La rossa primavera dei fratelli Severini

In epoca di dischi a perdere & Mediaset-style è ancora possibile scrivere senza imbarazzi di ascolti necessari? Di cd (sacro)santi e benedetti, la cui fruizione riconcilia con la canzone sociale che fu, e - perchè no? - un poco anche con la vita? Al cospetto di questo corposo, impeccabile, struggente, politico (nel senso più pieno del termine) La rossa primavera (Latlantide, 2011) dei Gang, la risposta non può che essere affermativa, e senza tema di smentita. Con il conforto che ne deriva a chi ha davvero a cuore il destino della ballata di impegno e peso specifico, senza passare dalle circonlocuzioni simil-liceali dell’hip hop.
"La rossa primavera" è un album coraggioso (da quand’era che in un cd non mi imbattevo nella parola “fascista”?), propedeutico, a tesi, come quelli che andavano una volta.
Quindici tracce legate strette al filo rosso della Resistenza. Un itinerario sonoro che attraversa d’un fiato canzoni partigiane e d’autore. A rivendicare, ora e sempre, la voglia di resistere, stazionare dalla parte giusta: quella della fratellanza tra i popoli, della loro libertà.
Per gli amanti delle ballate di contenuto la scaletta è, a dir poco, succulenta: rivisita in strepitosa forma Gang canti “storici” della Liberazione ("Fischia il vento", "La brigata Garibaldi", "Pietà l’è morta", "Festa d’Aprile"), brani di Claudio Lolli, come cantante, ("Poco di buono"), De Gregori & De Andrè ("Le storie di ieri"), Francesco Guccini ("Su in collina"), Massimo Priviero ("Pane, Giustizia e Libertà"), Stormy Six ("Dante di Nanni"), Yo Yo Mundi ("Tredici"), e altri del repertorio militante dei fratelli Severini ("Eurialo e Niso", "Aprile", "Il 4 maggio 1944").

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