L’opzione per i poveri è un rischio che vale la pena vivere
La forza di Monsignor Alvaro Ramazzini, vescovo di San Marcos,
che non indietreggia davanti alle difficoltà
di Daniela SangalIi (tratto da Noticum, marzo 2010)
La sua è una testimonianza coraggiosa e determinata: mons. Alvaro Ramazzini, vescovo di San Marcos, per due anni presidente della conferenza episcopale del Guatemala e oggi presidente della Commissione dei migranti della Ceg, è un uomo d'azione e testimone che denuncia le contraddizioni e le sofferenze del suo Paese, tanto che è stato oggetto di minacce di morte e costretto più volte a vivere sotto scorta.
«In Guatemala non ci sono leggi che regolano l'uso dell'acqua - afferma i! presule durante l'ultima visita in Italia -. Le industrie minerarie utilizzano tutta l'acqua di cui hanno bisogno, mentre il 70% della popolazione non ha acqua potabile per la vita quotidiana, con una grave ricaduta sulla salute».
A San Marcos la pastorale sociale ha sviluppato un programma che in venti anni ha creato almeno 80 installazioni di acqua potabile: pur essendo una città con tanta acqua, mancano gli aiuti statali per estrarla. Senza contare che le grandi aziende ne usano tanta a loro beneficio, per produrre bevande oppure per la coltivazione della canna da zucchero, di banane e palma africana. Ma anche l'attività estrattiva di oro e argento ne consuma molta.
«Nella nostra diocesi, a San Miguel Ixtahuacàn, è presente la compagnia mineraria canadese Montana, filiale della Gold Corp inc, che ha iniziato lo sfruttamento di giacimenti di oro e argento con miniere a cielo aperto - spiega mons. Ramazzini -. La diocesi ha più volte denunciato il danno ambientale e le conseguenze per la popolazione, soprattutto per l'inquinamento delle acque causato dal processo di lisciviazione. La Montana sostiene di osservare le misure stabilite dalla. Banca mondiale, ma la diocesi vuole conoscere la qualità dell'acqua».
La Montana ha anche organizzato una grande manifestazione a San Miguel alla quale hanno partecipato oltre 1200 persone, per sostenere che l'attività mineraria fa bene alla comunità, perché, crea posti di lavoro. Però su 245 milioni di dollari di guadagno netto della Montana, solo l'1% viene restituito a! Guatemala. «Sono preoccupato per il futuro perché la compagnia mineraria sta cercando di comperare altre terre per espandersi. Ma la popolazione sta resistendo, la gente è consapevole dei rischi anche se è difficile frenare i gruppi che ricevono benefici dalle miniere.
La malnutrizione, un problema che da sempre affligge il paese, è il risultato di: una condizione strutturala legata alla mancanza di una riforma agraria. La situazione si è aggravata per l’aumento della produzione di biocombustibili: si usa tanto terreno, per produrre etanolo, e si riducono le coltivazioni per la sussistenza della popolazione. È significativo che gli investimenti dei privati per la produzione di biocombustibili sono otto volte rnaggiorì che quelli del ministero dell'agricoltura dà ai contadini per l'agricoltura di sussistenza.
«Oggi lo Stato guatemalteco dovrebbe favorire l'accesso alla terra ai contadini, se volesse fronteggiare in modo serio e profondo il problema dell'insufficiente e inadeguata alimentazione per la maggioranza della popolazione - continua il vescovo -. Due anni fa è iniziata la riflessione per una legge che prevede la riforma agraria, a luglio le organizzazioni contadine hanno bloccato le strade perché non si era fatto ancora nulla, ma il governo di Colom è debole, il presidente teme un colpo di stato come in Honduras, quindi non si espone a rischi eccessivi e alle riforme».
La violenza, inoltre è aumentata nel paese, a tutti i livelli, così come lo sono i sicari, le maras, i narcotrafficanti, i gruppi militari che vorrebbero mantenere il potere. «Nonostante la nuova legge sulle armi, non si riesce a controllare l'uso delle armi, alle volte si vedono in giro persone armate di fucili kalashnikov. È aumentata la corruzione nella Polizia, anche se negli ultimi mesi tanti poliziotti corrotti sono stati allontanati dalla polizia nazionale. La Cicig (Commissione internazionale contro l'impunità in Guatemala) sta facendo un buon lavoro, ma la situazione rimane difficile, la popolazione non fa denuncia perché mancano leggi adeguate che proteggano i testimoni». Importante quindi la presenza della Chiesa per tenere alta l'attenzione sui problemi della popolazione. «Rispetto agli anni di guerra civile la conferenza episcopale ha un po' ridotto la sua voce nella denuncia - afferma mons. Ramazzini - anche se da sempre è impegnata ad appoggiare i temi dell'immigrazione, delle miniere e della pastorale sociale. Senza dubbio si deve rafforzare la pastorale sociale, unificando gli sforzi dei vari settori (terra, diritti umani, migranti, carcere), per presentare una voce unita a livello nazionale, secondo gli orientamenti della V Conferenza dell'Episcopato latinoamericano di Aparecida nel maggio del 2007». Monsignor Ramazzini vede anche segni di speranza, nella presa di coscienza della gente, nella ricerca di soluzioni, in ogni tentativo di unione della base a beneficio della collettività, e anche in tante forme di resistenza pacifica della gente. E con la sua testimonianza offre un esempio concreto di impegno e di donazione, anche a rischio della sua stessa vita, per quei poveri che sono la scelta preferenziale di Cristo e della sua Chiesa in America Latina
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