«Fame: al Guatemala giustizia, non elemosina»

di Alvaro Ramazzini, Vescovo di San Marcos

Il vescovo di San Marcos sulla crisi alimentare nel Paese: «Finché in Guatemala non ci sarà una profonda riforma agraria, il fantasma della fame continuerà a mietere vittime»

inspiegabile che negli ultimi giorni l’opinione pubblica (mondiale, ndr) sia stata fomentata facendo leva su un problema che in Guatemala è cronico. È vero che la siccità ha colpito i raccolti, ma la fame reale è la compagna fedele e inseparabile di migliaia di guatemaltechi e soprattutto del 49 per cento dei bambini tra 1 e 5 anni di età (percentuale che sale al 59 per cento nella popolazione indigena).Non basta pensare che bisogna chiedere l’elemosina alla solidarietà internazionale per risolvere questo problema. E tantomeno serve farlo. Ripartire viveri che provengono da fuori tranquillizza la coscienza di coloro che hanno il potere di cambiare le cose e migliorare la situazione di fame permanente del Paese. Mi riferisco in primo luogo ai grandi e medi latifondisti; e in secondo luogo agli imprenditori e ai commercianti che trattano prodotti di prima necessità in Guatemala. I primi perché invece di destinare la terra alla produzione di prodotti di esportazione o alla produzione di agrocombustibili, dovrebbero destinarla a seminare cibo e abbassare il prezzo degli alimenti fondamentali della nostra dieta: mais, fagioli, riso, latte. I secondi perché, in mancanza di un controllo del mercato, fanno quello che vogliono, alzando i prezzi e speculando sulla fame della gente.Finché in Guatemala non ci sarà una profonda riforma agraria, come l’ha descritta anni fa un documento del Pontificio consiglio di giustizia e pace del Vaticano e come suggerisce papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica, Caritas in veritate, il fantasma della fame con la sua falce affilata continuerà a mietere la vita di moltissime persone in Guatemala.La solidarietà genuina dei guatemaltechi che si dicono cristiani implica la giustizia e dovrebbe brillare adesso con forza e spaventare il fantasma della fame, mettendolo in fuga verso orizzonti sconosciuti.

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