La semplicità di Francesco

Colti da stupore. Riprendendo il titolo di un recente libro di omelie del Cardinale Martini, dopo l’elezione di Mons. Jorge Mario Bergoglio a Vescovo di Roma, lo stupore è sicuramente il sentimento più diffuso. Stupore per il primo papa latinoamericano, il primo gesuita, il primo Francesco. Ma stupore anche per come si è presentato alla sua diocesi e al mondo.

Cercando delle “parole chiave” nelle centinaia di articoli apparsi sulla stampa, italiana e straniera, nei primi giorni di pontificato, ve ne sono alcune che ricorrono e che sono quelle su cui il card. Jorge Bergoglio aveva fondato il suo episcopato.
Il tema dei poveri
Durante le Congregazioni generali, che hanno preceduto il Conclave, Bergoglio aveva ricordato che: “La chiesa deve camminare con la gente e accompagnare il cammino dei poveri”. Parole che non sorprendono chi conosce il percorso pastorale del vescovo di Buenos Aires. Il vescovo argentino è famoso per le sue omelie che insistono sul dramma della povertà e dell’esclusione sociale. Come vescovo di Buenos Aires ha sempre dedicato un amore speciale alle periferie più povere della capitale, seguendo la via indicata dalla Conferenza dei vescovi latinoamericani ad Aparecida. Nelle sterminate e poverissime “villas miserias” la chiesa “mostra il suo volto materno, volto di misericordia e di prossimità”. Di frequente Bergoglio visitava le baraccopoli, accompagnando il cammino di sofferenza e i tentativi di riscatto degli abitanti delle periferie.
Nel messaggio per Natale 2010 scriveva alla sua diocesi: “Cerca il Signore in un presepio, cercalo dove nessuno lo cerca, nel povero, nel semplice, nel piccolo, non cercarlo tra le luci delle grandi città, non cercarlo nell’apparenza. Non cercarlo in tutto questo apparato pagano che ci si offre ogni momento. Cercalo nelle cose insolite e che ti sorprendono”.
Nell’autunno 2012, presentando il tema dell’Anno della fede scriveva: “Attraversare la soglia della fede è avvicinarsi a tutti quelli che vivono nelle periferie esistenziali chiamandoli per nome, è prendersi cura delle fragilità dei più deboli e sorreggere le loro ginocchia vacillanti con la certezza che tutto ciò che facciamo per il più piccolo dei nostri fratelli lo facciamo a Gesù (Mt 25,40)”.
Nell’incontro con i giornalisti, lo scorso 16 marzo, papa Francesco ha riaffermato il tema che tanto gli sta a cuore: “Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”
Il potere dell’amore.
Il fondamento dell’impegno per i poveri sta nel comandamento dell’amore: “L’amore che sostiene gli altri, l’amore che risveglia le iniziative, quello che nessun a catena può bloccare, perché anche sulla croce o nel letto di morte si può amare. Non ha bisogno di bellezza giovanile, né di riconoscimento né di approvazione, né di denaro o prestigio. Semplicemente fiorisce … e non si può fermare. Il Gesù debole e insignificante agli occhi dei politici e dei potenti della terra ha rivoluzionato il mondo. Il comandamento dell’amore chiede che sentiamo la chiamata a mettere in pratica la nostra capacità di amare”. (Te Deum, 25 maggio 2012)
La preghiera e il silenzio.
Un altro motivo di stupore è stato il modo in cui papa Francesco si è presentato alla sua diocesi di Roma e al mondo intero subito dopo l’elezione, chiedendo prima preghiere per lui e per la sua missione, e successivamente pregando insieme ai fedeli, recitando le preghiere che accompagnano la vita quotidiana, con semplicità e spontaneità. “Pregate per me”: lo ha chiesto ai fedeli in piazza san Pietro, lo ha chiesto ai cardinali. Ha chiesto e ottenuto silenzio, un silenzio straordinario in una piazza stracolma di gente, un silenzio che si è riempito di preghiera.
Nella riflessione sull’Anno della Fede, il card. Bergoglio sottolineava l’importanza della preghiera e della speranza: “Attraversare la soglia della fede implica non provare vergogna di avere un cuore di bambino che, credendo ancora all'impossibile, può vivere nella speranza: l'unica cosa capace di dar senso e trasformare la storia. È chiedere incessantemente, pregare senza sosta e adorare perché il nostro sguardo si trasfiguri. Attraversare la soglia della fede ci porta a implorare per ciascuno di noi «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5), sperimentando così un modo nuovo di pensare, di comunicare, di guardarci, di rispettarci, di essere in famiglia, di prospettarci il futuro, di vivere l'amore e la vocazione”. (Buenos Aires, autunno 2012)
Lo stile semplice nella chiesa
La scelta del nome Francesco è indicativa di un uomo che incarna la semplicità evangelica e che ha fatto dei poveri la sua priorità pastorale. Il suo stile sobrio e semplice si fonda sulla radicalità del messaggio evangelico. Nella Messa di Natale del 2010 affermava: “Per entrare nella grotta di Betlemme dove è nato Gesù bisogna abbassarsi. Per incontrare Gesù bisogna farsi piccoli. Spogliati di ogni pretesa. Spogliati di ogni effimera illusione, e vai all’essenziale, a ciò che ti assicura vita, a ciò che ti conferisce dignità. Abbassati, non avere paura dell’umiltà, non aver paura della mansuetudine. Ascolta gli altri, vivi con loro, sii umile, e usa mansuetudine per riconoscere la tua dignità e quella degli altri. Non mascherarti da superbo, da prepotente, da dominatore”.
In queste parole si riconosce il profilo che il papa Francesco ha mostrato al mondo: umile, semplice, discreto, in modo da essere capace di avvicinarsi a tutti.
La trasformazione delle strutture della chiesa.
Per papa Francesco la vera riforma della Chiesa è la fede e la sua testimonianza. Ha affermato in uno dei suoi primi discorsi da Vescovo di Roma: “Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una ONG assistenziale ma non la Chiesa, sposa del Signore”.
“Attraversare la soglia della fede è agire, confidare nella forza dello Spirito presente nella Chiesa e che si manifesta anche nei segni dei tempi, è accompagnare il movimento costante della vita e della storia senza cadere nel disfattismo paralizzante del credere che ogni periodo passato fosse migliore; è urgenza di ripensare, ricreare, impastando la vita con il nuovo lievito «di sincerità e di verità» (1Cor 5,8). Attraversare la soglia della fede è, in definitiva, accettare la novità della vita del Risorto nella nostra povera carne per renderla segno della vita nuova”. (Messaggio di presentazione dell’Anno della fede)
Nel libro intervista “El Jesuita, conversaciones con el Card. Jorge Bergoglio”, scritto nel 2010 da Sergio Rubin y Francesca Ambrogetti, il cardinale rifletteva sulle sfide presenti della chiesa: “La Chiesa, provenendo da un'epoca il cui modello culturale era a lei favorevole, si è abituata al fatto che le sue istanze fossero offerte e aperte a chiunque venisse, o ci cercasse. Così funzionava in una comunità evangelizzata, ma nella situazione attuale la Chiesa ha bisogno di trasformare le sue strutture e il suo stile orientandoli in modo che siano missionari. Non possiamo mantenere uno stile 'clientelare' che attende passivamente che arrivi 'il cliente', il fedele, ma dobbiamo avere strutture per andare dove c'è bisogno di noi, dov'è la gente, verso chi pur desiderandolo non si avvicina a strutture e forme caduche che non rispondono alle sue aspettative e alla sua sensibilità. Dobbiamo vedere, con grande creatività, come ci rendiamo presenti negli ambienti della società facendo sì che le parrocchie e le istituzioni siano istanze che spingono verso questi ambienti. Rivedere la vita interna della Chiesa per andare verso il popolo fedele di Dio. La conversione pastorale ci chiama a passare da una Chiesa 'regolatrice della fede' a una Chiesa 'che trasmette e favorisce la fede'”.

Queste parole sembrano indicare quale sarà lo stile pastorale di Francesco, vescovo di Roma: uno stile missionario e aperto all’evangelizzazione, perché “Si deve uscire da se stessi, andare verso la periferia. Si deve evitare la malattia spirituale della Chiesa autoreferenziale: quando lo diventa, la Chiesa si ammala”.

Daniela Sangalli
scritto preso da:http://www.fondazionecum.missioitalia.it/news.php?id=110#prettyPhoto

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