Allende resta il nostro mito realizzeremo il suo sogno

La leader del movimento studentesco Camila Vallejo: il Cile è pronto a cambiare FILIPPO FIORINI www.lastampa.it Sono passati solo pochi giorni dalla notte in cui Camila Vallejo ha smesso di essere il volto del movimento studentesco cileno ed è diventata deputato di una delle repubbliche più antiche al mondo. In queste ore, la ragazza di appena 25 anni, ha partecipato a talk show politici nelle principali reti nazionali, ha camminato per le strade dei quartieri poveri di Santiago che l’hanno votata, ha cullato Adela, la sua bambina di un mese. Camila, quanto è cambiata la sua vita negli ultimi tempi? «Molto. Diventare madre, la campagna elettorale, è arrivato tutto insieme e le 24 ore non mi bastano più. Però l’appoggio della gente è una buona ragione per tenere duro. Mi dà forza». Quando si è resa conto che sarebbe potuta arrivare così in alto? «Non so se sono arrivata veramente così in alto, comunque alla fine del 2011, con le piazze piene di studenti, ho capito che avremmo potuto combattere una grande battaglia. Poi però mi sono anche resa conto che scendere in strada e protestare non bastava. Bisognava prendersi la responsabilità e fare qualcosa per consolidare tutta quella forza». Si aspettava di vincere con tanto margine? «Ho sempre avuto fiducia nel lavoro fatto per strada. Siamo stati molto sul territorio, parlando faccia a faccia con le persone. Però il risultato ha superato le aspettative. Oggi il Cile si è svegliato e vuole cambiare. Questo va oltre la mia candidatura, ci sono gli altri deputati del Partito comunista o gli altri ex dirigenti universitari, i loro risultati sono tutti parte di questa voglia di cambiare». Ci sono stati molti giovani eletti, ma i giovani che sono andati a votare sono stati pochi. «Tra la gente c’è un po’ di sfiducia, un po’ di disinteresse e anche un po’ di ignoranza. Nel nostro Paese manca ancora molta educazione civica e questa è un’eredità della dittatura militare. Molte persone non sanno nemmeno cos’è un ministro, un senatore o un sindaco, e dicono: “Io non sono un politico e non mi interessa la politica”, però poi la politica irrompe nella loro intimità e si fa gli affari loro. Questo è un problema che si risolve a partire dall’educazione. Una questione che è stata posticipata per molti anni, visto che non interessava cambiare le cose. Eppure un miglioramento c’è stato: prima nessuno parlava di una nuova Costituzione e adesso la riforma è una delle priorità. Non è possibile vivere con una Costituzione ereditata dalla dittatura militare solo perché non siamo stati capaci di modificarla. Riprenderemo il progetto di Salvador Allende, che è stato interrotto ma non sconfitto. La dittatura di Pinochet ha lasciato una profonda ferita che ancora non è stata sanata. Ora si tratta di recuperare quello che ci è stato tolto». Con questi numeri in Parlamento, però non vi sarà possibile riformare la Costituzione. Non è così? «È una posizione troppo pessimista. Con la coalizione Nueva Mayoria (quella guidata da Michelle Bachelet, ndr) abbiamo ottenuto un numero di parlamentari sufficiente ad aprire un dibattito sull’argomento. È vero che la riforma dei principi fondanti della Costituzione richiede un quorum che non abbiamo, però è anche vero che quello che abbiamo fatto finora con il movimento studentesco supera quello che si considerava il limite del possibile. E allora perché non continuare ad avere fiducia?». Perché adesso il movimento studentesco la critica? «Questa è una caratteristica dei movimenti. Devono mantenersi indipendenti rispetto ai governi di turno. È proprio così che danno vita ai cambiamenti. Abbiamo bisogno di un Parlamento aperto alla partecipazione dei cittadini in generale, non che dica: “Questo è quello che vogliamo, dovete adeguarvi”, ma che sappia ascoltare tutti e io sono disposta a ascoltare anche chi mi critica».

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