Compagni di Viaggio.dicembre 2007


Eccoci di ritorno dal nostro viaggio in Guatemala che ha visto coinvolte dal 10 novembre al 4 dicembre tre presone: chi scrive, Ruggero Rizzini presidente dell'associazione, Claudia Mossi vicepresidente e Lorenza Zanetti, giovane infermiera di Mortara che ha deciso di investire tre settimane della propria vita per conoscere una realtà completamente diversa rispetto a quella che, invece, è solita frequentare. Nel corso del viaggio abbiamo partecipato a numerose riunioni con i referenti locali che da anni collaborano con noi in questo piccolo paese del CentroAmerica. La prima settimana l'abbiamo trascorsa a El Rancho, un villaggio di diecimila persone a circa novanta Km da Città del Guatemala. Abbiamo visitato 26 case in cui risiedono le famiglie che aderiscono al progetto di sostegno scolastico a distanza, che seguiamo da cinque anni e che vede coinvolti 120 tra bambine e bambini delle classi elementari. In appoggio a questo progetto abbiamo lasciato alle suore i soldi necessari per permettere a ciascuno di loro di continuare la frequentazione scolastica per tutto il 2008 e ci siamo impegnati a garantire, nel corso dell'anno entrante, il sostegno ad altri dieci bambini. Nei giorni a venire abbiamo poi visitato tre comunità ubicate sulle montagne circostanti: Las Colmenas. Aguahielo e Tatutù.Las Colmenas è nel municipio di Cocotan a sei ore di macchina da El Rancho. Qui abbiamo potuto constatare diversi miglioramenti frutto dei progetti finanziati dalla nostra associazione negli ultimi quattro anni. Lo scopo della visita è stato quello di portare il denaro per l'acquisto di 25 capre da consegnare ad altrettante famiglie. La comunità grazie al finanziamento ricevuto due anni fa dall'organizzazione nordamericana CFCA sta costruendo l'edificio dove sorgerà il laboratorio di taglio e cucito ove troveranno collocazione dieci macchine per cucire finanziate dalla nostra associazione.. Da questa comunità torniamo contenti perchè prosegue la realizzazione dei programmi precedenti e, dato questo contesto che si presenta particolarmente favorevole sarà nostra intenzione inserire successivamente un ulteriore progetto per l'acquisto di sementi per gli orti famigliari. Aguahielo è una comunità a due ore di macchina da El Rancho. Ci siamo arrivati in pick-up arrampicandoci per strade che attraversano una vegetazione meravigliosa e lussureggiante. Qui abbiamo osservato i progetti di microcredito dell'associazione CFCA. A piedi, dopo quindici minuti di cammino il progetto panaderia - cioè di produzione del pane - ci appare in tutta la sua bellezza pratica e concreta. Questo lavoro impegna cinque persone che producono - utilizzando un forno a legna - pane e dolci che vengono venduti alla comunità e al mercato locale. Un altro progetto definito "allevamento polli da ingrasso" tiene occupata un'altra famiglia che ha deciso di correre un rischio d'impresa "sui generis". Essi hanno a disposizione una struttura in legno dove mettere gli animali e, per questo, hanno ricevuto un finanziamento di circa 300 euro (3000 quetzales), per l'acquisto di 200 polli, del mangime e dell'occorrente per le vaccinazioni. Interessante è stato anche l'incontro con i campesinos che hanno ricevuto un finanziamento per la coltivazione di mais di qualità superiore rispetto a quello che normalmente viene prodotto nella zona di Aguahielo. I contadini ci hanno raccontato le dinamiche organizzative del microcredito evidenziando gli aspetti positivi e quelli negativi. Avere cioè la possibilità di uno sviluppo migliore dal punto di vista agricolo e commerciale ma anche essere esposti al rischio di cambiamenti climatici, malattie e eventuali impossibilità di restituire il denaro ricevuto. Da Aguahielo ritorniamo con un progetto per l'acquisto di concime utile per migliorare la coltivazione del maiz. Potrebbe essere un'ipotesi, vista la presenza di un buon referente locale, di trasformare la proposta prima enunciata in un progetto di microcredito dove la metà del denaro viene elargita a fondo perduto e l'altra metà recuperata ad interesse zero in un anno. Tatutù, la terza aldea visitata è uno di quei posti letteralmente dimenticati da Dio e dagli uomini. Per arrivarci su per la montagna fino a raggiungere i 1200 metri di altezza, abbiamo impiegato tre ore di cui l'ultima sul cassone del pick-up. Accompagnati dal rappresentante della comunità, dopo avere attraversato piantagioni di caffè di proprietà di alcuni latifondisti di Cocotan, siamo entrati in tre "case" che non possono essere considerate assolutamente tali. Un'unica stanza di cinque passi per sei, buia con le pareti di legno e che ospita una famiglia composta da sei,sette persone. I genitori e, in questo caso, quattro figli; la più piccola,una bambina di circa tre anni. In un angolo il fuoco per cucinare e scaldarsi; nell'altro una tavola di legno rialzata come giaciglio; ad una parete una panca per sedersi e nel bel mezzo, la macina per triturare il mais ingrediente principale per le tortillas. Manca tutto, tranne l'acqua non potabile del ruscello vicino. Entriamo in casa dopo aver chiesto il permesso e scattiamo qualche foto per documentare questa situazione ancora una volta di estrema povertà. Scopriamo ancora che l'unica fonte di sussistenza è il mais e i fagioli coltivati in un fazzoletto di terra non di proprietà della famiglia; e che gli uomini lavorano saltuariamente una o due volte la settimana in una grossa finca vicino a Cocotan per venti queztales al giorno l'equivalente di due dollari e mezzo cioè due euro. Nella seconda casa non entriamo. Ci limitiamo a parlare con una donna di circa trent’anni con quattro figli e abbandonata dal marito. Ci racconta che per vivere lavora non in modo continuativo lavando vestiti, coltivando la poca terra che possiede e ricevendo un aiuto dalla famiglia di sua madre e di un cugino. Lasciamo Tatutù con la promessa del nostra referente, Alvaro, di incontrare prossimamente la comunità per capire in modo più dettagliato le loro necessità e priorità. Anche qui, con ogni probabilità, inizieremo un progetto di allevamento inserendo 25 capre. La prima settimana è termina e il nostro programma di viaggio ci porta a Mazatenango all'Hogar Santa Maria de Jesus dove è stata trasferita madre Antonietta che per 18 anni ha seguito e realizzato progetti di solidarietà a El Rancho.Hogar Santa Maria de Jesus. La prima impressione che si registra entrando all'Hogar è di pulizia e tranquillità. Visitandolo e scoprendolo a poco a poco sembra avere tutte le caratteristiche di quei centri di aggregazione giovanile dove non manca nulla: c'è la sala mensa, la cucina, la chiesa, le aule per studiare, il dormitorio e il campo-basket. "Hogar" in spagnolo significa "luogo". Questa comunità si trova a pochi Km dal centro di Mazatenango sulla strada principale che porta verso il Messico. Giunti al Km otto si gira a destra e, attraversando la campagna dopo aver passato il carcere, si arriva al Centro Santa Maria de Jesus. Varcato un primo cancello se ne deve passare un secondo dopo di che si entra nella struttura che ospita quattro suore e ventisei tra bambine e ragazze in età tra i sette e i diciassette anni. Queste giovani donne hanno tutte alle spalle una storia di violenza.La più piccola è stata accompagnata al centro da agenti di polizia qualche mese fa a causa di una segnalazione dei suoi vicini di casa che avevano notato le condizioni di vita della bimba: denutrizione, sporcizia, vita sulla strada a chiedere cibo. C'è, per fare un atro esempio, Filipa una bimba particolarmente amata che in tenera età ha dovuto subire una serie di percosse e umiliazioni. Questo le ha causato parecchi danni fisici e psichici. Filipa, pur non riuscendo a frequentare la scuola ha trovato all'Hogar un rifugio accogliente e sicuro. La situazione economica dell'Istituto retto attualmente da madre Antonietta non è particolarmente brillante. Pur essendo di proprietà dell'amministrazione comunale questo immobile è stato dato in concessione gratuita per trenta anni ad una fondazione di suore messicane denominata "Fundanina" che, in Guatemala è attiva presso altre due località: a Quezaltenango e nella capitale. "Fundanina" si accolla i costi vivi per il funzionamento della struttura (luce, gas, custode) non di più. Anche questa fondazione ha subito in tempi recenti una sorta di boicottaggio da parte di una serie di persone benestanti (tra cui la proprietaria del "Pollo campero" una catena di fast-food a imitazione dei Mcdonald's nordamericani) che hanno tagliato le loro donazioni. Questo ceto, del resto, in Guatemala è abituato ad agire per pura convenienza e si trova fortemente allineato a sostenere le dinamiche politiche del momento secondo il potente di turno che si trova al governo del paese. "Fundanina" non interessava più a questi "signori". Per sopperire alle mancanze economiche dell'Hogar è intervenuta, tramite una signora nordamericana sensibile alla solidarietà, un'organizzazione protestante degli USA che garantisce con un debito finanziamento (praticamente un sostegno scolastico) alle ragazze di poter continuare a frequentare la scuola. Per i costi vivi, trovata la soluzione. Per la scuola, anche. E per il resto? Mangiare, vestirsi, condurre una vita decente e decorosa. Qui è intervenuto il genio di Madre Antonietta. Ma, siamo solo agli inizi. In primo luogo ha creato un fondo comune interno all'Hogar dove affluiscono gli stipendi di tutte quattro le suore e eventuali donazioni. (3800 quetzales = 380 euro circa). In secondo luogo si tratterà di ideare l'allestimento di laboratori. Le ragazze ospiti,infatti, ciascuna secondo la propria attitudine dovranno imparare anche un lavoro manuale. Tant'è vero che, in via sperimentale sono stati creati e venduti, in occasione della commemorazione dei defunti, fiori finti riciclando i fondi delle bottiglie di plastica. Recuperando stoffe donate da terzi sono stati confezionati asciugamani e piccole tovaglie vendute poi al mercato. In occasione della festa di Ognissanti dalla grande cucina del centro sono stati sfornati più di 500 pandulce, tutti regolarmente venduti. Il frutto di un lavoro più organizzato per mansioni e per tipologia offrirà entrate più certe e sicure. Questo sarà un obiettivo da realizzare. Il primo dato da perseguire è quello di recuperare 24.000 quetzales annui (2.400 euro) per il sostentamento del centro e delle ragazze. A questo si arriva per due strade: l'autofinanziamento e la gestione del fondo comune in modo oculato. Un altro problema registrato al centro, più di natura personale, è la presenza di alcuni conflitti (ambientali e caratteriali) che di tanto in tanto sorgono tra le ragazze. Anche per affrontare questi problemi madre Antonietta indica due possibilità. La prima, una via più pratica, è operare - anche per tentativi - una sorta di ricongiungimento delle ragazze con le famiglie d'origine. Questo consentirebbe di ricostruire relazioni ormai compromesse e di iniziare la famiglia ad un interessamento più responsabile anche per quanto concerne il funzionamento del centro. (un esempio molto bello: alla domenica si parte col pulmino dell'istituto per andare ad assistere alla messa. Molte ragazze, in questa occasione, incontrano i loro familiari che le omaggiano con piccole cose come frutta, verdura, vestiti, qualche soldo che vengono messe regolarmente e spontaneamente in comune. Eccolo il frutto vero del termine "comunione" reso possibile in quanto madre Antonietta da luglio ad ora ha ricongiunto venti ragazze con le rispettive famiglie.). La seconda questione è più tecnica. C'è la necessità reale di avere a disposizione del centro una psicologa che affronti con professionalità, (aiutando concretamente la madre) le problematiche più difficili legate alle storie e alle condizioni di vita passate di alcune ragazze che sotto certi aspetti si manifestano con atteggiamenti provocatori o di prevaricazione. C'è la necessità reale per molte di loro di una vera educazione ad una vita "normale". La psicologa costa 500 euro all’anno e di questo progetto se ne occuperà direttamente la nostra associazione senza trascurare gli altri aspetti di aiuto materiale che indicavamo in precedenza. Sostiene madre Antonietta: "se una persona ha fame, prima gli do da mangiare, poi gli do una dignità e solo dopo gli parlo di Dio" . Ecco una sintesi di quel grande libro chiamato Vangelo. Nel Quichè, la zona Maya del paese, il nostro referente è Pablo Ceto, presidente della ONG Fundmaya con sede nella capitale e a Nebaj. Con lui collaboriamo da quattro anni e abbiamo visitato anche questa volta i villaggi di Chacul e Cotzal. Lì abbiamo incontrato gruppi di donne maya "comadronas", cioè levatrici e allo stesso tempo contadine.In questa particolare zona del Guatemala - dove ha imperversato la tremenda guerra civile degli anni passati - vediamo da vicino com'è la situazione della sanità pubblica. A Nebaj città di 30.000 abitanti circa si trova un ospedale con 38 posti letto!! Secondo i nostri criteri equivale ad un reparto di un nostro ospedale qualsiasi.Così è in Guatemala. Prima di tornare in Italia andiamo a Zacualpa un villaggio limitrofo a Santa Cruz del Quichè. Qui verifichiamo i lavori di costruzione di un centro culturale che stiamo finanziando da anni insieme a Fundamaya. Purtroppo i lavori rispetto al gennaio scorso (l'ultima volta del nostro passaggio in Guatemala) non sono continuati come speravamo.In questo lasso di tempo si è realizzata solo la copertura dei locali. Il progetto comunque non è perso. L'obiettivo di dare un luogo alle donne di Zacualpa e villaggi vicini ove imparare a conoscere e coltivare le erbe medicinali, rimane.A febbraio, quando torneremo da quelle parti, passeremo per un ulteriore verifica. Il viaggio in Guatemala è stata anche l’occasione per incontrare Mario Cardenas, presidente della Coperativa Kato-Ki di Chimaltenango e consegnare i 1.500 euro per il progetto “forni per il pane” donati dall’amministrazione comunale di San Martino Siccomario a conclusione di un progetto di sensibilizzazione sulle tematiche della solidarietà in collaborazione con le scuole elementari e medie del paese. Guatemala, alla prossima. Guatemala,arriviamo!

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