 febbraio 2011
Alvaro Ramazzini: «La mia America desaparecida»
Monsignor Ramazzini, il suo intervento al Convegno di Milano «América Reaparecida. Suggestioni per l’Europa» si intitolerà «Una Chiesa in stato di missione». Quali sono le priorità fondamentali di questa missioneSicuramente una priorità della Chiesa latinoamericana riguarda l’evangelizzazione, pur essendo l’America Latina il continente con il maggior numero di cattolici. Mi sembran
o significative e attuali le parole dei vescovi riuniti nella V Conferenza di Aparecida, nel 2007, quando presentarono il valore e la portata della missione continentale: «Questa decisione missionaria deve impregnare tutte le strutture ecclesiali e tutti i piani pastorali di diocesi, parrocchie, comunità religiose, movimenti e di qualunque istituzione della Chiesa. Nessuna comunità deve esonerarsi dall’entrare decisamente, con tutte le sue forze, nei processi costanti di rinnovamento missionario, e dall’abbandonare le strutture precarie che non favoriscono la trasmissione della fede. Siamo chiamati ad assumere un atteggiamento di permanente conversione pastorale che implica ascoltare con attenzione e discernere “quello che lo Spirito sta dicendo alle Chiese” (Ap 2,29), attraverso i segni dei tempi nei quali Dio si manifesta».
ormi in un potente centro di irradiazione della vita in Cristo. Speriamo in una nuova Pentecoste che ci liberi dalla fatica, dalla delusione, una venuta dello Spirito che rinnovi la nostra allegria e speranza». Aparecida ha segnalato l'esistenza di molti «battezzati non evangelizzati», presentando il rischio concreto di una evangelizzazione ritualistica e della persistenza di linguaggi poco significativi per la cultura attuale e in particolare per i giovani. Sembra che si sia smarrito l’ardore dell’evangelizzazione, che si stenti a trovare nuovi metodi ed espressioni.

Vista dall’Europa, e dunque con molte semplificazioni, la Chiesa latinoamericana rispetto a 30 anni fa sembra nel suo complesso avere un po’ smarrito la profezia, lo slancio ideale. È d’accordo?
Anche il documento di Aparecida rispecchia questa sensazione. In quell’occasione noi vescovi abbiamo sottolineato con forza alcuni mali che ci preoccupano come Chiesa. Abbiamo bisogno di «un forte coinvolgimento che impedisca di vivere nella comodità, nella stagnazione e nella tiepidezza, al margine della sofferenza dei poveri. Abbiamo bisogno che ogni comunità cristiana si trasf
In questo contesto, uno dei problemi che da anni preoccupa la Chiesa latinoamericana è la crescita di gruppi cristiani fondamentalisti. Qual è la situazione in Guatemala?
Assistiamo al proliferare di gruppi e sette religiose che hanno generato una forte dispersione e intaccato il senso di appartenenza religiosa. Ci preoccupa il fatto che sono gruppi con poco senso critico di fronte ad una realtà marcata da estrema povertà, ingiustizia istituzionalizzata, disuguaglianza sociale. Non c’è attenzione verso un'autentica liberazione integrale. L'immagine che questi gruppi alimentano è quella di una Chiesa vincolata al potere, di una «cristianità» legittimatrice dello status quo. E l’immagine di Dio molte volte non corrisponde al Dio rivelato da Gesù Cristo. Normalmente sono caratterizzati da un superato tradizionalismo e integralismo, da un marcato accento individualista e moralista, e da una tendenza verticista ed elitaria, qualcosa di molto lontano dalla visione ecclesiologica e spirituale sia del Vaticano II che dalla tradizione latinoamericana. Lei è presidente della Commissione per la mobilità umana della Conferenza episcopale guatemalteca. Nel suo Paese e in tutto il Centroamerica è molto forte il fenomeno dell’emigrazione, che porta un po’ di benessere grazie alle rimesse, ma provoca anche uno sradicamento delle persone e una separazione delle famiglie: quali sono le preoccupazioni e le azioni della Chiesa in questo ambito? 
Seguo da vicino la problematica delle migrazioni, essendo la mia diocesi situata al confine con il Messico, e quindi è un luogo di transito di migranti che intraprendono il viaggio, sempre più rischioso, verso gli Stati Uniti. Indipendentemente dai motivi che spingono i migranti a emigrare, queste persone vivono un dramma che colpisce per sempre la loro vita emotiva e affettiva. Le situazioni che causano traumi e sofferenze nella vita dei migranti sono: la separazione dalla famiglia, la perdita della loro lingua madre e delle radici culturali, il rifiuto all’interno della nuova cultura, la perdita dei legami affettivi con la natura, la madre terra. Situazioni di vera e propria xenofobia e abuso della
mano d’opera dei migranti approfondiscono questo trauma. La Chiesa è sempre in prima linea sia nella riflessione sul tema delle migrazioni (la prima domenica di settembre celebriamo la Giornata del migrante, e in occasione della Quaresima una Via Crucis del migrante), sia nell’aiuto concreto a queste persone e alle loro famiglie. A Tecun Uman, nella mia diocesi, abbiamo aperto una casa che assiste e accoglie i migranti, in collaborazione con i padri scalabriniani. Negli ultimi anni poi sta diventando sempre più grave il fenomeno delle espulsioni di cittadini guatemaltechi senza documenti dagli Usa, anche dopo vari anni di lavoro. I dati sono allarmanti. Nel 2004 un totale di 7.029 persone sono state rimpatriate, compresi 200 bambini. Nel 2008 la cifra aveva raggiunto le 25.051 unità. Nel 2010 sono stati quasi 30mila gli espulsi, cifra che costituisce il triste record degli ultimi anni. Sono convinto che la riflessione sulle migrazioni vada affrontata a livello internazionale, nel nostro caso, da anni chiediamo alle autorità statunitensi una riforma della legislazione migratoria, che nel rispetto della sicurezza e delle leggi nazionali, garantisca la dignità e il rispetto dei diritti umani dei migranti.

Un altro tema caldo è quello dello sfruttamento delle risorse naturali. In particolare, Lei ha preso posizioni molto coraggiose nel suo Paese rispetto all’industria estrattiva, subendo anche minacce: che cosa risponde a chi dice che un vescovo non dovrebbe occuparsi di questi temi? Sono stati fatti passi avanti nel rispetto dei diritti delle popolazioni e dell’ambiente?
Su questo tema mi sono impegnato in prima persona, con la diocesi di San Marcos, perché nel nostro territorio da alcuni anni è presente la Miniera Marlin, della Montana Exploradora de Guatemala, filiale centroamericana della potente multinazionale canadese Gold Corp. Quando un vescovo si occupa di questi temi, che danno fastidio a livello economico, viene spesso accusato di fare politica. Ma io faccio politica nel senso di cercare qu
el bene comune e quella realizzazione personale di cui parla la dottrina sociale della Chiesa. Ma una persona non può realizzarsi se è denutrita, non ha accesso all’educazione o a un lavoro degno. In questo paese, ciò non si realizza, ed è mio dovere dirlo. È il bene comune che mi sta a cuore, e se per quello mi danno del politico hanno ragione, sono un politico. Sono convinto che non ci può essere evangelizzazione autentica se non si include una promozione integrale dell’essere umano, e la liberazione integrale dello stesso. In ogni occasione, riaffermo la mia scelta preferenziale per i poveri e gli esclusi.Riguardo al tema delle miniere, la mia posizione, e quella della Conferenza episcopale, è stata di quella di sostenere che questo tipo di industria non risolve il problema della povertà in Guatemala e che lo sfruttamento minerario non è l’alternativa per uno sviluppo integrale sostenibile e rispettoso dell’ambiente. È necessario utilizzare le risorse del sottosuolo con criteri molto precisi, per esempio il minor danno possibile all’ambiente e la popolazione. Dunque, bisogna evitare di utilizzare il cianuro nelle miniere di oro e argento; c’è poi il tema dell’acqua: in una regione dove c’è scarsità d’acqua non si può fare un’attività di questo tipo perché si consumano decine di migliaia di litri d’acqua necessari per la popolazione.

Oltretutto si tratta di un fenomeno che non porta benefici alla popolazione locale.
Infatti. Oggi i benefici economici vanno alle multinazionali: arrivano, prendono l’oro, si arricchiscono, arricchiscono gli azionisti, e il Paese rimane povero come prima. Allora io mi chiedo: che senso ha appoggiare un tipo di iniziative di questa natura? A cosa ci serve avere oro e argento se non abbiamo acqua? A cosa ci serve avere oro e argento se le falde acquifere si prosciugano? A cosa ci serve avere oro e argento se la gente continua a essere povera perché i benefici di questa attività non le arrivano? A cosa ci serve avere oro e argento se il cianuro può avvelenare la vita della fauna, della flora, e perfino delle persone che vivono vicino? Ma la società civile si sta muovendo, le comunità indigene hanno realizzato consultazioni popolari nelle quali hanno rifiutato le attività minerarie a cielo aperto. Sono già 49 i municipi nei quali si sono svolte consultazioni popolari, con una partecipazione di oltre 700mila persone. Un aspetto positivo, secondo me, è proprio quello che le comunità indigene sono stanche delle condizioni di esclusione e cercano il loro sviluppo in armonia con la madre terra. La diocesi di San Marcos accompagna le popolazioni con la Commissione pastorale ecologia e pace (Copae), incaricata di offrire assistenza alle comunità che stanno resistendo ai mega progetti di sfruttamento minerario metallico o di centrali idroelettriche.
Stefano Femminis
Popoli-17 febbraio 2011
http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Alvaro_Ramazzini_%c2%abLa_mia_America_desaparecida%c2%bb.aspx
Ha collaborato Daniela Sangallicuratrice del blog http://orizzonte-guatemala.blogspot.com/
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