Il microcredito sta risollevando il Guatemala

I volontari di Ains al ritorno dal loro viaggio raccontano i segnali di ottimismo.

Il microcredito è un germoglio che lentamente fiorisce e porta frutto. Soprattutto è la strada giusta per un sostegno che non sia “una tantum” ma che aiuti la gente guatemalteca a costruirsi un futuro in autonomia senza dover costantemente sperare in stampelle amiche ma pur sempre forestiere. E’ questa la consapevolezza con la quale sono rientrati in Italia i volontari di Ains, l’associazione pavese che da anni opera in Guatemala, dopo una permanenza di quindici giorni, dal 2 al 18 ottobre. Il gruppo era formato dal presidente Ruggero Rizzini, dalla volontaria Veronica Heredia (con padre guatemalteco) e da Filippo Ticozzi e Nicola Grignani, che da questa esperienza trarranno un documentario per illustrare la giornata di un bambino del Guatemala. Per questa ragione i due registi pavesi hanno condiviso completamente la vita della gente, risiedendo e pernottando in un villaggio di dodici famiglie che li hanno accolti con grande entusiasmo e che hanno consentito loro di superare in scioltezza gli inevitabili disagi dovuti alla povertà del luogo. “Chiaramente il Guatemala è un Paese che esce da guerre, violenza e situazioni di precarietà politica, con tutto ciò che ne consegue –spiega Rizzini- ma questa volta veramente è giusto porre l’accento sulle tante realtà positive che abbiamo colto e che consentono alla gente di guardare al futuro con speranza”. L’icona di questa sensazione di ottimismo –come sottolinea lo stesso Rizzini- è rappresentata dalle quattro donne dell’Aldea di Conacaste, vicino a El Rancho che da anni è sostenuto da Ains, che usufruendo del microcredito iniziarono la loro attività commerciale con un piccolo allevamento di polli e oggi sono state in grado di restituire il prestito richiedendo un altro microcredito per estendere l’allevamento anche ai maiali. “Ora riescono a trattenere per sé il corrispettivo di cinque euro al giorno con cui si pagano la giornata lavorativa –commenta Rizzini- inoltre in sedici mesi hanno messo da parte 50.000 quezal, che sono cinquemila euro (una cifra sostanziosa per il Guatemala) e sono in grado di iniziare anche produzione e commercio di shampoo. L’aspetto veramente esemplare è che stanno creando anche un fondo sociale per sostenere la comunità e questo la dice lunga sullo spirito di mutuo aiuto che si è creato”.
Sulla scia del gruppetto appena citato anche altre dieci donne si sono unite per produrre caffè di soya, sempre grazie al microcredito e i primi segnali sono già incoraggianti.
Nell’aldea di Colmenas, invece, dove la “squadra” di Ains ha avuto l’onore di gustare pane e pesce prodotti in loco grazie al microcredito, è stato lo stesso sindaco don Jesus a mettersi in moto chiedendo un prestito di 150 euro per iniziare la coltivazione dei fagioli. Un solo raccolto ha già portato un guadagno di 450 euro, con cui ha ripagato il prestito e reinvestito per la comunità.
Adesso Ains guarda avanti e si sente pronta per due passi veramente importanti. Il primo è la realizzazione di un centro nutrizionale affinchè i bambini possano essere debitamente curati da nutrizionisti, medici e infermieri e presso cui possa anche essere fatta formazione alle donne per aiutarle in una impostazione alimentare più corretta per i loro figli. Ci sarà spazio anche per una farmacia popolare e per una mensa dove i più indigenti (soprattutto soli e anziani) possano almeno trovare un piatto di riso e fagioli per sopravvivere. Cinquantamila euro il costo totale della struttura, suddivisa in due piani, trentamila sono già disponibili grazie ad Ains e quindi i lavori partiranno a breve anche grazie alla collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Pavia che ha dato piena disponibilità a seguire progettazione ed esecuzione.
L’altro grande passo è l’ipotesi
di farsi carico legalmente della Casa di Accoglienza per minori di Mazatenango, che Ains sostiene economicamente già da anni. La struttura toglie letteralmente dalla strada le bambine vittime di violenze e sorprusi vari e consente loro di studiare e di effettuare tirocini lavorativi per rendere possibile il loro reinserimento nella comunità al raggiungimento della maggiore età.Stiamo valutando attentamente l’ipotesi –conclude Rizzini- quel che mi sento di dire è che dopo dodici anni di presenza in Guatemala ci sentiamo pronti per questi passi che sarebbero un ulteriore contributo alla conquista dell’autonomia da parte della gente guatemalteca.

Daniela Scherrer

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